Regolamento selezione, il Coordinamento regionale squadre cinghialiste Umbria non ci sta: “Senza nessun confronto con le associazioni venatorie, si inventa il regolamento regionale per la caccia di selezione al cinghiale, introducendo di fatto una nuova forma di caccia a questa specie“.
Per le squadre cinghialiste si tratta dell’ennesimo attacco dalla politica: “Ci si inventa una nuova forma di caccia senza prima aver regolarizzato quella in forma in singola, per la quale chiediamo certezze ormai da quattro anni“.
A proposito “dei singoli“, si ricorda che in realtà si tratta infatti, a tutti gli effetti, di piccole squadre, che arrivano a contare anche oltre 10 cacciatori abilitati per la caccia al cinghiale in forma singola. Che svolgono l’attività venatoria all’interno dei settori assegnati alle squadre autorizzate “creando disturbo, azioni pericolose e danno per il raggiungimento degli obiettivi d’abbattimento stabiliti dagli Atc”.
Senza aver trovato soluzioni adeguate alla pacifica convivenza – lamentano le squadre dei cinghialisti – adesso la Regione si inventa una nuova forma di caccia.
“Si continua ad affrontare il problema cinghiale solo aumentando le forme di prelievo“. Eppure i capi presenti in Umbria continuano ad aumentare.
E la squadre dei cinghialisti riportano le cifre. La quota di cinghiali abbattuti dai proprietari agricoli “sterminator”, autorizzati a sparare in qualunque momento e senza controlli a difesa della loro attività, è pari allo 0,15% del totale degli abbattimenti, mentre l’apporto da parte “dei fantomatici singoli”, nel quadriennio, corrisponde all’1,5% dei circa 70mila capi complessivamente abbattuti.
E di fronte a questi numeri si chiedono: “Sono realmente utili alla riduzione del numero dei cinghiali le altre forme di caccia?“.
E ricordano la funzione sociale gratuita delle squadre, offerta durante tutto l’anno anche al di fuori della stagione venatoria: installazione di recinzioni elettrificate (spesso di proprietà delle squadre) a difesa delle produzioni agricole, abbattimenti di contenimento per la salvaguardia delle colture e dell’incolumità pubblica, all’interno di parchi, aree verdi, dell’area aeroportuale, nelle vicinanze di centri abitati e vie.
Nonostante tutto l’impegno profuso, le serietà e gli sforzi economici sostenuti, ci troviamo puntualmente a subire attacchi da parte delle istituzioni, dei soliti animalisti e degli agricoltori. L’ostilità di questa categoria è ancor più grave considerando che i ristori dei danni provengono dalle tasche dei cacciatori, oltre alle quote stanziate dagli Atc per le colture a perdere e i miglioramenti ambientali, fondi alimentati sempre con i soldi dei cacciatori attraverso le tasse di concessione regionali e le iscrizioni all’Ambito territoriale di caccia, fino a raggiungere il massimo della vessazione nel caso in cui la copertura finanziaria stanziata si riveli insufficiente per pagare tutti i danni: in quel caso gli Atc sono autorizzati a chiedere soldi alle sole squadre di caccia al cinghiale.
Il Coordinamento delle squadre cinghialiste lamenta alla politica e alle associazioni agricole il mancato confronto nel corso degli anni: “Tavoli di concertazione, alla presenza di tutti i soggetti interessati, avrebbero permesso di riscrivere leggi e regolamenti più sobri e utili a tutti, invece di produrre atti furbeschi che hanno solo contribuito ad aggravare la situazione“.
Da qui l’auspicio che a breve si attivi un tavolo dove siano coinvolte tutte le parti, al fine di redigere un vero piano di gestione. “Fino a quel momento, e in attesa che la situazione in merito alle problematiche esposte si faccia più chiara, le squadre di caccia al cinghiale sospendono ogni forma di collaborazione, riservandosi ulteriori iniziative in prossimità dell’iscrizione per la stagione venatoria 2021-22.