Sembra non esserci pace per gli agricoltori umbri. Dopo i danni climatici alle produzioni e l’aumento dei costi, continuano le razzie dei cinghiali, che minacciano sempre più da vicino anche le città.
È quanto sottolinea Coldiretti Umbria che, specie in questo periodo dell’anno, continua a raccogliere la disperazione degli imprenditori che vedono distrutto in poco tempo il lavoro di intere annate, dai cereali al mais e girasole, ma anche orticole e uva, con la presenza di ungulati segnalata sempre più spesso pure all’interno di centri urbani città. Da Perugia a Gubbio, da Spoleto, a ridosso anche della pista ciclabile, a Terni.
“Il risultato – ricorda Coldiretti – è che oltre 6 italiani su 10 (62%) ne hanno una reale paura e quasi la metà (48%) non prenderebbe addirittura casa in una zona infestata dai cinghiali. Serve rafforzare l’impegno a tutti i livelli per agevolare ogni possibile iniziativa e attività che contenga la presenza dei cinghiali, che non solo distruggono semine e raccolti degli agricoltori ma accrescono rischi sanitari, per la pubblica sicurezza e la viabilità. Nelle campagne la presenza degli ungulati spinge alla chiusura le imprese, con evidenti danni all’economia regionale, amplificando pure i problemi connessi al dissesto idrogeologico provocato dall’abbandono delle attività agricole”.
“Serve una svolta decisiva sul contenimento della specie con interventi mirati e su larga scala – aggiunge Coldiretti – puntando anche a potenziare la formazione per il personale preposto, ma pure, come richiesto da tempo, mettere a punto la filiera locale del cinghiale per la commercializzazione e tracciabilità delle carni, che stenta a decollare e necessita di maggior chiarezza e organicità“.
“Continuiamo a denunciare come la situazione sia ben oltre i limiti di guardia, per questo serve ampliare gli sforzi di tutti gli attori interessati. Si tratta di un’emergenza che compromette la sopravvivenza delle imprese impattando su economia, sicurezza, ambiente e salute, con rischi anche per gli allevamenti con la diffusione della peste suina africana. Senza la presenza degli agricoltori, spinti all’abbandono per l’assedio delle specie selvatiche si perderebbero i primi custodi e manutentori del territorio, lasciato sempre di più alla mercé di cambiamenti climatici e fenomeni di devastazione che ormai sistematicamente colpiscono il nostro Paese”.