“Mentre gli uomini sembrano sempre più impegnati ad incrementare lo scetticismo verso i propri simili e faticano ad avere uno sguardo di tenerezza verso se stessi; mentre il valore di ciascuno è sempre più misurato in termini di efficienza, l’Assunzione della Madonna ci dice che per quanto si possa ridurre l’uomo alle sue capacità di riuscita, egli porta nel profondo, irriducibile, la sete di un compimento che non lo inchiodi alla somma dei suoi soli sforzi è capacità. Perché nel segreto del cuore vibra, spesso inconfessata, la ricerca di qualcosa che intercetti il nostro bisogno, di qualcuno che possa salvare tutto ciò che siamo, i nostri successi come le nostre miserie e ferite, liberandoci dalla morsa soffocante delle nostre misure”. E’ un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo Renato Boccardo in occasione del solenne pontificale nel duomo di Spoleto per la festività dell’Assunta, patrona principale dell’Archidiocesi.
“La cultura moderna – ha detto monsignor Boccardo – ci ha resi gelosi della nostra libertà di vivere. E persino di morire. Ma siamo anche diventati rassegnati al corto respiro del nostro modo di godere la vita. Possiamo chiamarlo disincanto, per dare un tono molto adulto e molto razionale a tale pensiero. Di fatto, da quando abbiamo abbassato il cielo dei nostri desideri restringendolo all’orizzonte del nostro io, anche la terra ci sembra più avara di vere soddisfazioni e di autentici entusiasmi: a ragione si parla di passioni tristi. L’autoreferenzialità porta a ripiegarci su noi stessi e contagia le persone, i popoli e le culture, anche noi credenti: non di rado ci presentiamo senza idee, senza parole, senza azioni che riaprano i cuori al senso della destinazione ultima dell’esistenza. Molti cristiani non sentono più l’urgenza e la bellezza di annunciare e testimoniare Gesù Cristo agli altri, uniformandosi in qualche modo al “nichilismo contemporaneo” o a quel “relativismo culturale” che mette sullo stesso piano ogni tipo di credenza religiosa o parareligiosa, come se una valesse l’altra. E così dimenticano di essere portatori di una spiritualità che offre alle persone e alla società un orizzonte di senso più alto e più ampio“.
“Dobbiamo chiederci – ha aggiunto il presule – se non ci stiamo rassegnando ad essere come una colonia di insetti, certo evoluti e ingegnosi, ma costruttori di una società che ha paura della vita e diffida della speranza. Scopriamo di avere politiche da amministrazione di condominio, aspettative di vita giovanilistiche, distanze umilianti e in crescita fra ricchi e poveri, uomini e donne, vecchi e bambini, influencer e anonimi, onesti e furbi. Nello spaesamento dell’incertezza, cresce il fascino della chiusura in spazi ristretti e orizzonti limitati e angusti. L’unica vera possibilità perché la nostra vita non insista, in una frustrazione continua, sull’esito dei propri sforzi è incontrare Qualcuno che sia all’altezza del bisogno grande che ci abita capace non solo di abbracciare tutta la nostra umanità, ma di salvarla tutta in una valorizzazione infinita”. E citando il Macbeth di Shakespeare, l’arcivescovo ha sottolineato che “senza una simile possibilità nelle nostre giornate, «la vita è un’ombra che cammina … È un racconto narrato da un idiota, pieno di strepiti e di furore, che non significa niente» (Atto V, scena 5)”. Quindi il richiamo all’esempio della Madonna, all'”accoglimento concretissimo nella sua vita della vita del suo Figlio Gesù”.
“In questo modo, la festa dell’Assunta che celebriamo – ha spiegato ancora nell’omelia – ci ricorda che il Signore non si contenta di “prendere a prestito” la nostra umanità; Egli vuole, piuttosto, farla sua. È proprio guardando alla Madonna che cogliamo la portata dell’invito di San Bernardo, che in uno dei suoi sermoni afferma: «Se sei saggio, cercherai di essere non un canale, ma una conca. Il canale, infatti, quasi contemporaneamente riceve e riversa; la conca, invece, aspetta di essere piena e così comunica della sua sovrabbondanza». Oggi, come già riconosceva il santo, sono tanti quelli che pretendono di essere “canali”, che vogliono cioè «comunicare prima ancora di aver ricevuto, pronti più a parlare che ad ascoltare, disposti ad insegnare quello che non hanno imparato, impazienti di dirigere gli altri» (Sermoni sul Cantico dei Cantici, 18, 3). Che grazia, invece, poter guardare a Maria come alla Madre di tutti coloro che non si accontentano di essere “canali” di princìpi e che, mettendosi piuttosto in gioco in prima persona, intercettano e accolgono, come “conche”, la grazia della presenza di Cristo, comunicandola a tutti per quella
sovrabbondanza così attrattiva di “vita più piena”, in cui tutta la nostra umanità viene esaltata e salvata”.
“Il nostro mondo – e anche il nostro Paese – ha sempre più bisogno – ha concluso monsignor Boccardo – di grandi visioni e di uomini e donne umili che se ne lascino appassionare e non abbiano paura di donare la vita per trovarla. In questa impresa, esigente ed esaltante, tutti sostenga e tutti accompagni con la sua intercessione la Vergine Maria”.
Il solenne pontificale del giorno dell’Assunta è seguito alla processione, la sera prima, con la Santissima Icone dalla Basilica di San Gregorio alla Basilica Cattedrale. Ma le celebrazioni si erano aperte martedì 12 agosto con un momento di preghiera per il mondo della sofferenza all’Hospice “La torre sul colle di Spoleto”. “Siamo qui – ha detto l’arcivescovo Renato Boccardo all’avvio della recita del rosario – per ricordare quanti soffrono nel corpo e nello spirito. Pensiamo a coloro che sono stati ospiti in questa casa e già sono nella casa di Dio; per i loro familiari chiediamo il dono della consolazione e della speranza. E nella nostra preghiera, dinanzi alla Santissima Icone, avvolgiamo quelle persone della nostra Archidiocesi che affrontano ogni giorno la lotta per la vita, con sofferenze fisiche o morali”. Insieme al Vescovo, alle persone ricoverate all’Hospice, ai loro familiari, al personale sanitario e ai volontari c’erano alcuni sacerdoti e diversi fedeli.