Ben 346 chiamate in un anno – praticamente quasi una al giorno – sono state ricevute dal Centro antiviolenza Medusa di Città di Castello.
Questi i dati alquanto preoccupanti (aggiornati solo al 1 ottobre 2022) e in evidente crescita (nel 2021 erano state “solo” 280) resi noti nell’odierna giornata di monitoraggio per le azioni a contrasto della violenza sulle donne in Altotevere.
Di questa allarmante cifra (che riguarda tutti gli 8 Comuni della vallata), 39 sono state le “prime chiamate” (primo contatto della donna con il centro antiviolenza), con 284 colloqui, 10 consulenze legali e 35 donne attualmente in carico al centro con percorso attivo.
Nella sala consiliare sono state anche dettate le linee di intervento a contrasto della violenza sulle donne, implementate da una a tre grazie ad un finanziamento della Regione Umbria e proprio in virtù dell’aumento di casi: al centro antiviolenza Medusa si aggiungeranno infatti progetti per il sostegno all’indipendenza economica delle donne inserite nel percorso di uscita dalla violenza e una terza linea che vedrà la formazione del personale delle scuole primarie, in collaborazione con le direzioni didattiche.
In questa giornata di monitoraggio si sono ritrovati insieme Usl umbria1, forze dell’ordine, Cav, scuole, associazioni di categoria, sindacati e operatori di settore, già presenti al tavolo dello scorso anno. “Un grido di allarme emerge dal Comune di Città di Castello al centro della rete antiviolenza – ha precisato l’assessore Letizia Guerri, presente insieme al sindaco Luca Secondi, al direttore sanitario distrettuale Daniela Felicioni, al vicepresidente del Consiglio regionale Michele Bettarelli, agli assessori Benedetta Calagreti e Michela Botteghi e a Elda Rossi del Cpo
“A fronte di un’emergenza sociale che cresce vertiginosamente devono crescere gli strumenti per fronteggiarla: la rete della violenza ha bisogno di finanziamenti strutturali e pluriennali che mettano in condizione gli enti locali di poter dare risposte necessarie”. Riguardo ai progetti di indipendenza economica delle donne che entrano nel percorso della violenza Guerri ha aggiunto: “La nostra città ha un tessuto produttivo in grado di mettere in atto buone pratiche, grazie alle associazioni di categoria che, assieme alle sigle sindacali, hanno dato disponibilità ad insediare un tavolo dedicato”.