Arci Caccia sul documento non firmato: non ci hanno chiamato | I distinguo su cinghiale e tortora e le accuse a chi "strumentalizza"
La mobilitazione delle associazioni venatorie ha sanato almeno il pasticcio, legato ai tempi di pubblicazione, che faceva slittare di una settimana l’addestramento cani. Poi sanato con un provvedimento nella Giunta regionale di mercoledì, che sarà pubblicato sul Bur il 12 agosto e consentirà di uscire con i cani, come da tradizione, a metà mese.
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La distanza con le altre associazioni venatorie
Un documento di accusa, in generale sul modo in cui viene gestita la caccia in Umbria, che non portava la firma di Arci Caccia. “Semplicemente perché nessuno ce lo ha chiesto” spiegano i responsabili regionali di Arci Caccia, che erano usciti, per divergenze, dalla chat in cui il documento è stato in tutta fretta condiviso. E però aggiungono: “Togliendoci dall’imbarazzo di firmare un nota che nega l’esistenza della siccità in Umbria”. A dimostrazione di come, comunque, ci sia una diversità di vedute con le altre associazioni venatorie. Il mancato consulto non sia dunque il frutto di una mera dimenticanza agostana.
Arci Caccia: Calendario venatorio da approvare prima
Arci Caccia ricorda che già da marzo aveva auspicato l’approvazione del Calendario venatorio entro giugno. E anche per questo Arci Caccia non ci sta alle critiche che molti cacciatori rivolgono alle associazioni per i vari aspetti che non soddisfano in merito al testo definitivo.
La tortora
Arci Caccia contesta la mancata previsione della tortora, ritenendo che, da marzo ad oggi, ci sarebbero stati i tempi per dare attuazione a quanto previsto nel piano nazionale. “Per volontà altrui – accusa – non siamo stati in grado di introdurre il tesserino elettronico come richiesto dal piano, cosa che ha fatto la Toscana e le Marche, dove il primo settembre si caccerà la tortora.
Cinghiale, il “tradimento” sulle date
E poi non soddisfa la soluzione adottata per la caccia al cinghiale: “Su richiesta dei cacciatori ternani – ricorda Arci Caccia – avevamo concordato con le altre associazioni venatorie l’apertura differenziata del cinghiale tra Perugia e Terni, puntualmente smentiti nella consulta successiva. In particolare da Federcaccia e Liberacaccia, che hanno rinnegato la loro parola, con buona pace dei cacciatori ternani. Cosa che tra l’altro ha portato ad ulteriori ritardi nell’iter di approvazione del Calendario”.
Key Concepts e rischio ricorsi
“Abbiamo sostenuto – prosegue Arci Caccia – la scelta di discostarci dai nuovi Key Concepts sulle date di chiusura di alcune specie (beccaccia, tordo bottaccio sasselo ecc) assumendosi come tutti la responsabilità di eventuali ricorsi. Auspicandoci che non arrivino, perché se arriveranno, come già successo in altre regioni, saranno ad orologeria allo scadere del sessantesimo giorno ovvero metà ottobre. Se il Calendario fosse stato approvato nei termini di legge, la presentazione di eventuali ricorsi sarebbe scaduta molto prima dell’apertura della caccia ed avremmo avuto tutto il tempo per eventuali modifiche, senza interferire sul periodo di caccia. Adesso il rischio è che ci potremmo trovare il Calendario impugnato a stagione venatoria iniziata, con tutte le conseguenze che ne derivano”.
“Dovevamo strillare”
“Abbiamo sbagliato!! Dovevamo strillare pure noi – prosegue Arci Caccia – per essere ascoltati. Evidentemente i toni garbati e il rispetto delle istituzioni, la volontà di costruire e non di ostacolare non servono più in questo contesto, ma ci sapremo adeguare presto anche noi”.
Per Arci Caccia questa vicenda ha fatto emergere tutti i limiti della politica. Che “non ha voluto assumersi la responsabilità di decidere e governare”. E sulla giustificazione data da Morroni, Arci Caccia replica: “L’assessore sapeva benissimo quali erano i tempi giusti di approvazione e le misure da adottare per un Calendario regolare. Non ha voluto ascoltare Arci Caccia nell’invito a fare presto e questo è stato il risultato”.
Le telefonate di Morroni
Arci Caccia lamenta poi di non essere stata tra le associazioni consultate da Morroni per riparare al pasticcio sull’addestramento cani. Per una soluzione che però non convince: “La pezza è stata peggio del rotto, scaricando di fatto la colpa su funzionari e dirigenti ed approvando in una Giunta straordinaria una ulteriore modifica per consentire l’allenamento dal giorno 15 agosto. Cosa che accogliamo di buon grado, ma non per questo possiamo avallare le modalità con cui si è scelto di gestire la vicenda, i cacciatori hanno bisogno di certezza, vogliono esercitare una passione nel rispetto delle regole”.
Arci Caccia rivendica di aver sempre cercato posizioni unitarie, ma proprio per questo non ci sta ora ad essere accusata di essersi dileguata. “E’ vero che abbiamo deciso di tagliare i rapporti con le altre Associazioni, non abbiamo la presunzione di dire che noi siamo nel giusto e gli altri sbagliano, ma non possiamo nemmeno accettare che le posizioni unitarie siano frutto di prevaricazione e non di mediazione”.
Dialogo, ma senza strumentalizzazioni sulla caccia
L’associazione resta aperta al dialogo, ma senza “parlare alla pancia”. Senza “strumentalizzazioni”, “demagogia”, “propaganda”. “Siamo stanchi – aggiunge Arci Caccia – di chi vende tessere sotto costo pur di accaparrarsi qualche iscritto in più, di chi illude i cacciatori con promesse da marinaio, della politica in cerca di voti, degli assessori passati e presenti che pur di galleggiare guardano i numeri e non le proposte, siamo stanchi di discutere sempre gli stessi problemi, degli attacchi strumentali, dell’idea che la colpa è sempre degli altri, del vittimismo, di chi ha paura del cambiamento”.
Arci Caccia annuncia che proseguirà la propria battaglia “per un caccia sostenibile”, “moderna e al passo coi tempi”. In grado di gestire e conservare “fauna e ambiente”.