Mentre il Tar dell’Umbria ha rinviato, causa emergenza Coronavirus, la discussione del ricorso presentato contro l’aumento delle quote dei cacciatori al cinghiale nell’Atc 1 (promosso da alcune squadre e sostenuto dalla Libera Caccia dell’Umbria), si profilano nuovi aumenti per risanare i conti dell’Ambito. Conti sui quali pesano i risarcimenti per i danni provocati da cinghiali e altra fauna selvatica.
Secondo la divisione dell’Umbria in tre Ambiti territoriali di caccia, l’Atc 1 è competente per le zone di Perugia e comprensorio, di una parte della Media Valle del Tevere (fino a Marsciano), del Trasimeno, dell’Alto Tevere, della fascia appenninica di Gubbio e Gualdo Tadino.
L’Atc 1 nel 2018 – secondo i dati forniti dalla Regione – ha pagato risarcimenti pari a 223.682 euro per danni causati da cinghiali, a cui se ne aggiungono 18.768 per altri animali selvatici.
Nei territori dell’Atc 1 nel 2019 sono stati uccisi 6.657 cinghiali a fronte degli 11.375 individuati nel piano di abbattimento, cioè appena il 59%.
L’Ufficio di presidenza, riunito nei giorni scorsi a Marsciano, oltre a confermare l’aumento di 9,75 euro per i singoli, propone di portare la quota di ciascuna squadra da 250 a 300 euro.
Aumento che non è ancora operativo, perché deve essere vagliato dal Comitato di gestione.
Il ritocco della quota è stato approvato a maggioranza, con un voto contrario. Il tema è particolarmente dibattuto all’interno della Federcaccia. L’associazione regionale aveva annunciato nei giorni scorsi che i propri delegati voteranno contro ogni ipotesi di aumento delle quote negli Atc. Chiedendo alla Regione una modifica dei regolamenti e una maggiore condivisione delle azioni tra gli Atc umbri.
Anche il Direttivo comunale di Perugia di Federcaccia si è espresso pubblicamente contro le norme che chiamano in causa i cacciatori per i danni causati da cinghiali ed altri animali selvatici.