Dal carcere di Perugia, dove è rinchiusa da un anno, da quando è stata arrestata con l’accusa di aver ucciso a coltellate il figlioletto Alex a Po’ Bandino, Katalin Bradacs scrive lettere in Ungheria. Una di queste, indirizzata ad una sua amica, è lei stessa a chiedere che venga resa pubblica. Lo fa la testata magiara Bors, riportando stralci della lettera. E parte del racconto che Katalin dice di scrivere in un diario, che aggiorna quotidianamente dalla sua cella. Un diario per Alex, con quattro libricini già riempiti di scritti.
Una lettera di quattro pagine, l’ultima, in cui la donna parla della sua vita nel penitenziario, del rapporto finito con l’altro figlio e soprattutto del piccolo Alex, tra le invocazioni di perdono per ciò che ha fatto e comportamenti che tiene come se fosse ancora vivo.
“La mia giornata – racconta – è passata a piangere e un’ora e mezza di lavoro. La sera lascio metà del letto ad Alex, per vedere se riesce a dormire accanto a me. Anche se è morto. Lo sto aspettando. Mi sento terribilmente sola”.
Katalin si lamenta anche per il fatto che non le sia stato comunicato il luogo della sepoltura del piccolo Alex, in un cimitero in Ungheria: “Il mio bambino amava i fiori, quindi vorrei inviare rose rosa e rosse sulla sua tomba. Non mi è stato nemmeno permesso di salutarlo, mio figlio”.
“Giuro che non ho mai voluto fare del male al mio bambino” scrive la donna, che dopo discordanti versioni, aveva confessato l’omicidio di suo figlio. “Oggi giorno è un dolore senza di lui” scrive ancora nella lettera. Chiedendo anche perdono al figlio maggiore: “Volevo essere una buona madre per lui, ma non ci sono riuscita. L’ho sostituito con il mio piccolo tesoro”. Il piccolo Alex, assegnato dal tribunale un ungherese al padre, Norbert Juhasz, ma portato in Italia e ucciso a Po’ Bandino il 1° ottobre del 2021.
“Katalin aveva premeditato le coltellate al suo bambino”, sono le conclusioni della Procura di Perugia, sulla base dell’ultima delle due perizie psichiatriche a cui la donna è stata sottoposta. Per la difesa, invece, quando ha accoltellato il piccolo nel cortile di quella cabina elettrica abbandonata, Katalin non era in grado di intendere e di volere.
Lei, tuttavia, ha chiesto di essere trasferita in una struttura psichiatrica in Ungheria, secondo quanto riporta Bors. A questo scopo avrebbe anche contattato un ospedale di Budapest, che però le avrebbe risposto che l’Imei (L’Istituto di monitoraggio e trattamento mentale della giustizia) si occupa dell’assistenza psichiatrica di coloro che sono detenuti in Ungheria.
Il padre del piccolo Alex, Norbert, si attende una pena severa, in carcere, da parte della giustizia italiana.