Dove finisce l’ospitalità religiosa e comincia un’attività ricettiva? Il tema è molto sentito ad Assisi, dove da anni le attività ricettive private lamentano la concorrenza scorretta di alcuni conventi, sostenendo (del caso si occupò anche Striscia la Notizia anni fa) che essi sarebbero attività ricettive mascherate e agevolate.
Il nuovo capitolo dell’anno questione si giocherà di fronte al Tar, dove è in corso uno scontro tra il Comune di Assisi e la Comunità monastica di Bose. Il monastero di San Masseo ha dovuto bloccare l’accoglienza degli ospiti perché considerata dall’amministrazione comunale “un’attività alberghiera senza i titoli abilitativi”.
Il Comune si muove sulla scia degli accertamenti della Polizia di Stato e Municipale, e lo scorso dicembre ha emesso un’ordinanza per chiedere di “cessare immediatamente l’attività ricettiva esercitata senza titolo abilitativo ad Assisi in via Petrosa, come accertato dalla Polizia di Stato“.
Ma religiosi di Bose non ci stanno e rispondono con un ricorso al Tar. Per il legale della Comunità monastica, quella svolta a San Masseo non è un’attività imprenditoriale, non è riconducibile a nessuna delle categorie indicate dall’articolo 86 del testo unico, né è un’attività extralberghiera. Si tratta, in breve, di una “casa di convivenza religiosa“, che peraltro la questura “ha accreditato tra i soggetti abilitati alla trasmissione dei nominativi sul portale web“, di fatto “riconoscendo la legittimità dell’esercizio di un’attività di accoglienza che non rientra nelle strutture ricettive per le quali si rende necessaria la presentazione della Scia”.
E il tribunale chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di sospensiva dell’atto del Comune ha rigettato l’istanza urgente – riporta il Corriere dell’Umbria – e in attesa del pronunciamento collegiale atteso per il 30 gennaio, ha rilevato che “l’attività istituzionale della comunità, in attesa del pronunziamento collegiale sulla istanza in esame (camera di consiglio il 30 gennaio), può svolgersi in assenza dei servizi di ospitalità che la suppprtano e che vengono assimilati all’attività alberghiera dal provvedimento impugnato)“.