Si inaugura il 31 maggio alla Galleria Civica d'Arte Moderna di Spoleto la mostra dedicata a Carlo Cego, esponente di una pittura astratta dall'intenso valore poetico. A cura di Martina Corgnati, l'esposizione “Il tempo della luce” prenderà il via ufficialmente sabato alle ore 18 nelle sale espositive di Palazzo Collicola (ingresso da via Loreto Vittori) e sarà visitabile fino al 29 giugno. Comprenderà circa cento opere nella più completa retrospettiva mai realizzata sull'artista recentemente scomparso.
L'esposizione offrirà al pubblico una straordinaria occasione per scoprire o rileggere l'intera attività di Carlo Cego nei vari e complessi rapporti con le diverse correnti e artisti del Novecento (dal Futurismo e Klee a Sol Lewitt) e lo farà presentando una selezione della sua raffinata produzione pittorica. L'evento, che ha quale sottotitolo “Il tempo della luce”, è promosso dal Comune di Spoleto in collaborazione con la Galleria Civica d'Arte Moderna.
Astrazione geometrica e dimensione poetica si coniugano nella pittura di Carlo Cego artista nato a Valdagno il 10 luglio 1939 ma vissuto a Roma dal 1947 al 1966.Carlo Cego si è laureato in Pittura con Gentilini all'Accademia di Belle Arti di Roma nel 1962. Nel 1966 si trasferisce a Genova, chiamato come scenografo per inaugurare il teatrino sperimentale del Teatro Stabile; vi rimane due anni. Nel 1968 Gastone Novelli lo nomina assistente alla sua cattedra all'Accademia di Brera di Milano, dove Cego rimane fino alla scomparsa, il 17 settembre 2003.Dal 1980 al 2003 Carlo Cego ha trascorso lunghi periodi estivi ad Otranto dove ha molto lavorato approfittando della luce piena e chiara, così peculiare di quel luogo.Proprio in quegli anni la sua pittura, vicina al minimalismo, si concentra in semplici linee, in cui si riconoscono approfondite riflessioni sulla lezione di Giacomo Balla e delle Compenetrazioni Iridescenti. Negli anni Novanta invece si assiste a una nuova emergenza del piacere della superficie e a una più sorgiva gioia del dipingere. D'altra parte Carlo Cego ha fatto parte di una generazione che ha cercato di coniugare i rigori dell'astrazione geometrica classica con una segreta essenza poetica: infatti i suoi quadri risentono della luce e delle circostanze ambientali in cui sono stati concepiti e realizzati, rivelando una presenza intensa e affascinante nelle scelte cromatiche e nella densità della materia pittorica. Per questo, più che di astrazione, nel suo caso è opportuno riferirsi a un “corpo della pittura” dotato di un alfabeto e una sintassi suscettibile di infinite variazioni; infatti, il vero soggetto di questa ricerca è la luce, le sue infinite sfumature e la sua illimitata capacità di trasformare le superfici pittoriche e “sospendere” i colori nello spazio della tela.I quadri di Carlo Cego affermano ancora la dimensione poetica della pittura italiana, ritrovando nella più pura astrazione il valore vivo della pittura come materia assoluta.