Pochi giorni fa era al lavoro in locali di zone molto conosciute della Sardegna, frequentate anche da vip. Ora attende a casa in Umbria l’esito del tampone per sapere se anche lui ha contratto il Covid.
Un umbro racconta la sua storia in questa estate del Covid. Dove il virus sembrava potesse finalmente lasciare spazio al divertimento e alla vita spensierata, dopo i mesi del lockdown.
E invece, pur senza raggiungere gli esiti drammatici di marzo e aprile, il Coronavirus resta un’insidia. Per la salute e per il lavoro. Soprattutto per chi lo sottovaluta e si comporta in modo irresponsabile.
Quella responsabilità che non è certo mancata all’umbro protagonista di questa storia. Anche se poi, regole non sempre chiare e soprattutto applicate in modo diverso in giro qua e là per l’Italia, lo hanno portato a vivere una situazione non certo piacevole.
Nelle scorse settimane era al lavoro in alcuni locali della Sardegna. Un’isola dove il Coronavirus, nei mesi del lockdown, era transitato in modo marginale.
E malgrado la paura avesse tenuto lontano quest’anno tantissimi turisti, soprattutto stranieri, ad agosto l’isola si è comunque riempita. Soprattutto di giovani desiderosi di divertimento. E, soprattutto, nelle località più note.
“Poi – racconta – alcuni hanno iniziato ad avere sintomi di una strana influenza”. In vari locali delle zone più frequentate dai turisti. Ma, come accade, si pensa che possa trattarsi di normali raffreddori, magari dovuti agli sbalzi di temperatura, all’aria condizionata o cose del genere.
Poi in più zone della Sardegna sono stati fatti tamponi a campione. E in molti sono risultati positivi al Covid-19. In tanti locali, anche noti. “Non solo in quelli dove lavoravo io”, chiarisce.
I casi positivi che si moltiplicano. Le ordinanze restrittive, fino al provvedimento del Ministero con cui sono state chiuse le discoteche in tutta Italia.
“Io stavo già tornando in Umbria con la nave – prosegue il suo racconto – ma già ricevevo notizie di amici e conoscenti sottoposti a tampone risultato poi positivo“.
Inviti all’autoisolamento, scambio di informazioni tra amici e tra colleghi. Ma dalle autorità sanitarie dell’isola nessun segnale.
“Prima di arrivare a casa in Umbria – racconta ancora – ho avvertito i miei conviventi affinché fosse trovata una soluzione per evitare di condividere le stesse aree dell’alloggio. Ed ho provato a mettermi in contatto con la Asl, più volte, per essere sottoposto a tampone. Ho anche provato a rivolgermi a cliniche private, ma mi è stato risposto che la normativa al momento consente loro di effettuare soltanto test sierologici. Dai quali, però, non hai certezza di non esserti infettato“.
Finalmente dopo giorni riesce a spiegare alla Asl la propria condizione. Il fatto di aver lavorato insieme a persone risultate positive al Covid. Il timore, quindi, di essere stato contagiato e quindi a sua volta veicolo di contagio. Pur non presentando alcun sintomo.
“Attraverso il medico di base – spiega – come mi era stato richiesto dalla Usl, sono iniziate le procedure per essere finalmente sottoposto a tampone. Hanno effettuato il tampone utilizzando moltissimi accorgimenti per proteggersi“.
Ora è in attesa dell’esito. Ma dovrà comunque restare in quarantena per due settimane dal momento del suo rientro in Sardegna. Perché ha comunicato di essere stato a contatto con persone poi risultate positive al Covid.
“Certo – le sue considerazioni – sto perdendo diversi lavori in questi giorni. Ma la cosa che mi sconcerta è soprattutto il fatto che molto, troppo, è lasciato al senso di responsabilità delle singole persone. Nessuno ha controllato cosa abbia fatto io in questi giorni. Eppure ho anche ricevuto una mail dalla compagnia di navigazione in cui venivo avvertito che nella nave su cui ho viaggiato erano stati riscontrati casi Covid”.
Lui è ora costretto alla quarantena. Alla quale, comunque, ha deciso di sottoporsi volontariamente. Per tutelare la sua salute e soprattutto quella degli altri, a cominciare da familiari e amici. Ma ci sono tante persone, che erano in vacanza in Sardegna (e in altre località molto frequentate), che pur avvertendo anche alcuni sintomi influenzali danno la colpa magari all’aria condizionata e continuano ad andare in giro per l’Umbria e l’Italia, a fare tranquillamente gli aperitivi.