Attivarsi per favorire la presenza e la permanenza dei medici specializzandi in Umbria. I consiglieri regionali Carla Casciari (Pd) e Silvano Rometti (SeR) hanno presentato una mozione per impegnare la Giunta a “mettere in atto le azioni idonee a favorire la presenza e la permanenza in Umbria dei medici specializzandi, considerato il ruolo
determinante che questa figura riveste per la sanità pubblica, per il mondo universitario e per la qualità dell’assistenza nel sistema sanitario regionale“.
“Nelle corsie delle Aziende ospedaliere umbre – spiegano i proponenti nell’atto – operano e si formano quotidianamente medici delle scuole di specializzazione dell’Università di Perugia. Gli oltre 600 specializzandi che si stanno formando nelle strutture umbre rappresentano una risorsa importantissima per il Sistema sanitario regionale, svolgono un prezioso lavoro al fianco del personale medico delle Aziende Ospedaliere tanto da essere un vero e proprio punto di riferimento per i pazienti e per le loro famiglie. La condizione del medico specializzando è per sua natura peculiare: infatti il medico in formazione specialistica riunisce in sé la figura del lavoratore e quella dello studente. Le attività formative ed assistenziali stesse, quindi, sono molto variabili nelle modalità e nelle tempistiche in relazione alla specifica specialità. Inoltre, i medici specializzandi, vincitori di un bando di livello nazionale, sono sempre più spesso costretti a formarsi nella sede assegnata, allontanandosi, quindi,
dalla propria residenza e con la necessità di affrontare spese maggiori”.
Insomma, “cervelli” da tenere in Umbria. E non sembra andare invece in questa direzione la scelta dell’Università degli Studi di Perugia di deliberare, per i soli laureati in Medicina e Chirurgia iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria e nonostante il parere contrario del Consiglio degli studenti, di elevare la tassa d’iscrizione annua da 2mila euro attuali ad un massimo di 3mila euro, venendo meno al principio di equità sancito dallo Student’s Act, legge ‘232/2016’. A causa di questa iniziativa la nostra università risulta ad oggi la più cara d’Italia, arrivando a superare addirittura i 2600 euro di Firenze e i 2700 euro del San Raffaele di Milano. “E questo – commentano Casciari e Rometti – a discapito della competitività e dell’attrattività dell’Ateneo”.
Inoltre, come emerso nella seduta della Terza commissione consiliare competente del 1 agosto scorso, in occasione dell’audizione dei rappresentanti dell’Associazione Specializzandi dell’Università di Perugia (Asup), i giovani medici hanno chiesto di adeguare la tassazione per gli specializzandi ai criteri di legge, con un tetto massimo che non sia superiore a quello degli altri studenti dell’Università di Perugia e che l’Università reinvesta parte della tassazione nelle scuole di specializzazione per garantire l’attività formativa. Da quanto appreso, infatti, da diversi anni il budget delle scuole di specializzazioni è stato azzerato dall’Università degli Studi di Perugia rendendo difficili gli investimenti in formazione. “Gli specializzandi, così – spiegano Casciari e Rometti – sarebbero spesso costretti a usufruire di corsi a pagamento organizzati da enti privati e a autosostenersi per la partecipazione a convegni e congressi, al contrario di altri atenei italiani. I medici specializzandi umbri sono tenuti ad un impegno in ambito di formazione pari a quello del personale medico del Servizio Sanitario Nazionale a tempo pieno, hanno rappresentato più volte le criticità sia sul nuovo sistema di tassazione sia sui fondi dedicati alla formazione, arrivando anche a scioperare e a creare disagio nelle normali attività di reparto”.