(Adnkronos) - Si vantò di aver ucciso un cucciolo di cane di 14 mesi, perché ''irrequieto''. E ora, come hanno riferito due fonti ben informate alla Cnn, il presidente eletto Donald Trump la sceglierà come Segretario alla sicurezza interna della sua amministrazione. E' Kristi Noem, la governatrice del South Dakota che si è guadagnata una dubbia fama, con cui Trump si aggiudicherebbe una fedelissima alla guida di un'agenzia che sovrintende a tutto, dalla US Customs and Border Protection all'Immigration and Customs Enforcement, fino alla Federal Emergency Management Agency e agli US Secret Service.
Noem era stata anche nella rosa dei candidati di Trump per la carica di vicepresidente, ma a costarle il posto furono proprio le sue rivelazioni sull'uccisione del suo cane da caccia, Cricket, dopo averlo considerato non idoneo a cacciare. Un cane ''impossibile da addestrare'', aveva scritto Noem nel suo libro, 'No Going Back: The Truth on What's Wrong with Politics and How We Move America Forward'.
Trump intenderebbe intanto nominare il senatore della Florida Marco Rubio come suo prossimo Segretario di Stato. Lo riportano il New York Times e l'emittente Nbc News citando tre fonti ben informate secondo le quali la nomina avverrà nei prossimi giorni. Le stesse fonti precisano che Trump potrebbe comunque anche cambiare idea e si è in attesa di un annuncio formale. Trump aveva preso in considerazione Rubio come suo candidato alla vice presidenza prima di scegliere il senatore repubblicano dell'Ohio JD Vance.
Membro del Comitato per le relazioni estere, Rubio viene considerato una scelta in grado di risultare sufficientemente gradito alla base politica di Trump senza però intaccare i rapporti con gli alleati stranieri. Un alto funzionario dell'attuale amministrazione Biden ha detto alla Nbc News che Rubio sarebbe una scelta "seria" e "qualificata". La sua nomina sarebbe un sollievo, ha aggiunto il funzionario ricordando che tra i candidati alla nomina c'era anche Ric Grenell, l'ambasciatore controverso degli Stati Uniti in Germania durante il primo mandato di Trump.
Il presidente eletto degli Stati Uniti nominerà quindi il repubblicano della Florida, Mike Waltz, come consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. Una nomina che non richiede la conferma del Senato. Lo riferisce il Wall Street Journal citando quattro fonti ben informate. Veterano delle forze speciali dell'esercito statunitense, Waltz ha prestato servizio in Afghanistan, Medio Oriente e Africa. Dal 2019 è membro delle commissioni Forze armate, Affari esteri e Intelligence della Camera.
Membro della China Task Force della Camera, è particolarmente aggressivo quando si tratta dei rapporti con Pechino, scrive la Nbc News. Come molti repubblicani del Congresso, Waltz ha criticato gli aiuti forniti dagli Stati Uniti all'Ucraina nella sua guerra contro la Russia.
(Adnkronos) - Dopo la vittoria schiacciante di Donald Trump alle elezioni americane 2024, il Pentagono teme ''i grandi sconvolgimenti" che potrebbero verificarsi con il tycoon comandante in capo, con una "deriva autoritaria", ma anche "un processo decisionale caotico che con bruschi cambiamenti renda difficile il lavoro". Ma non solo. Si teme anche che il presidente eletto possa mantenere la promessa elettorale di schierare l'esercito a livello nazionale contro i cittadini americani, che esiga dai vertici del dipartimento fedeltà a lui e tenti di modificare una istituzione che è apartitica e apolitica in una esplicitamente leale a lui.
A rivelarlo è il Washington Post, ricordando come durante il suo primo mandato Trump infrangesse le norme e spesso si scontrasse con i leader del Pentagono, anche se nominati da lui.
"Il pericolo più grande che l'esercito deve affrontare" sotto una seconda presidenza Trump è una "rapida erosione della sua professionalità, che ne minerebbe lo status e il rispetto da parte del popolo americano", ha detto al quotidiano Richard Kohn, professore e storico militare presso l'Università della Nord Carolina a Chapel Hill. "Trump non comprende veramente il valore dei rapporti civili-militari o l'importanza di un esercito apartitico e apolitico", ha aggiunto. Una delle portavoce di Trump, Karoline Leavitt, ha detto che il voto di martedì ha dato al presidente eletto ''il mandato di attuare le promesse fatte in campagna elettorale. E lui le manterrà''.
Sono diversi i funzionari della prima amministrazione Trump che mettono in guardia da una deriva autoritaria sotto la sua presidenza. Tra loro il suo ex segretario alla Difesa Mark T. Esper, il generale in pensione Mark A. Milley, suo ex presidente del Joint Chiefs of staff, e il suo ex Chief of staff della Casa Bianca John Kelly, anche lui generale in congedo. Ognuno di loro, scrive il Washington Post, durante la precedente presidenza Trump ha cercato di ''ostacolare i suoi impulsi più oscuri'' e successivamente ''ha espresso gravi preoccupazioni sul fatto che potesse violare la Costituzione impartendo ordini illegittimi all'esercito''. Il generale in congedo Jim Mattis, primo segretario alla Difesa sotto Trump, nel giugno del 2020 lo aveva descritto come ''il primo presidente in vita mia che non cerca di unire il popolo americano''.
Da presidente, Trump ha aumentato il budget del Pentagono, ha fatto pressione sugli alleati degli Stati Uniti perché spendessero di più per la difesa e ha allentato le restrizioni sul campo di battaglia che erano state introdotte dal suo predecessore Barack Obama. Una mossa accolta con favore dal dipartimento della Difesa, dove però ha creato scompiglio la natura impulsiva e anti-establishment della sua presidenza. Da presidente, Trump ha anche utilizzato i suoi social media personali per trasmettere i principali movimenti delle truppe statunitensi all'estero, tra cui il ritiro dalla Siria settentrionale e riduzioni di personale in Afghanistan mentre i funzionari Usa stavano negoziando con i Talebani.
Rachel VanLandingham, ex avvocato dell'aeronautica ed esperta di diritto della sicurezza nazionale, ha detto che la sua preoccupazione più grande è che l'esercito venga utilizzato per reprimere il dissenso negli Stati Uniti. Tutti gli ordini presidenziali sono destinati a essere interpretati dal personale di base come legittimi anche se sembrano rientrare in una zona grigia, ha spiegato al Washington Post, aggiungendo che c'è la possibilità di punizioni disciplinari per chiunque disobbedisca. "Seguiranno gli ordini del presidente Trump, in particolare perché il presidente può legalmente ordinare l'uso interno dell'esercito in varie situazioni - prevede VanLandingham - C'è un rischio enorme nel disobbedire all'ordine di un presidente e apparentemente poco rischio nell'obbedirvi".
Peter Feaver, esperto di relazioni civili-militari alla Duke University, ha detto che la maggior parte del personale militare e dei dipendenti pubblici di carriera probabilmente considererà la propria missione come quella di servire il nuovo presidente e consentirgli di esercitare i suoi poteri di comandante in capo. "Il loro dovere professionale è quello di avvertire i capi delle conseguenze indesiderate di ciò che stanno cercando di fare - ha detto - Questa non è resistenza, questa non è slealtà, questo è letteralmente il loro lavoro", ha concluso.
Ieri il capo del Pentagono Lloyd Austin ha garantito che i militari assicureranno ''una transizione calma, ordinata e professionale verso la nuova amministrazione Trump''. In un messaggio alle truppe Usa, Austin ha detto che "come sempre, l'esercito statunitense sarà pronto a portare avanti le scelte politiche del suo prossimo comandante in capo e a obbedire a tutti gli ordini legittimi provenienti dalla sua catena di comando civile".
Il Segretario alla Difesa Usa ha anche scritto che l'esercito statunitense si "distinguerà" dalla politica e continuerà a sostenere e difendere la Costituzione americana. "Non siete un esercito qualunque - ha scritto il capo del Pentagono - Siete l'esercito degli Stati Uniti, la migliore forza combattente sulla Terra, e continuerete a difendere il nostro Paese, la nostra Costituzione e i diritti di tutti i nostri cittadini".
(Adnkronos) - Israele ha martellato il Libano con una ferocia senza precedenti nella sua lotta contro Hezbollah. E' quanto riferisce il gruppo di monitoraggio dei conflitti Airwars, secondo il quale i bombardamenti di Tev Aviv contro le roccaforti di Hezbollah nel Paese, segnano la "campagna aerea più intensa" al mondo al di fuori di Gaza degli ultimi due decenni.
Secondo il ministero della Salute libanese, i raid di Israele hanno ucciso in meno di tre settimane oltre 1.400 persone, ferendone circa 7.500 e costringendo più di un milione di persone a lasciare le proprie case. Gli attacchi dello Stato ebraico avvengono a “un livello e a un'intensità che gli stessi alleati di Israele non avrebbero mai effettuato negli ultimi 20 anni”, ha dichiarato alla Cnn Emily Tripp, direttrice del gruppo con sede nel Regno Unito, che citato la campagna militare guidata dagli Stati Uniti contro l'Isis nel 2017, dove, al culmine della battaglia per Raqqa - la capitale de facto del gruppo terroristico - sono state impiegate 500 munizioni in un solo giorno.
Nell'arco di due giorni, il 24 e il 25 settembre, l'esercito israeliano ha dichiarato di aver utilizzato 2.000 munizioni e di aver effettuato 3.000 attacchi. In confronto, per la maggior parte dei 20 anni di guerra in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno effettuato meno di 3.000 attacchi all'anno, a parte il primo anno dell'invasione, in cui sono stati effettuati circa 6.500 attacchi - secondo i dati di Airwars analizzati dalla Cnn.
Secondo quanto riferisce Channel 12, i militari israeliani ritengono che i combattimenti in Libano si concluderanno in due o tre settimane. L'indicazione è stata data da un alto funzionario della sicurezza israeliano che ha recentemente incontrato una delegazione delle famiglie degli ostaggi. Secondo il funzionario, l'obiettivo di Israele è quello di raggiungere un accordo con Hezbollah che consentirebbe poi di ottenere un'intesa sugli ostaggi.
In uno degli ultimi devastanti attacco su Beirut, i caccia dell'aeronautica militare israeliana hanno sganciato circa 73 tonnellate di bombe sul sobborgo di Dahieh, la roccaforte del Partito di Dio. Il raid aveva come obiettivo il bunker dove si nascondeva Hashem Safieddine, il cugino di Hassan Nasrallah e da molti indicato come suo probabile successore alla guida di Hezbollah.
Secondo quanto riferiscono la radio dell'esercito israeliano ed il sito di Maariv, Safieddine sarebbe stato ucciso nell'attacco insieme al capo dell'intelligence di Hezbollah, Hussein Hazimah, noto come "Mortada". I due, insieme potrebbero essere morti a causa del crollo del bunker dove si trovavano con altri esponenti di alto livello di Hezbollah o dei gas tossici provocati dalle esplosioni.
Contro Israele si è scagliato la Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei che, nel suo intervento alla cerimonia a Teheran in ricordo di Hassan Nasrallah, ha definito il lo stato ebraico "un vampiro" e giudicato un "atto legittimo" l'attacco di Hamas del 7 ottobre dello scorso anno.
"Del tutto legittimo" anche l'attacco missilistico dell'Iran contro Israele secondo Khamenei che ha avvertito: "Se necessario colpiremo ancora".
I funerali di Hassan Nasrallah continuano intanto ad essere un mistero. Non ha contributo a risolverlo una breve dichiarazione di una fonte vicina a Hezbollah raccolta dalla Cnn, che ha smentito la notizia secondo cui il leader del movimento sciita libanese sarebbe stato sepolto in segreto. "Non è stato deciso nulla" sull'ora e il luogo della sepoltura, ha detto la fonte.
Gli Stati Uniti "stanno facendo molto" per evitare una guerra totale in Medio Oriente, ha dichiarato in conferenza stampa il presidente, Joe Biden, secondo cui "la cosa principale che possiamo fare è cercare di radunare il resto del mondo, i nostri alleati" per calmare la situazione.
Biden ha spiegato che "gli israeliani non hanno ancora deciso come agire in termini di attacco (in risposta al raid dell'Iran, ndr). Se ne sta discutendo. Se fossi nei loro panni, penserei ad altre alternative che colpire gli impianti petroliferi". Poi ha ricordato che "nessuna Amministrazione ha aiutato Israele più della mia. Nessuna" ed il primo ministro, Benjamin Netanyahu "dovrebbe ricordarsene". "I nostri team sono in contatto 12 ore al giorno" sia a livello diplomatico e militare, ha aggiunto.
(Adnkronos) - Via i Talebani dall'elenco delle "organizzazioni terroristiche" della Russia. E' l'annuncio arrivato da Mosca, anche se la decisione non è ancora realtà. "Non si tratta di desideri, ma di una decisione presa dalle autorità russe che dovrà concretizzarsi nel quadro della legislazione", ha detto il rappresentante speciale russo per l'Afghanistan, Zamir Kabulov, come riporta l'agenzia russa Tass.
L'auspicio è che la decisione si concretizzi formalmente "nel prossimo futuro". "Richiede - ha detto - un lavoro meticoloso da parte di avvocati, deputati e altre agenzie governative".
(Adnkronos) - Jimmy Carter, il 39esimo presidente degli Stati Uniti, in carica tra il 1977 e il 1981, domani, 1 ottobre compirà 100 anni diventando il primo ex presidente centenario della storia americana. Un traguardo che l'anziano democratico si accinge a varcare dopo che si era temuto che fosse in fin di vita quando, 19 mesi fa, ha iniziato a ricevere cure in hospice a casa ed interrompere i ricoveri ospedalieri.
Nella sua casa di Plains, in Georgia, lo scorso novembre, si è spenta, a 96 anni, la moglie Eleanor Rosalynn, sposata 77 anni prima, e ai funerali della moglie Carter ha fatto una delle sue rare apparizioni pubbliche sulla sedia a rotelle, attorniato dai suoi quattro figli. A maggio, il nipote Jason Carter aveva detto che il nonno si "stava avvicinando alla fine". In questi mesi, l'ex presidente ha continuato a seguire l'attualità della politica e ai familiari nei mesi scorsi ha detto: "Sto cercando di farcela per poter votare Kamala Harris" a novembre, secondo quanto riferito dal nipote all'inizio dei agosto.
E' stato sempre Jason a fare gli onori di casa al Fox Theatre di Atlanta dove la scorsa settimana una serie di star hanno partecipato ad un concerto per celebrare i 100 anni del più illustre cittadino della Georgia, che è quattro anni più anziano dello stesso teatro. "Non tutti arrivano a 100 anni, quando qualcuno lo fa ed usa questo tempo per fare del bene, bisogna festeggiare", ha detto il nipote dell'ex presidente che nel 2014 si è candidato governatore in Georgia.
"Questa è la prima volta che si celebra il 100esimo compleanno di un presidente degli Stati Uniti", ha detto ancora salutando le 4mila persone che hanno assistito al concerto, che sarà trasmesso martedì dal Georgia Public Broadcasting. Tra gli artisti che si sono esibiti, Angélique Kidjo of Benin, BeBe Winans e Carlene Carter, mentre altri, tra i quali Bob Dylan e Jon Stewart, hanno mandato messaggi. Come messaggi sono arrivati da tutti i presidenti ancora in vita, tranne Donald Trump.
Agli antipodi a livello ideologico, con Trump Carter condivide il fatto di essere uno dei pochi presidenti americani a non essere stato rieletto al secondo mandato, almeno consecutivo considerata la nuova candidatura del tycoon. La fine del suo mandato infatti fu segnata dalla drammatica crisi degli ostaggi nell'ambasciata americana a Teheran e dal tragico fallimento dell'operazione militare per mettervi fine. Sconfitto da Ronald Reagan, Carter ha poi avuto una seconda vita pubblica grazie all'impegno della sua Carter Foundation che gli fruttò il premio Nobel per la pace nel 2002.
James Earl Carter Jr. è nato il primo ottobre del 1924 a Plains, in Georgia. Dopo aver frequentato l'accademia navale, servì nei sommergibili della Us Navy nell'immediato dopoguerra. Nel 1953, la morte prematura del padre lo costrinse a prendere le redini dell'azienda agricola di famiglia per la produzione di noccioline. Animato da una profonda fede battista e impegnato contro la segregazione razziale, Carter si lanciò in politica, diventando prima senatore e poi governatore della Georgia.
Nel 1976 ha vinto a sorpresa le primarie democratiche, malgrado fosse inizialmente poco conosciuto fuori dal suo stato. Considerato un outsider, a novembre sconfisse di misura Gerald Ford, che aveva assunto la presidenza dopo le dimissioni di Richard Nixon per lo scandalo Watergate. Immediatamente dopo il suo insediamento, Carter sancì una grazia senza condizione a tutti i giovani che si erano sottratti alla leva per non combattere in Vietnam, in tutto 100mila giovani che tra gli anni sessante e settante erano fuggiti all'estero, il 90% in Canada.
Durante la sua presidenza, Carter si è impegnato per creare una politica nazionale per l'energia e, sul piano diplomatico perseguì una politica di pacificazione. Grazie agli accordi Camp David, favorì la firma della pace fra Egitto e Israele nel 1979. Con l'Unione Sovietica negoziò il secondo round del trattato Salt sulla limitazione delle armi strategiche. Ma il 1979 fu segnato dalla crisi energetica e, alla fine dell'anno, dall'invasione sovietica dell'Afghanistan, che fece ripiombare il mondo nel clima della guerra fredda.
Il 4 novembre 1979, un gruppo di studenti iraniani fece irruzione nell'ambasciata americana a Teheran e prese in ostaggio 52 diplomatici e cittadini americani. Fu l'inizio di una drammatica crisi, che gli americani vissero come un'umiliazione nazionale, tanto più dopo il fallimento, il 24 aprile 1980, di un raid militare per liberare gli ostaggi. Gli americani furono rilasciati dopo 444 giorni, il 20 gennaio 1981, quando ormai Carter era stato drammaticamente sconfitto da Ronald Reagan alle elezioni di novembre.
Se il giudizio degli storici sulla presidenza Carter non è sempre lusinghiero, l'ex presidente ha poi avuto una lunga seconda vita impegnata con successo nella promozione del dialogo internazionale e lo sviluppo attraverso il suo Carter Center. In questa veste ha condotto negoziati di pace, monitorato elezioni, ottenuto la liberazione di prigionieri, appoggiato iniziative di cooperazione per eradicare povertà e malattie. Per questo suo impegno ha ottenuto il Nobel per la pace nel 2002. Sposato dal 1946 con Rosalyn, Carter è padre di quattro figli, nonno e bisnonno.
(Adnkronos) - La nuova dottrina nucleare della Russia annunciata da Vladimir Putin - chiaro messaggio all'Ucraina, alla Nato e a tutto l'Occidente - e le minacce del ricorso all'atomica da parte di Mosca riaccendono il dibattito riguardo allo spettro di una guerra su ampia scala con armi e scenari catastrofici.
"Quella con Putin non è una partita a poker in cui siamo di fronte ad un nuovo rilancio - dice all'Adnkronos il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare e attuale presidente della Fondazione Icsa - O perlomeno non deve essere valutato così da chi ha responsabilità di decisione ed è tentato dall’accettare la sfida accettando il rialzo della posta o addirittura tentando di vedere le carte. Nei primi mesi di conflitto si aveva persino pudore ad usare il termine 'nucleare', ora sta diventando un’opzione come un’altra nella percezione di chi, detenendo capacità decisionali, forse non si è ben compenetrato negli scenari catastrofici di dolore e devastazione che una simile opzione comporterebbe e che pertanto in nessun caso può divenire la posta di una partita a poker".
"Non sembra che l’enunciazione da parte di Putin di una nuova dottrina, che abbassa notevolmente la soglia dell’uso del nucleare e ne circoscrive la casistica di utilizzo come risposta ad un’aggressione, abbia provocato il risultato di stimolo alla cessazione delle ostilità e all’avvio di un tavolo negoziale. Mentre invece, ora più che mai, bisognerebbe condizionare gli aiuti a Zelensky alla enunciazione da parte sua di che cosa intenda per vittoria, per condizioni di pace - continua Tricarico - Un discorso questo che andava fatto al presidente ucraino fin dal primo giorno come precondizione per la concessione degli aiuti e che invece né Zelensky né nessun altro è in grado di enunciare. Un'irresponsabilità diffusa che i cittadini hanno colto, isolando come non mai i decisori istituzionali e togliendo loro, nei fatti, la rappresentatività per cui sono stati eletti".
"Non serviva certo il giro di vite sul nucleare di Putin per ricordarci che il leader ucraino sembra ora più che mai abbisognevole di un reset di visione, di una doccia di realismo, di un ridimensionamento delle ambizioni sempre più smodate e irrealistiche", conclude Tricarico.
Secondo il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare e della Difesa, l'obiettivo di Putin è aumentare l'incertezza per portare deterrenza. Camporini spiega all'Adnkronos come "il ricorso alla minaccia all'uso dell'arma nucleare non è nuovo nella strategia russa di questi due anni, ma l'uso di una qualsiasi arma risponde a una dottrina di impiego che è codificata e la dottrina di impiego del nucleare è nota sia da parte russa che statunitense, o francese o altri Paesi".
"Dire che modifico la mia dottrina di impiego dell'arma nucleare significa aumentare il livello di incertezza, elemento fondamentale della deterrenza: è l'incertezza a far funzionare la deterrenza. Quindi, a mio avviso - continua Camporini - è in un certo modo un tentativo di Putin di seminare il dubbio nelle dirigenze politiche occidentali, come anche nelle opinioni pubbliche occidentali e risponde a un suo disegno strategico, molto razionale e che potrebbe trovare una concretizzazione".
"Concretizzazione su cui sono molto scettico per un motivo politico - spiega ancora Camporini - una qualsiasi potenza che in una situazione di emergenza decidesse l'uso di un'arma nucleare, per di più tattica si screditerebbe in modo totale nei confronti del resto del mondo: io non oso pensare come reagirebbe la Cina di fronte a una cosa del genere, potrebbe essere un disastro per la diplomazia russa".
"La minaccia del presidente Putin di reagire pesantemente all’autorizzazione statunitense e di alcuni altri partner della coalizione, di poter impiegare da parte di Kiev missili a lungo raggio per colpire in profondità il territorio russo (e bielorusso) potrebbe prevedere, secondo fonti d’intelligence occidentali, attacchi a basi Nato in Europa anche condotti con armi nucleari. Si tratta dell’ennesima 'linea rossa' tracciata dal presidente Putin che, se superata, potrebbe causare una forte reazione di Mosca", dice all'Adnkronos il generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato Atlantico.
"In precedenza nessuna delle altre linee rosse (consegna di carri armati, artiglierie e missili, caccia F-16, ecc.) ha provocato la minacciata reazione. In quest’ultimo caso, la risposta all’autorizzazione di colpire in profondità sembra sia stata presa dai governi occidentali con una maggiore probabilità di esecuzione da parte russa. Il presidente Putin, infatti, ha annunciato in questi giorni di aver modificato la propria dottrina nucleare affermando la possibilità di usare armi nucleari nel caso di informazioni attendibili circa il lancio massiccio di armi aeree e spaziali che oltrepassino il confine russo - continua Battisti - Questo anche in caso di aggressione di uno Stato non nucleare ma con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare. E questo sembra proprio il caso dell’Ucraina".
"La nuova dottrina prevederebbe una risposta nucleare anche se l’attacco sia condotto con armi convenzionali che però minacci l’esistenza dello Stato russo. Ciò ha suggerito maggiore cautela nel concedere eventualmente questa sollecitata autorizzazione ucraina, sostanzialmente per due motivi. Il primo, ritengo, per i contatti Mosca-Washington attraverso la cosiddetta 'diplomazia sotterranea'; il secondo, perché Putin non può minacciare sempre nuove 'linee rosse' senza mai passare ai fatti - prosegue Battisti - È appena il caso di ricordare che nel 1996 la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, su richiesta dell’allora segretario generale dell’Onu, Boutros Boutros-Ghali, di esprimere una valutazione circa la liceità di utilizzo delle armi nucleari in relazione ai principi del diritto umanitario internazionale, ha fornito un parere che sostanzialmente riteneva legale tale impiego in circostanze estreme di 'legittima difesa' (self defence) da parte di un Paese sul punto di essere sconfitto quale ultima soluzione per sopravvivere. La continua pressante richiesta ucraina di ottenere questa autorizzazione rientra verosimilmente nel tentativo di coinvolgere direttamente la Nato nel conflitto, tenuto conto che Kiev già colpisce in profondità nella Russia con propri droni".
Per Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana difesa (Rid), non c'è "nessuna revisione della dottrina nucleare russa, se la si legge bene l'uso delle armi nucleari in caso di aggressione anche convenzionale c'è, formulato in maniera un po' più ambigua, ma c'è. Sostanzialmente quello che ha fatto Putin è chiarire ulteriormente questo aspetto affermando che, in caso di attacco con aerei o droni convenzionali che dovesse mettere in crisi il comando e controllo o minacciare infrastrutture critiche della Federazione, risponderebbe con armi nucleari".
"Sostanzialmente è stato esplicitato che il nucleare russo, in particolare quello tattico alla fine serve proprio a compensare l'inferiorità convenzionale russa rispetto alla Nato e agli americani - aggiunge Batacchi - e poi lo ha affermato in questo momento particolare mentre c'è il dibattito sul consentire l'uso delle armi occidentali in territorio russo. E', a mio avviso, un messaggio politico di 'andarci piano' perché se si mettono in discussione certe cose Putin dice che usa il nucleare e infine dipende sempre dall'avversario accertarsi se sia un bluff".
(Adnkronos) - La minaccia dell'estensione della guerra in Medio Oriente alla luce dell'escalation in Libano, il protrarsi della guerra in Ucraina, nonostante gli aiuti occidentali, e la guerra in Sudan saranno in cima all'agenda della 79esima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che si apre oggi a New York, due giorni dopo l'adozione del Patto per il futuro, una dichiarazione non vincolante che mette nero su bianco la promessa di azioni concrete per un mondo più sicuro, pacifico, sostenibile e inclusivo per le generazioni di domani.
Il Patto insieme ai suoi allegati, l'Accordo digitale globale e la Dichiarazione sulle generazioni future, è stato adottato all'unanimità (per consenso), nonostante una proposta di emendamento dell'ultimo minuto da parte di alcuni Paesi, tra cui Russia, Iran, Corea del Nord e Siria. L'emendamento cercava di incorporare un testo che chiedeva il non-intervento in qualsiasi questione di sovranità nazionale e il primato de metodo intergovernativo, di fatto minimizzando il ruolo della società civile. È stato respinto dopo che l'Assemblea ha deciso di non agire sulla proposta.
Durante la Sei giorni di dibattito generale i capi di Stato e di governo e ministri di 190 Paesi - per l'Italia Giorgia Meloni e Antonio Tajani, che presiede due G7 Esteri - saranno chiamati ad affrontare anche altri temi urgenti, come il cambiamento climatico e le crisi umanitarie. Anche perché il tema dell'Assemblea di quest'anno è: 'Non lasciare nessuno indietro: agire insieme per promuovere la pace, lo sviluppo sostenibile e la dignità umana per le generazioni presenti e future'.
Ma la prima preoccupazione, come ha anticipato il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres in un incontro con i giornalisti, è che ''c'è un serio rischio di una drammatica escalation in Libano e bisogna fare tutto il possibile per evitarla". L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ci aveva già provato mesi fa, quando aveva chiesto a larga maggioranza una tregua umanitaria. E ci provano costantemente Stati Uniti, Egitto e Qatar nel loro ruolo di mediazione per arrivare a un accordo sul cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Tutto finora senza esito, anche se il presidente turco Recep Tayyip Erdogan alla vigilia della sua partenza per New York ha chiesto all'Onu di ''assumersi la responsabilità di fermare il genocidio di Israele'', che ha ''trasformato la Striscia di Gaza in un campo nazista'', ma ''non punta solo a Gaza'' e ''gli attacchi in Libano dimostrano che vuole estendere la guerra nella regione''. Molti leader, si prevede, approfitteranno dell'evento per chiedere un cessate il fuoco.
C'è attesa per quello che diranno giovedì i due leader più direttamente coinvolti, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas. Sempre che Netanyahu si rechi davvero a New York dato che, dopo aver posticipato la sua partenza, alcune fonti citate dai media israeliani ritengono che potrebbe annullare la visita per ''ragioni di sicurezza'' dopo l'escalation con Hezbollah.
Discorsi pubblici a parte, l'importanza che offre il contesto dell'Assemblea generale è il cosiddetto speed-dating diplomatico che si svolge ai suoi margini. Centinaia di incontri bilaterali e decine di eventi che permettono ad esempio di elaborare strategie, compiere passi in avanti in determinate direzioni, attirare l'attenzione mondiale su alcune situazioni. Tra queste la carestia in Sudan, la violenza delle gang a Haiti, l'assenza dei diritti per le donne in Afghanistan. In più quest'anno, secondo il direttore dell'International Crisis Group presso le Nazioni Unite, Richard Gowan, a margine una domanda passerà di bocca in bocca tra i partecipanti, ovvero ''cosa succederà alle Nazioni Unite se a novembre Donald Trump dovesse vincere le elezioni?''. Quando era alla Casa Bianca, Trump tagliò i finanziamenti all'Onu e definì l'organismo incompetente e debole.
Tra le questioni da affrontare anche il programma nucleare iraniano, che sarà oggetto proprio di un incontro a margine tra funzionari della Ue e di Teheran. Oggi è anche atteso il primo intervento all'Assemblea generale del nuovo presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, che secondo le anticipazioni ''si concentrerà sulla distensione, sulla creazione di fiducia con il mondo e sulla de-escalation", ha affermato un alto funzionario iraniano, ma "sottolineerà anche il diritto dell'Iran a reagire" contro Israele.
Mercoledì sarà invece la volta del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che si rivolgerà all'Assemblea generale per la terza volta da quando il suo Paese è stato invaso dalla Russia il 24 febbraio del 2022. Il giorno prima parteciperà a una riunione sull'Ucraina del Consiglio di Sicurezza. Il viaggio negli Stati Uniti offrirà a Zelensky l'occasione di illustrare al presidente americano Joe Biden, così come alla sua vice Kamala Harris e al suo sfidante repubblicano Donald Trump, il suo piano per spingere la Russia a porre fine alla guerra tramite mezzi diplomatici. La possibilità di ribattere sarà offerta al ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che parlerà all'Assemblea sabato, mentre il presidente russo Vladimir Putin non si reca a New York per l'evento dal 2015. L'ultimo intervento del leader del Cremlino all'Assemblea Onu risale però al 2020, in piena pandemia da Covid-19, quando parlò in collegamento video.
Quindici saranno i minuti che ogni leader avrà a disposizione per il suo intervento, anche se l'Assemblea generale ricorda ancora il discorso più lungo mai pronunciato in apertura, quello di quattro ore e mezza del leader cubano Fidel Castro nel 1960. Più di recente, nel 2009, anche il leader libico Muammar Gheddafi non riuscì a trattenersi e parlò per più di un'ora e mezza. Il primo a intervenire oggi sarà il Brasile, come da tradizione, perché nei primi anni dell'Onu fu proprio questo Paese ad aprire gli interventi mentre altri erano riluttanti. In quanto sede delle Nazioni Unite a New York, gli Stati Uniti saranno il secondo Paese a rivolgersi all'Assemblea generale, con Biden che terrà il suo ultimo discorso al Palazzo di Vetro. La gerarchia degli interventi prevede inoltre che per primi prendano la parola i capi di Stato, seguiti dai vice e dai principi ereditari, dai capi di governo, dai ministri e dai capi delegazione di grado inferiore.
Quest'anno circa 87 capi di Stato, tre vicepresidenti, due principi ereditari, 45 capi di governo, otto vice capi di governo, 45 ministri e quattro capi delegazione di rango inferiore sono attesi all'Assemblea generale. L'anno scorso meno del 12% delle persone presenti sul podio erano donne. Tra i temi che verranno posti all'attenzione dei partecipanti, in particolare da parte di leader africani e potenze come Brasile, Germania, India e Giappone, ci sarà anche la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, incaricato di mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Un tema che ha assunto maggiore importanza dopo che la Russia ha invaso l'Ucraina e ha esercitato il veto per bloccarne qualsiasi azione.
(Adnkronos) - Non solo il presunto tentato omicidio di Trump nella vita di Ryan Routh. Emergono infatti nuovi dettagli sull'uomo in custodia dell'Fbi da ieri con l'accusa di voler sparare all'ex presidente americano.
Routh si era infatti recato in Ucraina perché voleva combattere contro i russi, ma data la sua inesperienza con le armi e avendo già allora 56 anni l'esercito di Kiev non lo aveva accettato tra le sue file. Lo aveva raccontato lo stesso presunto attentatore di Trump in una intervista video rilasciata a Newsweek Romania nel giugno del 2022. Come ''piano B'', racconta, si era impegnato in Ucraina a reclutare personale per lo sforzo bellico. ''Abbiamo bisogno di migliaia e migliaia e migliaia di persone qui a combattere con gli ucraini", aveva detto Routh sottolineando che il mondo si trovava in un "momento critico" della guerra, che aveva definito una lotta tra il bene e il male.
"Questa è la cosa più importante che sta succedendo nel mondo oggi, quindi starsene seduti e lasciare che la vita continui normalmente, lamentandosi dei prezzi della benzina e lamentandosi della vita nel lusso e del paese in cui vivete è inaccettabile come esseri umani", aveva detto.
Secondo Semafor, che aveva intervistato Routh lo scorso anno, l'uomo era "frustrato" dagli ostacoli che incontrava nel reclutare combattenti pro Kiev, posti anche dall'Ucraina nei confronti degli stranieri. "Hanno paura che chiunque sia una spia russa", aveva detto Routh a Semafor.
L'anno scorso, quindi, Routh ha pubblicato in autonomia un libro di 219 pagine in cui racconta dettagliatamente i suoi sforzi per sostenere l'Ucraina nella guerra contro la Russia. In particolare Routh descrive la sua disillusione nei confronti della guerra in Ucraina, che definisce ''impossibile da vincere''. Il libro affronta anche la questione della presa del potere dei Talebani in Afghanistan e della situazione politica a Taiwan, con le crescenti minacce militari da parte della Cina.
Il libro, pubblicato su Amazon senza alcun editore, è intitolato: 'La guerra impossibile da vincere dell'Ucraina: il difetto fatale della democrazia, l'abbandono del mondo e il cittadino globale: Taiwan, Afghanistan, Corea del Nord e la fine dell'umanità'. In questo libro Routh racconta come si era recato al confine tra Polonia e Ucraina nel tentativo di arruolarsi in guerra, ma "a 56 anni e senza alcuna esperienza militare, sono stato respinto con riluttanza dal personale" dell'ufficio di frontiera. A Kiev cercò di arruolare più combattenti per lo sforzo bellico, allestendo un centro di volontariato improvvisato in Piazza dell'Indipendenza prima che venisse smantellato dalla polizia. Poi e trascorse diversi mesi accampato per protestare in vari luoghi della città. "Avevo dedicato ogni mia motivazione ed energia che potevo raccogliere per l'Ucraina e sono tornato a mani vuote", ha detto descrivendo i suoi tentativi falliti di costruire droni per l'esercito ucraino con un team di ingegneri internazionali.
Poco dopo l'aggressione russa all'Ucraina, nel marzo del 2022 Routh aveva scritto su 'X' che ''dobbiamo bruciare il Cremlino dalle fondamenta'' e aveva annunciato l'intenzione di ''volare a Cracovia, ad andare al confine con l'Ucraina per offrirmi volontario, combattere e morire. Posso essere l'esempio? Dobbiamo vincere". Routh aveva aggiunto che "questo conflitto è decisamente bianco o nero", aveva detto. "Si tratta del bene contro il male", aveva aggiunto.
Routh ha anche utilizzato il suo account personale di Facebook l'anno scorso per incoraggiare gli stranieri a combattere in Ucraina contro la Russia. Ha cercato di arruolare cittadini afghani presentandosi come un collegamento non ufficiale con il governo ucraino.
Ma non è tutto. Routh fu condannato nel 2022 perché in possesso di una mitragliatrice. All'epoca l'uomo, che aveva 56 anni, era stato inseguito dalla polizia prima di barricarsi all'interno di un'attività commerciale a Greensboro, nella Carolina del Nord, secondo un resoconto pubblicato dal Greensboro News & Record.
All'uomo era stato anche ordinato di pagare decine di migliaia di dollari ai querelanti in cause civili ed è stato accusato dalle autorità statali e federali di non aver pagato le tasse in tempo.
E' "un padre amorevole e premuroso, un uomo onesto e laborioso". Non certo una persona che può "fare qualcosa di folle, tanto meno violento", assicura però Oran Routh, figlio dell'uomo in custodia dell'Fbi, che ha detto di sperare che tutto sia "stato ingigantito".
"È mio padre e, per quanto ne so - ha spiegato il figlio di Routh al Daily Mail -, ha avuto solo un paio di multe. È pazzesco. Conosco mio padre e gli voglio bene". E ancora: "Non è una persona violenta. È un gran lavoratore e un papà eccezionale. È un brav'uomo, un brav'uomo che ha lavorato tutta la sua fottuta vita".
Poi l'affermazione su Trump, che suo padre odia come "ogni persona ragionevole. Non piace neanche a me Trump”, ha aggiunto il figlio, assicurando tuttavia che il padre non è una persona violenta e di non poter credere che abbia preso di mira l'ex presidente.
(Adnkronos) - Dall'Ucraina all'Afghanistan in politica estera, dall'aborto all'immigrazione per quanto riguarda la politica interna fino ai rapporti commerciali con la Cina e al rilancio dell'economia. Questi i temi centrali del primo dibattito televisivo andato in onda sull'Abc tra la vice presidente americana e candidata democratica Kamala Harris e l'ex presidente e candidato repubblicano Donald Trump.
Sul ruolo degli Stati Uniti rispetto all'aggressione russa, Harris ha affermato che se Trump fosse attualmente in carica, il presidente russo, Vladimir Putin, avrebbe preso il controllo di Kiev. Putin "ti avrebbe mangiato a pranzo", ha detto la vice presidente Usa all'ex inquilino della Casa Bianca. "Credo che il motivo per cui Donald Trump dice che questa guerra finirà entro 24 ore è perché lui semplicemente rinuncerebbe", ha aggiunto Harris mentre lui vantava rapporti amichevoli sia con il leader del Cremlino, sia con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Evitando di parlare di aiuti militari, Trump ha detto che "voglio che la guerra finisca. Voglio salvare vite. Ci sono milioni di persone che sono state uccise". Quando gli è stato chiesto se fosse nel miglior interesse degli Stati Uniti che l'Ucraina vincesse, Trump ha detto che "penso che sia nel miglior interesse degli Stati Uniti porre fine a questa guerra, negoziare un accordo, perché dobbiamo impedire che tutte queste vite umane vengano distrutte".
La guerra nella Striscia di Gaza tra Israele e Hamas dopo l'assalto del 7 ottobre è stata tema del dibattito tra Harris e Trump. Per la vice presidente si è creata un'altra occasione per chiedere un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi a Gaza, esprimendo al contempo vicinanza sia per gli israeliani sia per i palestinesi colpiti dal conflitto. Harris quindi ha condannato l'attacco del 7 ottobre di Hamas al sud di Israele, ma ha affermato che "troppi palestinesi innocenti sono stati uccisi" dall'offensiva militare in corso di Israele a Gaza.
Trump, invece, ha affermato che la guerra non sarebbe avvenuta sotto la sua Amministrazione e ha sostenuto che Israele "non esisterà" più entro due anni se Harris venisse eletta presidente. "Odia Israele e odia gli arabi", ha ripetutamente detto di Harris ricordando la sua assenza durante il discorso del premier israeliano Benjamin Netanyahu al Congresso. Lei, invece, ha detto che "darò sempre a Israele la possibilità di difendersi", chiedendo la fine della guerra e una soluzione a due stati che fornisca sicurezza al popolo israeliano "e in egual misura ai palestinesi".
Trump ha provato a mettere in difficoltà la sua avversaria sul ritiro dall'Afghanistan, ma Harris ha ricordato che fu il tycoon a concludere un accordo disastroso invitando i Talebani a Camp David. "Quattro presidenti hanno detto che si sarebbero ritirati e Joe Biden lo ha fatto", ha detto Harris. "Di conseguenza, i contribuenti americani non stanno pagando i 300 milioni di dollari al giorno che stavamo pagando per quella guerra infinita, e ad oggi, non c'è un solo membro dell'esercito degli Stati Uniti che sia in servizio attivo in una zona di combattimento in nessuna zona di guerra nel mondo, la prima volta in questo secolo".
Harris ha poi attribuito la colpa dei problemi ereditati dall'Amministrazione Biden-Harris alla gestione delle relazioni tra Stati Uniti e Afghanistan da parte dell'ex presidente Donald Trump. "Donald Trump, quando era presidente, ha negoziato uno degli accordi più deboli che si possano immaginare. Si definisce un mediatore. Anche il suo consigliere per la sicurezza nazionale ha detto che era un accordo debole e terribile''. Harris ha criticato Trump per aver negoziato direttamente con i Talebani.
Harris ha anche accusato Trump di aver venduto gli Stati Uniti alla Cina ''per dare a Pechino la possibilità di rafforzare il suo esercito'' e ha ricordato come durante la pandemia causato dal coronavirus ''ha persino ringraziato Xi Jinping''. Trump ha replicato definendo Harris ''una marxista che ha distrutto il paese con politiche che sono folli''.
Delicato, ma anche senza esclusioni di colpi da parte di Trump, il tema del diritto all'interruzione di gravidanza. ''Il popolo americano ha votato per la libertà riproduttiva'', ha detto Harris promettendo di difendere il diritto all'aborto e ad avere un figlio. Sottolineando, quindi, le difficoltà che affrontano le donne americane in quegli Stati dove è vietato interrompere la gravidanza, ma anche dove alle aspiranti madri è difficile accedere alle cure ormonali e alla fecondazione in vitro. E insistendo sul fatto che debba essere il governo a occuparsi di queste questioni.
Per contro, Trump non ha risparmiato colpi e affermazioni allarmanti, sostenendo che i democratici sono a favore dell'esecuzione dei bambini al nono mese di gravidanza e anche dopo la nascita. Trump ha tuttavia chiarito di ritenere utile fare eccezioni sull'aborto nei casi di stupro, incesto e minacce alla vita della madre.
Un autoelogio, sia da parte Harris, sia Trump, per il loro lavoro svolto per migliorare l'economia. Harris si è affrettata a spiegare la sua ''economia delle opportunità'', ovvero un piano che include riduzioni fiscali per chi avvia piccole attività, agevolazioni per i neo-genitori e gli acquirenti di prima casa e una stretta sui prezzi che pagano le aziende. ''Sono l'unica persona su questo palco che si occupa di sostenere la classe media'', ha detto Harris, sottolineando la sua provenienza da una famiglia della classe media.
Trump, nel frattempo, ha descritto come quella sotto la sua Amministrazione come la "migliore economia" e ha accusato Harris di aumentare i costi per le famiglie americane. "La gente non può uscire e comprare cereali, o bacon, o qualsiasi altra cosa", ha detto. L'inflazione è salita sotto l'amministrazione Biden-Harris, ma è calata altrettanto rapidamente. Ad agosto, il tasso di inflazione degli Stati Uniti si è attestato al 2,9%, al di sotto della media di quasi il 3,3%. Trump ha anche pubblicizzato la sua posizione sui dazi , ai quali intende dare priorità se tornerà alla Casa Bianca.
Nel corso del dibattito Trump ha spostato il suo discorso sull'immigrazione, parlando di criminali accolti nel paese e di città in cui gli animali domestici, ''cani e gatti'' per la precisione, vengono mangiati dagli immigrati in arrivo. Harris dal canto suo ha sottolineato come è stata "l'unica persona sul palco che ha perseguito organizzazioni transnazionali". E ha anche accusato Trump di aver chiesto al GOP di opporsi alla legislazione per rafforzare il confine. "Preferiva affrontare un problema piuttosto che risolverlo", ha affermato.
Harris ha quindi accusato Trump di aver fomentato la rivolta violenta del 6 gennaio del 2021 a Capitol Hill e che ha minacciato un ''bagno di sangue'' se non vincerà a novembre. Lui ha ribattuto dicendo che quel 6 gennaio ''non è morto nessuno'' e ha sostenuto che quella che si è svolta è stata una manifestazione pacifica condotta da persone che poi ''sono state trattate male''. Harris ha ricordato i 140 poliziotti feriti, ma Trump ha per contro citato l'attacco subito durante il comizio in Pennsylvania e accusando il partito democratico di fomentare l'odio contro di lui. ''Forse ho preso quasi una pallottola in testa per la loro retorica contro di me, per avermi additato come una minaccia alla democrazia'', ha dichiarato.
PARIGI (FRANCIA) (ITALPRESS) – Con l’accensione del braciere ai Giardini delle Tuileries hanno preso ufficialmente il via i XVII Giochi Paralimpici. Proprio come accaduto per i Giochi Olimpici, la cerimonia di apertura si è svolta all’esterno, questa volta con il favore del meteo, con il tiepido sole del pomeriggio che ha lasciato lo spazio a […]