Gli utilizzi dei concentratori di ossigeno sono molteplici; in alcuni casi il ricorso a queste apparecchiature serve al trattamento di patologie che si risolvono nel giro di settimane o mesi, in altri casi la terapia è a vita
I concentratori di ossigeno sono apparecchiature medicali utilizzate per somministrare l’ossigenoterapia, una terapia che risulta necessaria in tutte quelle circostanze in cui si registra un’importante diminuzione dei livelli di ossigeno nel sangue.
Grazie all’ossigenoterapia si ottiene un miglioramento dell’ossigenazione dei tessuti corporei, si riduce lo sforzo necessario alla respirazione e, conseguentemente, anche lo sforzo cardiaco, cosa fondamentale nei soggetti cardiopatici.
Senza entrare in dettagli tecnici troppo complessi, il funzionamento dei concentratori di ossigeno è sostanzialmente il seguente: l’apparecchio estrae l’ossigeno nell’aria dell’ambiente, successivamente lo convoglia in un serbatoio e, grazie a una maschera o a una cannula, lo somministra al paziente.
Di norma, un concentratore di ossigeno sfrutta una particolare tecnologia denominata “adsorbimento dell’oscillazione di pressione” (tecnologia PSA, Pressure Swing Adsorption), un processo che consente la separazione di miscele di gas.
Concentratori di ossigeno: utilizzi principali
Gli utilizzi dei concentratori di ossigeno (ma anche dei dispositivi CPAP) sono molteplici; in alcuni casi il ricorso a queste apparecchiature serve al trattamento di patologie che si risolvono nel giro di settimane o mesi, mentre in altri casi la terapia dovrà essere effettuata vita natural durante.
Fra le principali patologie croniche che richiedono il ricorso all’ossigenoterapia si ricordano per esempio la bronchite cronica, la BPCO, la fibrosi cistica, l’insufficienza cardiaca grave, l’enfisema polmonare, le malattie neurodegenerative a uno stadio avanzato, le apnee notturne ecc.
Fra le problematiche di tipo acuto si ricordano le polmoniti gravi, l’intossicazione da monossido di carbonio, gli shock anafilattici, alcune patologie che colpiscono i bambini nati prematuramente ecc.
Le decisioni relative ai livelli di concentrazione dell’ossigeno erogato dal dispositivo, così come quelle che riguardano le varie impostazioni di flusso, sono di esclusiva competenza medica e saranno quindi il medico curante o lo pneumologo a definire tutti i dettagli. Peraltro, livelli di concentrazione dell’ossigeno e impostazioni di flusso possono subire variazioni a seconda del tipo di patologia, della situazione clinica del paziente, dal tipo di attività ecc.
Concentratori di ossigeno: le tipologie
Si distinguono tre principali tipologie di concentratori di ossigeno: portatili, trasportabili e fissi.
I concentratori di ossigeno portatili sono dispositivi di dimensioni piuttosto ridotte che consentono una notevole libertà di movimento al paziente; possono infatti essere portati con sé molto facilmente sia in casa che fuori. Il loro limite principale è che funzionano a batteria e quindi devono essere ricaricati periodicamente.
I concentratori di ossigeno trasportabili sono una sorta di via di mezzo tra i dispositivi fissi e quelli portatili; sono più ingombranti di questi ultimi, ma possono comunque essere trasportati facilmente da una stanza all’altra e possono essere collegati alla rete elettrica quando non c’è bisogno di muoverli. La loro capacità di erogazione è di norma superiore a quella dei concentratori portatili.
I concentratori di ossigeno fissi sono una scelta indicata per le terapie che comportano una lungodegenza domestica; l’ossigenoterapia con concentratori fissi è infatti meno costosa rispetto alle altre soluzioni e inoltre garantisce una fonte di ossigeno sempre disponibile.
A seconda dello specifico caso si potrà valutare se risulta più conveniente l’acquisto di un concentratore oppure il suo noleggio; quest’ultima è ovviamente la soluzione più indicata quando la terapia deve essere somministrata per un periodo di tempo limitato.