Le pratiche del "giudice poeta" ai colleghi, così la Procura ha cercato di tamponare i ritardi

Le pratiche del “giudice poeta” ai colleghi, così la Procura ha cercato di tamponare i ritardi

Massimo Sbardella

Le pratiche del “giudice poeta” ai colleghi, così la Procura ha cercato di tamponare i ritardi

Mar, 22/08/2023 - 13:40

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Sulla vicenda del giudice del Tribunale di Sorveglianza finito sotto provvedimento disciplinare interviene il procuratore Sottani

Ha destato clamore, a livello nazionale, la notizia del provvedimento disciplinare a cui è sottoposto quello che viene ormai chiamato come il “giudice poeta”, trasferito da Santa Maria Capua a Vetere, dopo un provvedimento disciplinare per i ritardi nello scrivere le sentenze, al Tribunale di sorveglianza di Perugia. Dove, a seguito dei numerosi ritardi anche qui accumulati, dopo le proteste di avvocati e dei detenuti, è finito nuovamente sotto procedimento disciplinare.

Una vicenda su cui ora interviene anche il procuratore generale, Sergio Sottani, che spiega: “Da oltre un anno, i vertici degli uffici umbri giudiziari hanno di propria iniziativa più volte segnalato, anche alle autorità competenti ad esercitare l’azione disciplinare sui magistrati, cioè il Ministero di Giustizia e la Procura Generale di Cassazione, i ritardi nelle decisioni giudiziali, apparentemente privi di giustificazione, accumulatisi presso il locale Tribunale di Sorveglianza a seguito della condotta di un suo componente. Per l’effetto, il presidente del Tribunale di Sorveglianza ha, tra l’altro, adottato nel corso di questi mesi dei piani di redistribuzione del carico di lavoro su altri colleghi dell’Ufficio, al fine di limitare il più possibile il disservizio. Questi provvedimenti – conclude Sottani – hanno avuto il parere positivo del Consiglio Giudiziario di Perugia, di cui fanno parte il presidente della Corte d’Appello ed il procuratore generale”.

Secondo quanto riportato dalla stampa nazionale, il giudice in questione, appassionato di poesia e insoddisfatto del suo lavoro (“non morirò magistrato”), di fronte alla Sezione disciplinare del Csm ha ammesso “il macello” fatto, dicendo però anche che ora fare il magistrato di sorveglianza gli piace. Chiedendo quindi di finire il quadriennio del suo incarico, pur dicendosi sicuro, appunto, su ciò che vuole per il suo futuro: “Sono certo che non morirò magistrato”.

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