Un’altra opera finanziata con l’8X1000 da parte della Cei
La chiesa di San Bartolo a Correggiano di Assisi torna al suo antico splendore dopo i lavori di restauro. Per festeggiare la riapertura del piccolo edificio di culto, che fa parte della parrocchia di San Rufino, giovedì 24 agosto alle ore 18, in occasione della festa di San Bartolomeo, ci sarà la recita del santo rosario e a seguire la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino e animata da “Insieme Vocale Commedia Harmonica”. L’intervento, finanziato con i fondi dell’8×1000, ha riguardato lavori strutturali e di consolidamento.
La storia
La chiesa di San Bartolo, abbreviazione di San Bartolomeo, dal Santo a cui è intitolata, nasce per la necessità dei monaci benedettini ed è conosciuta fin dal 1088. In un documento del papa Innocenzo III al vescovo Guido di Assisi del 1198 circa, è nominata la chiesa di San Bartolomeo di Ursano o Orzano, più tardi chiamata di Correggiano, nome che potrebbe derivare dal vocabolo Corejano, dove nel 1291 è segnalato un oliveto. Il nome Correggiano potrebbe anche derivare dal fatto che probabilmente in tempo precristiano questo terreno avesse un tempio dedicato a Giano, per cui si passerebbe da Colle di Giano, Collis Iani, Coriani, Correjani, Correggiano. Nel 1543 i canonici di San Rufino affittano in San Bartolo di Correggiano della terra e questa rimarrà di loro proprietà. Quando monsignor Palmerini farà la visita pastorale nel 1718, troverà la chiesa ben tenuta e provvista del necessario, mentre la terra che possiede rendeva bene tra grano, vino, olio ecc.
La struttura
La facciata della chiesa è in pietra rosa locale e conserva i caratteri romanici.Il potale ha un architrave in travertino ed è sormontato da una lunetta in pietra bianca e rossa dove un tempo probabilmente era dipinta l’immagine di San Bartolomeo. L’interno a navata unica non conserva più nulla dell’originaria struttura ed è priva di decorazione. Un elemento molto interessante che è stato conservato nel restauro è il lavello senza rubinetto collocato nell’area dell’abside. Il termine tecnico per indicarlo è “sacrarium” ed era utilizzato per il corretto smaltimento degli elementi sacri, come per esempio l’acqua che contiene un’ostia consacrata magari caduta (veniva fatta disciogliere in acqua), l’acqua usata per lavare i vari tessuti usati nelle liturgia (i corporali, i teli usati nelle unzioni sacre).