La multinazionale indiana ha messo sul tavolo una serie di condizioni per la messa in liquidazione del polo chimico ternano
Vertenza Treofan Terni – “Un falso accordo che servirebbe solamente all’azienda per uscire indenne dai difficili percorsi giudiziari in cui verrebbe a trovarsi dopo le denunce dei lavoratori e del sindacato” – così le segreterie nazionali Filctem CGIL – Femca CISL – Uiltec UIL – approcciano al vertice del Mise di oggi, mercoledì 17 febbraio, con Jindal.
Jindal prende ancora tempo
Dopo ore di confronto tra sindacati, istituzioni e rappresentanti della Jindal, la multinazionale ha chiesto ulteriori 48 ore di tempo per decidere del futuro dei 142 lavoratori licenziati collettivamente per la procedure di messa in liquidazione. Sarà venerdì 19 febbraio il giorno in cui si metterà fine alla vertenza, in senso positivo o negativo si vedrà soltanto venerdì. Intanto i lavoratori sono riuniti in assemblea con i rappresentanti sindacali per concertare le ultime mosse prima che venga scritta la parola ‘fine’ alla produzione degli stabilimenti di piazza Donegali.
Cassa integrazione e incentivi per licenziamenti individuali
Secondo quanto è stato possibile apprendere la multinazionale indiana avrebbe messo sul tavolo una serie di condizioni per la messa in liquidazione del polo chimico ternano. Nello specifico è stata proposta una cassa integrazione straordinaria di 12 mesi (con l’incentivo di 7 mesi) qualora i lavoratori aderissero a una forma di licenziamento individuale.
Veti e diktat di Jindal
Sul piatto di un potenziale Jindal avrebbe messo anche un vago piano di reindustrializzazione che, comunque, non prevederebbe la presenza dei macchinari di produzione in fabbrica che sarebbero subito prelevati dagli stabilimenti di piazzale Donegani. Oltre a ciò la multinazionale avrebbe messo anche un veto sulla produzione di film di plastica e un diktat sulla possibilità di ricevere ordinativi da altre aziende.
“Jindal arrogante”
Condizioni che, ovviamente, sono state accolte con perplessità dai sindacati, visto che con il licenziamento collettivo e l’assenza dei macchinari non si capisce come si possa prevedere anche la più remota possibilità di reindustrializzazione. “Continua – attaccano i sindacati – l’atteggiamento arrogante dell’imprenditore indiano Jindal che dopo aver richiesto una proroga della procedura per una ulteriore settimana, non ha fatto alcun sostanziale passo in avanti nella trattativa, confermando ad oggi ufficialmente che nell’ultima riunione non abbiamo accettato“.
Articolo aggiornato alle ore 18.40