Roberto Ferracci era capace di intendere e di volere è dunque imputabile per le sue azioni del 25 settembre, quando ha aggredito nella sede del Tribunale di Perugia il giudice Francesca Altrui e ha accoltellato un altro giudice Umberto Rana, che si era fiondato a difendere la collega con un gesto eroico.
CAPACE DI INTENDERE
Le condizioni dell’albergatore di Spello sono state valutate da un perito incaricato dal Tribunale di Firenze (che per competenza giurisdizionale segue la vicenda che coinvolge due componenti della magistratura) che ha definito come non riconducibili ad infermità di mente le ragioni che hanno portato alla violentissima ed improvvisa aggressione. Lo stesso Ferracci nel carcere dove è rinchiuso dalle ore seguenti l’aggressione negli incontri avuti con il perito del tribunale avrebbe ammesso di essere stato cosciente del reato commesso, giustificandolo a se stesso con le “ingiustizie” subite facendo dunque riferimento all’iter del fallimento del suo Hotel Julia (del cui procedimento era appunto responsabile il giudice Altrui).
PROCESSO IMMEDIATO
Ma secondo l’esperto il disturbo depressivo che aveva portato Ferracci a sviluppare sentimenti di vendetta verso il sistema (colpevole secondo l’ex albergatore della messa all’asta della struttura ad un prezzo ribassato, come previsto dalla legge) non può essere considerato un fattore penalmente rilevante ai fini del suo essere processabile. Quindi affronterà il rito immediato che era stato appunto subordinato alla perizia. Il 9 febbraio si tornerà in aula e a questo punto potrebbe già arrivare la sentenza.
LA BEFFA DELLO STIPENDIO DECURTATO
Ma l’altra vicenda che ruota intorno all’aggressione che ha sconvolto tutta la comunità e cambiato il modo di intendere la sicurezza nei palazzi della giustizia di Perugia riguarda proprio i due giudici coinvolti. Umberto Rana, come previsto dalla legge, al suo rientro al lavoro si è visto decurtare lo stipendio. Si perché ai giudici in congedo per malattia (circa un quinto della retribuzione). Paradossalmente l’eroe che ha salvato la vita alla collega viene quindi “punito” dal sistema che lui stesso ha difeso. Ha già detto che non farà ricorso, che la normalità prevede che in caso di assenza dal servizio l’indennità non venga riconosciuta. Alla stessa sorte sarà destinata anche la collega Francesca Altrui al suo rientro.