Trascorrono piacevolmente i 45 minuti di spettacolo e il pubblico segue con attenzione l’interpretazione di Siciliano che, in una lingua a metà tra dialetti del profondo sud Italia e moderne lingue estere, si scatena sul palco della Sala Frau completamente gremita.
La storia è quella di Ulisse che, al ritorno dalla guerra di Troia, si imbatte nel violento popolo dei Ciclopi che abitano la spaventosa terra alle pendici del Monte Etna. Alcuni dei suoi compagni hanno la peggio sul mostro carnivoro mentre lui con la sua astuzia inganna il Ciclope, facendolo ubriacare prima, confidandogli di chiamarsi Nessuno e accecandolo poi con un ramo d’olivo. Il Ciclope finirà per impazzire, senza più la vista, e con la convinzione che nessuno l’abbia colpito.
Il Ciclope è l’unico dramma satiresco arrivano fino a noi e Francesco Siciliano, diplomato all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio D’Amico con esperienze in teatro, cinema e tv, lo ha diretto interpretando tutti i personaggi della piece. Da Sileno, costretto a servire il gigante monocolo, che pur avendo una cadenza spiccatamente sicula pronuncia qua e la frasi in napoletano, a Polifemo, che in un irriverente romanesco afferma tutta la sua brutalità, passando per Ulisse, l’eroe che avendo viaggiato e conosciuto il mondo aggiunge qua e la qualche parola in francese e tedesco mai dimenticando un divertente accento anglosassone.
Colorito, come la satira impone, divertente, vigoroso, Francesco Siciliano porta a Spoleto il testo di Euripide convincendo il pubblico che lo applaude per nulla confuso dall’alternanza dei personaggi interpretati e anzi divertito dai molteplici accenti utilizzati dall’attore tanto che la pochezza di Polifemo finisce per suscitare un’ilare compassione. Ma il tenero sentimento dura poco. D’altronte, Ulisse è “the most famous tripper”, “the most important general” e, si sa, l’intelligenza vince sempre.