Erano costretti a ingoiare carote per addestrarsi al trasporto di ovuli di cocaina in Italia: accadeva anche a Perugia, dove “l’organizzazione”, costituita da un gruppo di cittadini di origini dominicana, metteva in piedi questo tipo di prove anche per minorenni. L’attività del ‘cartello’ è stata stroncata dai carabinieri della Spezia, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Genova. All’operazione, denominata “Caribbean gold”, conclusa nella mattinata di ieri (9 aprile, ndr), hanno partecipato 100 militari e unità cinofile. Otto le persone arrestate (due sono ai domiciliari) e nove quelle denunciate. Gli arresti sono avvenuti: cinque alla Spezia, due a Massa Carrara, uno a Firenze. L’inizio delle indagini nel 2013 con l’arresto di uno spacciatore.
Le prove – Solo chi superava le prove poteva entrare a far parte dell’organizzazione. Gli aspiranti trafficanti dovevano imparare a ingoiare ovuli: lo facevano ingerendo pezzi di carote con lo stesso diametro degli ovuli in cui veniva messa la cocaina. Le intercettazioni hanno portato alla scoperta il traffico di droga, svelando anche alcuni particolari inquitenti: come il fatto che uno dei minorenni era stato scartato per essersi rifiutato di sottoporsi alla prova.
La droga – Trolley pieni di droga e ovuli ingeriti per un totale di 16 chili: in Italia, i corrieri atterravano negli aeroporti di Milano Malpensa, Verona e Pisa. Per ogni viaggio, la trafficanti portavano fino a 2,5 kg di cocaina. L’organizzazione, che aveva ramificazioni anche in Svizzera: tredici corrieri sono stati fermati al confine con il paese elvetico. Il gruppo agiva in molte province del Centro e del Nord Italia: Verbania, Spezia, Massa Carrara, Livorno, Firenze, Perugia, Viterbo. La cocaina arrivava in Italia pura e veniva tagliata alla Spezia con il Levamisolo, un potente medicinale per uso veterinario che se ingerito in grosse quantità può essere letale. Gli appartenenti all’associazione pagavano i fornitori con la tecnica dello smurfing, il frazionamento delle somme di denaro, che venivano inviate nella Repubblica dominicana attraverso un money transfer della Spezia. Gli inquirenti hanno calcolato un giro d’affari di circa tre milioni di euro.
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