Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche, con sentenza del 16 aprile 2008, ha respinto il ricorso della Società Acquedotto del Nera contro il Protocollo di Intesa tra il Parco dei Sibillini e la Regione Marche, documento che stabilisce i criteri per valutare gli effetti sugli ecosistemi del fiume Nera della captazione idrica di S. Chiodo, nel Comune di Castelsantangelo sul Nera .
Il Protocollo di intesa, firmato il 12 ottobre del 2006, stabilisce che la portata di acqua attualmente concessa, pari a 150 l/s a fronte di 550 l/s richiesti dalla Società acquedotto del Nera, potrà essere modificata solo sulla base di approfondite attività di monitoraggio qualitativo e quantitativo delle acque del Nera per almeno tre anni.
La sentenza – ultimo atto di una lunga vicenda iniziata nel 1999 – ribadisce, quindi, il ruolo fondamentale del Parco Nazionale nella tutela delle acque, risorsa sempre più strategica e preziosa, e degli ecosistemi legati agli ambienti fluviali. La necessità di un uso razionale e sostenibile dell'acqua richiede che non solo il Parco, ma anche gli altri enti competenti, provvedano a promuovere azioni volte al risparmio idrico: innanzitutto attraverso la manutenzione degli acquedotti esistenti, ma anche differenziando le acque di sorgente, ad altissima qualità, dalle acque destinate ai servizi civili ed industriali.
Il lungo impegno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini nella tutela delle risorse idriche è iniziato a concretizzarsi nel 2002 con la redazione del Piano per le acque che, oltre ad evidenziare il notevole sfruttamento del territorio dei Sibillini, ha rappresentato la base per la predisposizione del Disciplinare per la salvaguardia e l'uso compatibile delle risorse idriche approvato nel 2007. Sempre dello scorso anno è il completamento dello Studio Idrogeologico per l'identificazione e la caratterizzazione degli acquiferi che alimentano le sorgenti dei corsi d'acqua perenni dei Monti Sibillini, documento di alto valore tecnico realizzato dall'Università La Sapienza di Roma, su incarico del Parco e dell'Autorità di Bacino del Tevere, in accordo con le Regioni, e coordinato dal compianto Professor Carlo Boni, uno dei massimi esperti in materia. Oltre a confermare i dati emersi dagli studi per il piano delle acque, lo studio ha evidenziato la presenza di acquiferi alternativi che potrebbero integrare l'acqua derivata dalla sorgente San Chiodo fino al raggiungimento del fabbisogno richiesto.