Un noto pediatra in servizio presso un noto ospedale di Roma, ma con studio in Amelia, è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Terni per i reati di falso e di truffa ai danni dello Stato.
Sono questi i risultati ai quali sono pervenuti i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Terni, che proprio nei giorni scorsi hanno notificato al professionista l’avviso di conclusione delle indagini.
Piuttosto ingegnoso e spregiudicato il metodo truffaldino escogitato; in sostanza il noto pediatra svolgeva una doppia attività: la prima presso il famoso nosocomio romano, in regime di “intramoenia”. La seconda presso uno studio con sede in Amelia, ovviamente sprovvisto delle necessarie autorizzazioni.
Fin qui un “semplice” caso di doppio lavoro abusivo, se non fosse che l’abile medico confondeva le acque rilasciando ai propri pazienti che visitava in Amelia una certificazione falsa attestante – incredibile ma vero – che le visite erano state effettuate a Roma, all’interno dell’Ospedale.
Peccato che di fronte ai Finanzieri i responsabili dell’Ospedale capitolino cadevano dalle nuvole: il professionista, infatti, si era ben guardato di informare la propria struttura sanitaria delle prestazioni effettuate. Il motivo? Primo non era in possesso dell’autorizzazione dell’Ente Pubblico a lavorare fuori sede, secondo non fatturava le prestazioni ai propri pazienti – intascando a nero il totale della parcella senza corrispondere alla struttura ospedaliera il 15% del proprio compenso per l’attività privatistica svolta – e terzo appariva come un benefattore agli occhi dei propri pazienti (circa un centinaio) consentendo loro di ricevere gratuitamente (ed in molti casi senza averne diritto) prestazioni sanitarie, medicinali e costose attrezzature, soprattutto protesi, senza pagare il previsto ticket e senza recarsi fino a Roma a sostenere lunghe liste di attesa.
E poiché i guai non arrivano mai soli, e soprattutto a svolgere gli accertamenti è stata la Guardia di Finanza, oltre alla denuncia penale il professionista è stato sottoposto anche a verifica fiscale, nel tentativo di recuperare a tassazione i proventi delle prestazioni sanitarie che aveva “dimenticato” di comunicare al Fisco per le sue visite private. A conclusione dell’accertamento sono stati contestati, nei suoi confronti, elementi positivi di reddito non dichiarati per circa 120.000 euro, ricavi non contabilizzati per 12.000 euro ed una maggiore base imponibile ai fini IRAP per oltre 120.000 euro.