Partito della Rifondazione Comunista, Federazione di Terni
Rifondazione Comunista, seriamente allarmata dall’andamento della vertenza riguardante il polo chimico ternano, denuncia la pervicace ostinazione con la quale la multinazionale Lyondell Basell sta facendo fallire qualsiasi tentativo di trovare una soluzione positiva alla vicenda, come dimostrato dal rifiuto di vendere, alla Novamont, parte dei capannoni ed aree dello stabilimento. E questo è solo l’ultimo diniego da parte della multinazionale Basell che, dopo aver preso la gravissima decisione di dismettere unilateralmente l’attività produttiva dello stabilimento ternano, malgrado la sua alta redditività, ha pure, nei mesi scorsi, rifiutato le offerte di acquisto da parte della stessa Novamont, facendo così fallire il progetto di continuare, in loco, quella produzione di polipropilene indispensabile per alimentare anche le altre imprese del polo chimico ternano. La Basell non ha alcun interesse a vendere, anche per diventare, com’è successo, il soggetto che decide il prezzo del polipropilene su scala globale ed il suo ostracismo rischia di mettere seriamente in dubbio non solo i progetti di sviluppo della Novamont in direzione della chimica verde, ma la stessa sopravvivenza dell’intero polo chimico ternano. Noi crediamo che si sia giunti all’attuale vicolo cieco nelle trattative, rendendo così infruttuosa la dura e generosa mobilitazione dei lavoratori del polo chimico, perché è mancata la capacità di imporre la superiorità dell’interesse pubblico su quello privato. Le istituzioni nazionali e locali non hanno mai saputo mettere effettivamente in discussione il carattere privato della trattativa, lasciando, di fatto, alla Basell l’ultima parola ed accettando il principio che gli interessi di un’azienda, anche quando entrano in contraddizione con un intero territorio, non possono essere subordinati ad alcunchè. Rifondazione Comunista ritiene che sia giunto il momento di ricorrere a provvedimenti straordinari e ricorda che la nostra Costituzione riconosce la libertà dell’iniziativa economica privata ma che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e che l’articolo 42 della stessa prevede che “la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”. Di fronte all’arroganza di una multinazionale che tiene sotto ricatto da tempo una intera collettività e che si rifiuta di chiedere anche la cassa integrazione in deroga per i suoi dipendenti, che con l’anno nuovo si troveranno senza alcun sostegno economico, bisogna mettere sul tavolo ogni strumento possibile, compreso il provvedimento eccezionale dell’esproprio. Uno strumento già conosciuto a Terni con il precedente degli anni sessanta quando, per favorire la nazionalizzazione dell’energia elettrica, furono espropriate le centrali idroelettriche di proprietà delle acciaierie ternane. In quel caso l’indennizzo fu costituito dalla fornitura di energia a basso costo per la Terni per diversi decenni e terminato pochi anni fa.