Sara Minciaroni
In Umbria ci sono oltre 36 mila famiglie povere. Un dato allarmante che emerge dal V rapporto sulle povertà in Umbria redatto dall’Aur (Agenzia Umbria ricerche) e dall’Osservatorio sulle povertà in Umbria ( organismo costituito nel 1995 dalla Regione e dalla Conferenza Episcopale in Umbria). Il dato è pari al 9% delle famiglie della regione, di queste circa 6300 versano in uno stato di estrema gravità mentre altre 19 mila sono appena al di sopra della soglia di povertà.
Al terzo posto in Italia per redditi bassi – Questo esito è stato ottenuto calcolando la spesa per i consumi, ma se invece si considera il reddito familiare disponibile, gli umbri a rischio povertà sono circa 109 mila, un dato che porta l’Umbria al terzo posto fra le regioni del centro nord più a rischio.
La povertà cronica si somma alla crisi – Due ondate. Alla povertà data dalla diseguaglianza sociale di situazioni oramai croniche, note e monitorate dall’osservatorio da oltre vent’anni, si è aggiunta quella data dalla crisi economica attuale, molte le famiglie del ceto medio e medio basso che sono regredite andando a modificare il profilo sociale della regione. A subire maggiormente il peso della crisi sono state le famiglie giovani e quelle più numerose, specialmente se con figli. Un tenore di vita che è crollato non senza difficoltà rispetto magari alle famiglie di anziani che hanno subito minori ripercussioni, poiché dipendendo da redditi mediamente più bassi sono riuscite a mantenere un livello di spesa più moderato con minori difficoltà.
Emergenza lavoro – Le occupazioni precarie sono molto diffuse in Umbria, non hanno svolto la funzione di avviamento al lavoro , piuttosto hanno creato uno stile di vita dominato dalla precarietà. Quasi il 10% delle famiglie umbre ha un componente in difficoltà.
La presidente Marini – “Il prezzo della crisi è drammatico- spiega nella sua introduzione la Governatrice – pesa interamente sulle famiglie, sulle fasce di reddito più basse, sui pensionati al minimo, sui piccoli imprenditori e allontana il centro della società dalle sue molte periferie. Assistiamo ad un processo di femminilizzazione della povertà: le donne sono i soggetti più a rischio di esclusione sociale, vivono una precarizzazione al contempo lavorativa e familiare. Purtroppo, a tutt’oggi, la maternità rappresenta una barriera nel trovare o mantenere l’impiego; dati Istat rilevano che in Italia è ancora forte la correlazione tra maggior numero di figli e minore occupazione femminile”. Ma la Marini lancia anche un segnale di speranza: “L’attuale regressione economica può rappresentare, però, l’occasione di un nuove inizio. Innovazione, qualità e coesione sono le parole chiave su cui la Regione Umbria può far leva per costruire il proprio programma di politiche strategiche”.
Per Bassetti serve un nuovo umanesimo – “Un nuovo umanesimo che si prefigga di combattere la povertà attraverso un rinnovamento “morale e civile”della società – spiega l'arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti – Ovvero, una civilizzazione dell’ economia che superi la visione tradizionale e che metta a fondamento ultimo, non il profitto o il benessere materiale, ma il massimo rispetto per la dignità umana. Una visione in cui la sfera sociale e quella economica non siano in antitesi ma camminino insieme per lo sviluppo di un nuovo umanesimo”.
Il Rapporto – Quindici capitoli, cinquecentotredici pagine, fittissime di dati e commenti. Presentato questa mattina a palazzo Donini il volume è stato commentato dalla presidente Catiuscia Marini, Gualtiero Bassetti (Presidente della conferenza episcopale umbra), Carla Casciari (assessore regionale welfare), Renato Boccardo (Vescovo delegato della Ceu) e Claudio Carineri (Presidente Aur).