“Questo non è Aristofane, questo è Aristofane rovistato e scorretto. Questa è una scorrettezza continua, è una fotografia scattata a sorpresa, senza preavviso, a futticumpagnu. E’ un Aristofane preso in prestito, quando serve, altrimenti…bastiamo noi”.
Comincia con queste parole lo spettacolo prodotto dal Teatro dell’Argine ed ideato da Mario Perrotta, regista ed attore della rappresentazione. Possiamo senza dubbio constatare come effettivamente Aristofane non ci azzecchi molto con l’intreccio o la sceneggiatura del cabaret, salvo forse per la metafora di fondo che permea i dinamici dialoghi degli attori, quella relativa all’ironizzare sulla situazione politica attuale tramite ideali simboli e modelli presi ad hoc. In questo, Aristofane fu un maestro senza pari, da contestualizzare però nella sua cornice ellenica, fatta di una realtà completamente diversa dalla nostra e assolutamente incomparabile. Ergo, quando si tenta di far coincidere due canoni distanti millenni e di trasformare la comicità in un ora e poco più di facile moralismo si cade inevitabilmente nei meandri della boriosità e superficialità.
Gli elementi di base che rendono questo spettacolo un potenziale concorrente da premio ci sono: la scenografia è interessante e ottimamente fruibile, gli attori godono di capacità di recitazione senza dubbio elevate, l’essenzialità dei costumi è scelti con maestria, le coreografie sono dinamiche e appassionanti e le musiche dal vivo eseguite da Mario Arcari incorniciano il tutto meravigliosamente. Quanto alla sceneggiatura, piena di termini riscontrabili in ogni articolo d’attualità e in ogni discussione da bar, se ne può però costatare la buona composizione tecnica. Lo scopo dello spettacolo è quello di mostrarci una fotografia mostruosa e realistica delle facce “inalterabili” degli uomini illustri che la politica italiana ci serve quotidianamente. L’esito, quello di relegarci ad una visione distorta, parziale e non profonda della realtà.
(fb)