di Mario Bravi, Segretario Generale CGIL Umbria
La gravità della crisi economica incide in maniera molto rilevante nella nostra regione. Lo sottolineano una serie di ricerche, dall’Aur all’Istat. Ma un dato è particolarmente evidente: la parte della società umbra che più è colpita da questa situazione è il lavoro e all’interno del lavoro in particolare i giovani, le donne, e gli over 50 che vengono espulsi dai processi produttivi. Per questo pensiamo che sia venuto il tempo di mettere in campo una forte iniziativa con al centro il tema del lavoro e dell’occupazione. Solo nel settore dell’edilizia si sono persi circa 6mila posti di lavoro e altri 10mila negli altri settori produttivi. Il tasso di occupazione sta fortemente scendendo, dopo aver toccato il picco del 64,6% nel 2008. Il numero dei cassintegrati a gennaio 2012 si aggira intorno alle 14mila unità. La crisi industriale colpisce tutta la nostra regione, non c’è un territorio che ne è esente, però esistono due dimensioni territoriali che esprimono una forte specificità.
L’area ternana, dove va sviluppata una forte iniziativa per valorizzare l’eccellenza rappresentata dal polo siderurgico e dove c'è l'esigenza di dare una risposta positiva al futuro del polo chimico, nella logica delle materie rinnovabili e della incentivazione e dell’irrobustimento del rapporto chimica-innovazione-ricerca. Su queste vicende, in stretto collegamento con le questioni energetiche, occorre rilanciare lo strumento del patto di territorio e del riconoscimento di Terni come area di crisi complessa. Tutto questo richiede un ruolo forte e vero della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sapendo che l’innovazione e la difesa del sistema industriale ternano rappresenta una priorità della nostra regione. C'è poi la fascia appenninica umbra, realtà in cui ci troviamo di fronte a una crisi verticale che
mette in discussione lo sviluppo industriale e manifatturiero del territorio, con una incidenza pesante sui livelli della tenuta della coesione sociale e con il rischio concreto dell’impoverimento di tutto un territorio. In quella realtà sono in discussione 3mila posti di lavoro su 70mila abitanti. E, al di là delle apparenze e dei giudizi affrettati, la vertenza dell’Antonio Merloni è tutt’altro che conclusa. Per questo abbiamo chiesto alla Regione Umbria che si costituisca un tavolo di coordinamento delle crisi industriali aperte nella nostra regione. Per questo chiediamo alle Associazioni delle imprese un terreno di confronto che superi una logica puramente notarile e che rilanci un terreno di contrattazione vera. Per questo chiediamo al Governo nazionale di farsi carico di aprire una fase di discussione vera, con impegni precisi, tesi a difendere le caratteristiche industriali e innovative dell’Umbria. Questa è la priorità: l'apertura di una vera e propria vertenza lavoro. E in questo ambito va collocata anche la discussione sulle riforme, rispetto alle quali la Cgil non solo ha dimostrato disponibilità, ma ha anche avanzato proposte concrete. Quindi, è arretrata la discussione di chi si dice più o meno disponibile al terreno delle riforme, senza che si affrontino i contenuti, perché, come dimostrano le vicende passate (vedi riforme endoregionali, costituzione di Umbria Mobilità), le riforme vere e progressive comportano un coinvolgimento del fattore lavoro. Lo ha ricordato anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: in questo Paese il sindacato confederale è un soggetto di rappresentanza complessiva e generale e quindi rappresenta istanze opposte alle logiche corporative o lobbistiche. Al tempo stesso, ci sembra ingeneroso l’attacco di Confindustria nei confronti della Regione Umbria, che addebitato per intero le difficoltà presenti alle istituzioni locali, senza un minimo cenno autocritico sulle responsabilità e sui limiti del sistema imprenditoriale umbro. Occorre cambiare passo, innalzare il livello del confronto, sapendo che concertazione e contrattazione sono strumenti importanti finalizzati a dare risposte vere al problema più importante della nostra regione, che si chiama lavoro e che può avere una risposta positiva solo se si comincia a ragionare su crisi, rilancio dello sviluppo e, dunque, su un piano straordinario che dia risposte ai giovani e alle donne della nostra regione. Noi siamo convinti che si può e si deve fare, a partire da una assunzione di responsabilità diversa da parte di tutte le forze sociali, imprenditoriali e istituzionali della nostra regione e del Paese.