di Carlo Ceraso e Sara Cipriani
Ha i connotati di un ‘giallo’, di un intrigo internazionale dipanatosi fra Norcia, Firenze, Parigi e New York. Ma la vicenda del trafugamento della Biga etrusca di Monteleone di Spoleto, dal 1903 nelle mani e nelle bacheche del Metropolitan Museum, è molto più limpida di quanto si possa credere. Basta leggere il libro dell’architetto Luigi Carbonetti “La biga di Monteleone di Spoleto. Il trafugamento nei carteggi segreti tra menzogne e verità” (Ed. Artemide, Arte e cataloghi, 302 pagg., giugno 2014, Roma) per avere un quadro preciso di come l’Italia da oltre 112 anni rimanga volontariamente inerte di fronte ad una delle più clamorose spoliazioni subite dal Paese. All’autore il merito di aver condotto una rigorosa ricerca storica pubblicando documenti inediti rinvenuti presso l’Archivio Centrale di Stato, l’Archivio distrettuale di Terni, la Fondazione “Nevol Querci”, il Fondo Barnabei presso la biblioteca BiAsa e grazie al carteggio ricevuto da Tito Sereni che sembra dimostrare le omissioni dei funzionari di zona dell’epoca. Documenti che rischiano di mettere in imbarazzo quelle istituzioni – MiBac, Farnesina, persino i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio, etc. – che ancora nel 2007 hanno sottovalutato la vicenda con analisi e indagini a dir poco frettolose.
Una ferita che, se sembra esser stata ‘dimenticata’ dall’attuale sindaco di Monteleone, Marisa Angelini – arrivata nei giorni scorsi a ringraziare il MET per aver concesso alcuni scatti fotografici della Biga (LEGGI il servizio di ieri) – è ancora sentita dalla comunità umbra e da molti suoi esponenti istituzionali.
Tuttoggi.info, grazie al libro di Carbonetti e ad alcune interviste esclusive ai protagonisti di oggi, ha deciso di ripercorrere la storia della Biga per lanciare lunedì una petizione on line affinché le autorità, il premier Renzi e il ministro Franceschini, si attivino per riportarla in Italia.
Il ritrovamento e la vendita – il ‘golden charriot’ fu rivenuto a cavallo dell’inverno 1901-1902 dall’agricoltore Isidoro Vannozzi a Colle del Capitano, una frazione di Monteleone di Spoleto. Non c’è una data precisa circa la scoperta della tomba etrusca, anche perché il Vannozzi da tempo aveva scoperto che il suo terreno era una “ricca” necropoli etrusca ed è probabile che già da tempo commerciasse i vari reperti rinvenuti, specie quelli in oro. La vendita avvenne, tramite il sensale Giuseppe Regoli, all’antiquario di Norcia Benedetto Petrangeli il Venerdì Santo, 28 marzo 1902: il prezzo pattuito fu tra le 800 e le 900 lire oltre a “tavole di legno e coppi” necessarie al Vannozzi per finire il proprio casale come testimonia a Tuttoggi il nipote di Vannozzi, Carlo che gestisce la stessa tenuta del nonno divenuto un rinomato agriturismo.
VIDEO – La Biga trovata nell’aia
Il Petrangeli porta la biga a Roma, presso alcuni suoi parenti che hanno una farmacia in via Goito, con l’intento di venderla. Qui infatti la visiona l’onorevole Colaianni (che offrì 5.000 lire), il direttore degli scavi di Pompei e alcuni antiquari. La Biga dunque era sotto gli occhi di tutti.
Lo Stato sapeva – le istituzioni del Regno d’Italia entrano in allarme di lì a poco, anche se non tutte agiranno fedelmente. Il 14 maggio 1902 il Direttore generale del Ministero dell’istruzione Carlo Fiorilli scrive al Prefetto di Firenze convinto che il carro si trovi nel capoluogo toscano: “…detta biga avrebbe straordinaria importanza…sua esportazione…costituirebbe violazione Editto Pacca”. Dunque lo Stato sapeva e chiedeva venissero applicate le norme dell’Editto del cardinal Pacca del 1820 che proibiva l’alienazione di oggetti rinvenuti nel sottosuolo in quanto appartenenti allo Stato (Pontificio). Ma, eccezion fatta per l’ispettore onorario degli scavi di Norcia che fu trasferito ad insegnare a Caserta, né le forze dell’ordine, né la magistratura trascinarono mai in giudizio i vari protagonisti del trafugamento. Le indagini comunque prendono avvio. Il 16 maggio il Sottotenente Fiore della Sezione di Norcia sottopone a interrogatorio il Petrangeli e scrive una informativa al Comando carabinieri di Roma e alla Soprintendenza di Perugia in cui ricostruisce l’acquisto dal Vannozzi e la vendita “per duemila lire” ad un terzo di cui però l’antiquario non ricorda il nome: “…interrogato ripetutamente…si limitò a dire che non aveva pensato di prender il nome del compratore…” scrive l’ufficiale che riporta come il reperto fosse stato mostrato dal Petrangeli “all’ing. Antonio Accica (l’ispettore onorario poi trasferito, n.d.r.) e al prof. di disegno Raggiunti” per averne una stima e, una volta a Roma, avesse avuto diverse offerte di acquisto. Quattro giorni dopo il prefetto Sormani-Moretti scrive a Fiorilli riportando che la vendita potrebbe essere stata chiusa per “…lire diecimila (altri dicono 21mila)”. Il reperto è stato con ogni probabilità già venduto alla fine di aprile. Ma il ‘giallo’ è destinato ad infittirsi. Il 24 maggio il sottotenente Fiore si dice convinto che la biga sia ancora a Norcia, cosa che probabilmente depistò il d.g. Fiorilli che concentrò ogni sforzo in Valnerina, nonostante il questore di Roma Giungi, due giorni prima, aveva messo nero su bianco che i parenti romani del Petrangeli non ricordavano di conoscere il nome della “persona che avrebbe acquistato” il carro. Ai primi di giugno arriva a Norcia una sorta di “007”, Giulio Emanuele Rizzo il quale, sotto le mentite spoglie di un finto antiquario, ricostruisce i fatti: “…la scoperta (della biga, n.d.r.) è dunque del più alto interesse; ed è un dolore che per l’incoscienza di un Ispettore onorario, per la malizia e la frode di Vannozzi, Regoli e Petrangeli non siano stati ancora assicurati al nostro patrimonio artistico oggetti che devono essere di capitale importanza…il tenente dei carabinieri è convinto che essi sono ancora presso il Petrangeli e attende istruzioni per poter procedere contro costui e contro il Vannozzi, che senza dubbio hanno infranto le disposizioni delle leggi e degli editti vigenti”.
Il 17 luglio 1902 il “Giornale d’Italia” pubblica per la prima volta la notizia del ritrovamento di “uno splendido cisium”. Giorni e settimane scorrono velocemente. Il 4 novembre 1902 il prefetto Sormani-Moretti scrive a Fiorilli per informarlo che la Biga sarebbe stata venduta a Berlino. Chi ha dato al prefetto di Perugia la falsa notizia? Chi ha interesse a depistare le indagini?
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Petizione on line (firma anche tu): RIPORTIAMO LA BIGA IN ITALIA
(le foto: 1. la Biga originale esposta al Met tratta dal sito Lavalnerina; 2. la Relazione di servizio del S.Ten. Fiore dei Carabinieri Reali, 16 maggio 1902, sono state tratte dal libro “La biga di Monteleone di Spoleto” per gentile concessione dell’autore Luigi Carbonetti e della casa editrice Artemide)
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Monna Biga, Metropolitan Museum ci prende in giro e l’Italia ringrazia / Tuttoggi lancia petizione on line
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