Si fa realtà l’ipotesi più drammatica, quella che ieri ha portato all’arresto del carabiniere Emanuele Armeni dalla sua casa di Castel Ritaldi: l’accusa mossa dalla Procura competente è quella di omicidio volontario del collega Emanuele Lucentini.
Il tragico episodio si era consumato
il 16 maggio scorso, poco prima delle 8 di mattina, nella Caserma di Foligno, dove i due lavoravano, al rientro di un turno di pattuglia notturna passata insieme. Uno sparo partito dalla mitraglietta M12 in dotazione e per l’appuntato scelto, 50 anni originario di Tolentino, ma umbro ormai da anni, fu la morte. Soccorso immediatamente, l’uomo spirò qualche ora dopo all’ospedale folignate.
Si parlò di tragico incidente in un primo momento, nelle prime battute delle indagini condotte dalla stessa Benemerita, poi trasferite su richiesta del Procuratore di Spoleto Cannevale alla Polizia di Stato. Un’ipotesi che, alla luce dei rilievi, ricostruzioni, interrogatori, prove balistiche e intercettazioni realizzate dal Ros e dalla Questura di Perugia, si tramuta oggi in accusa di omicidio volontario. Un’accusa così forte da far richiedere al Procuratore e dal suo Sostituto Petrini anche l’aggravante di premeditazione. Aggravante non accolta dal Gip.
Bisognerà leggere le motivazioni descritte nell’ordinanza di custodia cautelare per conoscere il movente che avrebbe spinto il carabiniere umbro a premere il grilletto contro il collega, ragioni sulle quali viene mantenuto dagli inquirenti il massimo riserbo, ma che potrebbe essere riconducibile in ambito di rapporti personali.
Sara Cipriani e Sara Minciaroni