Affitti del Comune, sedi di associazioni diventate punti di ristoro - Tuttoggi.info

Affitti del Comune, sedi di associazioni diventate punti di ristoro

Cristiana Mapelli

Affitti del Comune, sedi di associazioni diventate punti di ristoro

Dopo i contratti senza data, ora spuntano fuori luoghi utilizzati per attività lucrative concesse in violazione del Regolamento
Dom, 27/03/2016 - 08:08

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Un censimento che, nella maggior parte dei casi, è solo a meta. Tra i 198 affitti comunali concessi alle associazioni, i casi bizzarri sono tanti. Contratti di locazione a tempo indeterminato o ancora “da formalizzare” e locali dati ad associazioni che si sono riscoperte avere uno spirito imprenditoriale. Come a dire associazioni e punti di ristoro. Ma, a ben leggere i carteggi che di affitti alle assocazioni negli anni sono stati firmati a Palazzo, forse qualche dubbio su un regolamento non rispetatto già c’era.

La denuncia di una “gestione opaca“,  da parte dei consiglieri del gruppo misto Pittola e De Vincenzi, così come il Movimento 5  Stelle, ha inizio già nel novembre del 2015. In una determina di giunta, si prendeva atto della gran quantità di richiesta pervenute all’amministrazione per la concessione di locali da parte di alcune associazioni, costrette a lavorare senza una sede. Vista la mancanza di un documento ufficiale, “appare necessario integrarli con quelli relativi alla superficie, nonché alla suddivisione in vani o piani degli immobili”. Si fa riferimento ad assegnazioni senza titolo, sedi assunte in locazione per fini istituzionali e successivamente tramutate in sede associativa, più assegnazioni allo stesso soggetto, concesse da servizi comunali diversi e attività remunerative come corsi di formazione e punti di ristoro, vietate dal regolamento datato 1996. In alcuni casi, non si dispone di informazioni precise in merito alle modalità di utilizzo delle sedi da parte degli assegnatari, ad esempio di giorni e di orari, dati importanti per al fine di individuare possibili condivisioni tra più associazioni dello stesso spazio.

In conseguenza di ciò – si legge nel documento – e anche su impulso del consiglio comunale è stato deciso di avviare un’analisi complessiva della situazione in questione“.  Eppure, tra i quasi duecento nomi che appaiono sul censimento allegato alla determinazione di gunta datato novembre 2015, la situazione appare come la gestione degli immobili di proprietà di palazzo dei Priori sia stata gestita in maniera poco chiara. Un groviglio su cui anche il Comune ha iniziato a lavorare mettendo mano al regolamento che, già nel 1996, prevedeva una verifica da parte dell’amministrazione sull’attività svolta, cosa non sempre avvenuta.

Associazione o ristorazione. Una mappatura degli immobili di appartenenza del Comune di Perugia assegnati alle assocazioni sul territorio in cui viene fuori come, in alcuni casi, non viene pagato nè il canone nè le spese di fuzionameno. Insomma, un regolamento, quello del 1996, che sembrerebbe non essere  stato rispettato. C‘è anche chi, in pieno centro, disporrebbe dal 1996 di un locale di circa 150 mq (a 4 mila euro l’anno) dove avrebbe allestito un vero e proprio punto di ristoro. Ma la situazione si replica anche in periferia dove, in via fonti coperte, un “circoletto”, sempre secondo il censimento datato 2015, utilizzerebbe un complesso di oltre 200 mq a 8mila euro annui, luogo di ritrovo dove poter pasteggiare. Attività lucratiche, ricordiamolo, espressamente vietate dal regolamento. Ed è forse anche su questo che la Finanza, dopo la richiesta di acquisizione di documenti via pec agli uffici del Comune, sta indagando.

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