Wildlife, Umbria pronta a sdoganarla come patrimonio rinnovabile di interesse economico - Tuttoggi.info

Wildlife, Umbria pronta a sdoganarla come patrimonio rinnovabile di interesse economico

Redazione

Wildlife, Umbria pronta a sdoganarla come patrimonio rinnovabile di interesse economico

Cecchini, " un mezzo per contenere le specie impattanti ed incrementare quelle in condizioni critiche"
Dom, 14/02/2016 - 13:23

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La Regione Umbria è pronta a sdoganare, prima in Italia, la fauna selvatica (wildlife) come patrimonio rinnovabile di grande interesse economico. Folto pubblico alla presentazione del progetto WERU (Wildlife Economy Regione Umbria) tenutasi a Perugia, giovedì 11 febbraio 2016 a palazzo Donini (Giunta Regionale Umbra). La conferenza è stata introdotta dall’assessore regionale alla agricoltura, ambiente e cultura Fernanda Cecchini: “Dopo la presentazione del saggio di Ragni alla vetrina internazionale di EXPO 15 – ha esordito l’assessore -, con questo evento si prospetta la sua applicazione pratica nella nostra Regione. L’Umbria, da sempre impegnata nella tutela e valorizzazione del suo patrimonio ambientale e culturale, ritiene che il progetto Wildlife Economy rappresenti, oltre ad un’importante occasione economica, un mezzo per contenere le specie impattanti ed incrementare quelle in condizioni critiche”.  Il progetto è stato illustrato da Bernardino Ragni (autore del saggio Wildlife Economy- Nuovo Paleolitico, Aracne Ed. 2015), Antonio Boggia (Università degli Studi di Perugia) e Umberto Sergiacomi (Regione Umbria). In platea rappresentanti di istituzioni regionali tra cui Giuliano Nalli e Candia Marcucci, rispettivamente presidente e direttore Bonificazione Umbra,  Vincenza Campagnani assessore ambiente Comune di Spoleto, Paolo Vandone presidente del Cai, Emanuele Bennati presidente Arcicaccia, Franco Perco e Oliviero Olivieri, rispettivamente direttore e presidente Parco Nazionale Monti Sibillini, Alessandra Paciotto presidente Legambiente, Giuliano Sorbaioli presidente dell’Urca.

Bernardino Ragni ha illustrato quindi la WERU, Wildlife Economy Regione Umbria, quale applicazione pratica a livello regionale delle linee guida del progetto-filosofia, trattate nel suo saggio, presentato in anteprima ad Expo 2015 in collaborazione con Anbi nazionale e Consorzio della Bonificazione Umbria; affermando che questo importante traguardo deve rappresentare l’inizio della sua concretizzazione in una regione profondamente vocata. Antonio Boggia, professore di Economia ambientale al dipartimento di agraria dell’Ateneo perugino, prefatore del saggio di Ragni, è intervenuto sulla contestualizzazione economica della Wildlife Economy, sia a livello internazionale che  in Umbria: “L’idea è in linea con il pensiero bioeconomico. Dal 2005 le risorse del Pianeta sono state sfruttate oltre le possibilità, nel 2050 avremo bisogno di due pianeti e mezzo se continuiamo così. Con la Wildlife Economy si può contrastare questa tendenza”. Umberto Sergiacomi, responsabile dell’Osservatorio Faunistico Regionale, ha inquadrato la Wildlife Economy nella sua applicabilità sul territorio umbro: “Uno scrigno di ricchezze naturalistiche”, ha detto, nel quale la fauna presenta anche alti valori di consistenza delle popolazioni. Sergiacomi ha inoltre evidenziato la necessità di un’ordinata ed efficace progressione tra monitoraggio, database faunistico, programmazione e attuazione dell’uso sostenibile della wildlife comprendente il prelievo.  Il confronto sulla Wildlife economy continua in Umbria domenica 6 marzo 2016 a Norcia, ore 10:30, Sala del Consiglio Maggiore nell’ambito del Convegno sulla gestione degli ungulati selvatici a cura dell’Arci Caccia.

Il dibattito a Perugia – Molti e interessanti gli interventi del pubblico alla presentazione del progetto della Wildlife Economy in Umbria tenutosi a Perugia l’11 febbraio 2016, dopo le comunicazioni dei relatori Ragni, Boggia e Sergiacomi. Il primo è stato quello di Antonio Dal Bosco, professore presso il dipartimento di agraria dell’Università di Perugia, che si occupa di qualità delle carni da animali domestici e fauna selvatica, il quale ha evidenziato la necessità di implementare nei progetti di Wildlife Economy la trattazione di tale tematica. Quindi, Franco Perco e Oliviero Olivieri (Parco Nazionale Monti Sibillini). Quest’ultimo ha affermato: “Sotto la direzione di Franco Perco, si prelevano 80 cinghiali al mese nel Parco dei Sibillini, incontrando enormi difficoltà per l’assenza di un centro raccolta-mattatoio dedicato alla selvaggina, il Ministero della salute frappone impedimenti burocratici. Esiste sinergia con l’assessore Cecchini ma a livello centrale si blocca tutto; sono un esperto di medicina veterinaria e so che non esistono insormontabili problemi normativi, eppure a metà febbraio il problema non è ancora risolto, quando doveva esserlo nell’ottobre. Sarebbe importante una pressione politica  umbra per facilitare l’iter a livello centrale. Lo stallo favorisce una situazione di illegalità”. Il direttore Perco è quindi  intervenuto confrontando i dati europei con la utilizzazione irrisoria che in Italia si fa della fauna selvatica, sottolineando l’opportunità dell’applicazione concreta della filosofia-progetto di Ragni. Ma è necessario un grande sforzo di pressione sociale per ottenere una nuova legge sulla caccia e la fauna vista la totale inadeguatezza della vigente normativa nazionale. “Quale legge ci serve per la caccia? Come integrare in questo progetto anche chi è già parte del mondo venatorio?”, ha domandato quindi Andrea Rancini, uno studente di agraria. A seguire, il presidente dell’associazione venatoria e ambientalista Urca, Giuliano Sorbaioli: “Un ostacolo potrebbe essere la poca informazione e la carenza normativa nella filiera della commercializzazione”. Il professor Adriano Ciani (Università degli Studi di Perugia, Agraria) ha affermato quindi che la Wildlife Economy è una prospettiva essenziale per il futuro: “Attraverso questo progetto si possono valorizzare le cosiddette aree marginali. Ma il problema è la banda larga, questa infrastruttura deve essere completata in Umbria”. L’architetto Enzo Coccia ha poi considerato: “La Wildlife Economy potrebbe contrastare anche lo spopolamento dei territori, delle aree marginali: questo modello costituisce un salto di qualità nella politica gestionale del territorio, verso la valorizzazione e sviluppo con un uso sostenibile”. E, ancora, Emanuele Bennati di Arcicaccia: “È un progetto visionario ma potrebbe far superare quegli steccati, conflitti sociali tra cacciatori, agricoltori e ambientalisti. Lo vedo attuabile anche da subito, creando sinergie”. Cristiano Spilinga, titolare di uno studio professionale naturalistico-ambientale (Hyla): “Noi già facciamo Wildlife Economy da quindici anni in tutti i filoni che non comprendono prelievo. Bisogna mettere a sistema quello che già esiste in Umbria”. Rolando Ramaccini, titolare di una società di restauro (Coobec), sulla Wildlife Economy, ha chiesto: “Perché non fare un progetto che coinvolga anche beni culturali oltre che ambiente?”.   Bernardino Ragni ha risposto: “Paesaggio, beni culturali e ambientali, vanno messi insieme in un progetto organico attorno alla Wildlife Economy. In Umbria c’è l’occasione che l’assessorato regionale di Fernanda Cecchini riunisce le deleghe di cultura, agricoltura e ambiente”. Antonella Quondam Girolamo, dirigente del Comune di Spoleto: “Il progetto Wildlife Economy è stato inserito nel nostro progetto Spoleto capitale italiana della cultura ed è stato valutato come innovativo e originale”. Paolo Vandone, CAI: “Giusto compromesso tra diversi punti di vista, la Wildlife Economy riesce a valorizzare il patrimonio naturalistico e culturale”. Infine, il geologo Giorgio Cerquiglini, sul tema delle aree marginali: “Vanno avviati progetti pilota in piccole aree in questa prima fase, per far capire che funziona”.

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