L’Italia ha detto si ad una nuova politica dei beni comuni: con lo straordinario risultato dei referendum i cittadini e le cittadine di questo paese hanno indicato la strada maestra della tutela delle risorse ambientali dalle logiche privatistiche del profitto. Il referendum ha parlato il linguaggio della democrazia a tutto campo: democrazia contro un governo avvitato sui poteri delle lobby e sulla risoluzione dei problemi giudiziari del suo premier, democrazia nel senso della partecipazione contro la crisi della rappresentanza, democrazia energetica perchè perseguire lo sviluppo delle fonti rinnovabili significa contemporaneamente tutelare l’ambiente e redistribuire ricchezza attraverso l’autoproduzione di energia, democrazia nella gestione del servizio idrico perchè l’acqua è di tutti e tutte.
Anche nel nostro territorio quindi la politica deve ascoltare la voce che viene dalla partecipazione democratica della maggioranza degli italiani e mettere subito in campo una nuova progettualità nel settore della gestione dei servizi pubblici. La strada imboccata era già quella giusta: nei 22 comuni dell’Ati3 infatti tali servizi sono gestiti da un’azienda, la Vus, la cui proprietà completamente pubblica è stata fin qui tutelata dalle giuste scelte degli anni scorsi.
Ora però non si può non vedere che ci è consegnata una rinnovata e ulteriore responsabilità: quella di accettare la sfida di rendere la nostra azienda pubblica competitiva in termini di efficienza, tutela delle risorse naturali, riduzione dei consumi e degli sprechi. Dobbiamo ora praticare l’innovazione, rimanere fermi non si può.
Per questa ragione chiediamo che venga immediatamente avviata una nuova fase per Vus, fatta di scelte politiche orientate dal solo obiettivo di diventare un esperienza d’eccellenza nel settore dei servizi pubblici.
Per fare questo bisognerà innanzitutto tutelare la proprietà pubblica di Vus: alcune ipotesi avanzate in questi mesi sulla privatizzazione del ramo commerciale della vendita del gas non ci convincono. Non capiamo infatti perchè vendere al privato quel ramo dell’azienda che più di altri produce profitti che possono essere utili per futuri investimenti. Per questo crediamo che i sindaci debbano pensare a strategie future, anche sul terreno finanziario, che percorrano altre strade.
In secondo luogo ci sentiamo in dovere di chiedere che anche la discussione sul futuro e probabile direttore della Vus parta con il piede giusto: è necessario trovare al più presto un dirigente con competenze tecniche tali da riportare la Vus sul binario dell’efficienza. Questo vuol dire per noi rinnovare l’invito che facemmo anche sulla scelta del presidente: la politica scelga guardando i curriculum e non le appartenenza politiche e territoriali.
Tale invito, che fu accolto soltanto in parte sul presidente, oggi ha un valore doppio: non possiamo infatti sottacere che la gestione di questi ultimi anni ha aggravato alcuni problemi che dovevano già essere chiari ai soci di maggioranza. In primis quelli della gestione dei rifiuti e dell’organizzazione del personale. Su entrambi questi fronti la sottovalutazione negli anni scorsi ci ha portato ad una situazione molto difficile: sul terreno dei rifiuti infatti il potenziamento della raccolta differenziata marcia ancora a velocità troppo lenta e con l’approvazione del nuovo piano d’ambito per Vus si porranno nuove sfide che l’azienda deve essere pronta a superare. Domiciliarizzazione dell’umido, raggiungimento del 65% di differenziata, aumento fino all’80% delle utenze servite, costruzione di nuovi impianti di trattamento per rendere possibile la chiusura del ciclo con ‘rifiuti zero’ sono una vera e propria tabella di marcia su cui non possiamo permetterci rallentamenti, anzi dobbiamo correre. Questo perchè di fronte alle amministrazioni di questo territorio c’è tutto intero il problema della futura chiusura della discarica di Sant’Orsola: sottovalutare questa realtà è un atto colpevole, visto l’aumento vertiginoso dei costi che sia la soluzione dello smaltimento nella discarica di Orvieto sia dell’incenerimento produrranno per i cittadini di questo territorio. E’ necessario infatti mettere subito in chiaro un dato tecnico e finanziario: la costruzione di un inceneritore in Umbria oltre ad essere un pericolo per la salute dei cittadini e un danno ambientale, rappresenta anche un inutile aggravio economico per i cittadini. Smaltire oggi un tonnellata di indifferenziato a Sant’Orsola costa infatti intorno alle 60 euro, ad Orvieto costerebbe circa 90 euro, nell’inceneritore almeno 100 euro a tonnellata: a che pro quindi spendere oltre 120 milioni di euro per la sua costruzione? Sarebbe meglio invece spendere questo denaro per la realizzazione di impianti che ci permettano di portare in discarica solamente 3/5% della frazione ultima residua. Si tratta di impianti di compostaggio (con l’ammodernamento di quello di Casone), di impianti per la stabilizzazione meccanica-biologica, di quelli sul modello di Vedelago o Capannori che consentano di differenziare e riutilizzare anche la frazione residua attraverso al produzione di plastiche, di nuove isole ecologiche e riciclerie che potrebbero anche produrre nuova occupazione del settore dell’usato.
Questo è il percorso più coerente per un territorio che aspira ad essere il cuore verde dell’Umbria e che punta su un nuovo sviluppo economico incentrato sulla green economy. Per farlo serve una Vus efficiente, capace di eliminare gli sprechi e le disfunzioni, in grado di ripensare un organizzazione del lavoro e del servizio che funzioni come un orologio svizzero. Per questa ragione esprimiamo molte perplessità su come l’attuale management ha affrontato la gestione delle risorse umane e del personale: continue frizioni con i sindacati, precariato che dura anni, concorsi che non hanno riconosciuto la competenze lavorative di chi l’azienda aveva già formato negli anni passati, una graduatoria che non risolve il problema dell’intero organico necessario, promozioni di personale impiegatizio non concordate con le rappresentanze sindacali, una valanga di straordinari per gli operatori. In buona sostanza una confusione che non giova al servizio dei cittadini, che anzi si ritrovano ad avere una raccolta dei rifiuti disordinata e non all’altezza degli obiettivi di decoro urbano e ecologia che dobbiamo darci.
Su tutto ciò è necessario che il più grande partito della coalizione, il Pd, che esprime tra l’altro un consiglio d’amministrazione monocolore e che ha determinato tutte le scelte degli ultimi anni, prenda posizioni chiare e metta in campo velocemente decisioni concrete conseguenti.
Aspettare e non far niente è in questo caso come produrre un danno sul futuro dei cittadini, oltre che togliere respiro alla giusta scelta fatta negli anni scorsi di mantenere in mano pubblica servizi fondamentali per la democrazia. Sinistra Ecologia e Libertà non è disponibile a rincorrere logiche emergenziali: il problema va risolto ora che è ancora possibile.