Categorie: Cronaca Umbria | Italia | Mondo

Vicenda Popspoleto/4, le “relazioni pericolose” di antonini e galli / Ecco chi voleva comprare Bps

Carlo Ceraso
Continua il viaggio nel mare di carte che compongono il puzzle con cui la Procura della repubblica di Spoleto e la Guardia di finanza hanno ‘svelato’ la malagestio condotta dai vertici della PopSpoleto, l’istituto commissariato sei mesi fa da Bankitalia, per la quale sono indagate 34 persone fra amministratori e funzionari di banca da una parte, titolari di imprese dall’altra.

Le intercettazioni: Antonini fra soldi, casinò e politica / “Gli spicci e i crostini”

Le intercettazioni: “le teste di cazzo e gli ometti rompicoglioni” / Antonini “se a pio a strozzo”

Non bastasse a completare il quadro è la Relazione di palazzo Koch che ha bocciato il management e il board della Spoleto

Bankitalia “Troppi poteri, antiriciclaggio svilito” / Ecco la Relazione

E’ proprio sfogliando il voluminoso carteggio degli ispettori di via Nazionale che si scoprono alcune ‘relazioni pericolose’ che Antonini e il suo entourage, a cominciare dal fedelissimo Leodino Galli, avevano avviato da tempo con personaggi ‘discutibili’, di alcuni dei quali Tuttoggi.info aveva anche scritto in passato.

IL SERBO D’ORO – qualcuno ricorda, ad esempio, l’investitore serbo, presumibilmente gestore dei fondi dell’ex dittatore Slobodan Milosevic (morto sette anni fa) che era sbarcato a Spoleto nell’autunno del 2012? La notizia, in quel caso anticipata da Simone Filippetti del Sole 24 Ore e che portò Bps a minacciare una querela (tanto per cambiare) nei confronti del giornale economico, trova oggi più di un fondamento. Anche se, vale precisarlo, la Procura non avrebbe in tal senso aperto alcun fascicolo.
Il fantomatico investitore slavo altri non sarebbe che Zoran V. Markovic del TSI Group. Lo scorso settembre arriva a piazza Pianciani accompagnato dal consigliere Scs Leodino Galli e dallo spoletino Francesco M. (operaio presso un oleificio della zona ma che arrotonda lo stipendio fornendo “non meglio precisati servizi di sicurezza”; anche Bps si avvale di lui visto che il dg Tuccari, a fine 2011, gli accorderà un corrispettivo di 12mila euro).
Che si tratti di quel “Markovic Zoran Direttore esecutivo, Beogradska Banka” che compare nella “lista degli indesiderabili della Repubblica federale di Jugoslavia” stilata dall’Unione Europa a fine 1999 quale “persona vicina al regime che sostiene con le proprie attività il (criminale, n.d.r.) Milosevic”? Difficile dirlo. Ma procediamo con ordine.
La notizia di quella “strana” presenza in Banca arriva fino a Milano e l’articolo del Sole 24 Ore (18 settembre 2012) crea un terremoto in Bps che già “soffre” da quasi due mesi il “ritorno” degli ispettori di Bankit che probabilmente sono stati tenuti all’oscuro dell’incontro. L’articolo, a leggere una relazione interna, convince il direttore della finanza Bps a informare lo stesso giorno l’ufficio antiriciclaggio, che chiede spiegazioni in merito. Si scopre così che Markovic intende “depositare presso Bps uno o più bond al portatore per un importo di 100milioni di euro”.
Il primo incontro risale al 7 settembre 2012 quando nella sede centrale si presentano Galli, il serbo e il rappresentante di un gruppo edile interessato a rilevare il progetto di Villa Palma a Terni. Detta così sembra quasi una barzelletta, di quelle tipo ‘in un aereo c’è un italiano, un inglese e un tedesco…’.
Il direttore della filiale rifiuta però di aprire qualunque rapporto “volendo dapprima acquisire i documenti”. Nuovo appuntamento il 10 settembre, stavolta alla presenza del vice dg Conticini. Nel frattempo il sempreverde Leodino Galli (74 anni, già alla guida della holding Scs, tornato in sella con il blitz dell’assemblea del dicembre 2011) si lamenta “con Conticini per la lentezza delle analisi e ottiene un nuovo incontro”. Il nuovo appuntamento è per il 13 settembre, presenti anche il vicepresidente Bps Michelangelo Zuccari e un interprete al seguito del serbo.
E’ durante questo colloquio che Markovic mostra un bond al portatore, convinto di far meglio presa sul vice d.g.: peccato però che la verifica alla banca dati di Bloomberg non dia l’esito sperato. Insomma quel bond al portatore si rivela una patacca. Tanto basta a Conticini per informare Galli che non sarà aperto alcun tipo di rapporto con la società serba.
Resta però da capire come mai tanto interesse (e tante sollecitazioni) sia di Galli, sia dello spy-operaio Francesco M. che nei giorni precedenti, durante un incontro in banca, avrebbe addirittura osannato le grandi disponibilità finanziarie del “Gruppo TSI (costituite tra l’altro da bond al portatore per centinaia di milioni di euro e di grandi quantità di oro fisico indicate in cento tonnellate)” e sollecitato più volte il buon esito della pratica.
Gli accertamenti sulla TSI Group avrebbero fatto emergere che del gruppo fa parte anche la TS-Tristar Imperial Credit Institute, “compagnia privata nata nel 2008, registrata per il brokeraggio offshore che è stata incorporata in una società internazionale delle Isole Comore”. Peraltro il nome di quest’ultima società compare in un warning diffuso da Consob nel 2011 con cui si rendeva noto che la Vigilanza cipriota aveva segnalato che la stessa offriva servizi di investimento e accessori senza autorizzazione.
Possibile che i due spoletini non sapessero chi stavano presentando ai manager Bps? E non avessero informato l’ex padre-padrone Antonini dei loro movimenti? Se alla prima domanda non c’è risposta certa (anche se sarebbe bastato fare una ricerca su internet come ha fatto Tuttoggi.info), alla seconda la risposta è senz’altro affermativa. Infatti nel dossier preparato dalla Vigilanza figurano tre mail del 10 agosto, 13 agosto e 1 settembre fra l’investitore serbo, altri soggetti e Giovannino Antonini “riguardanti anche possibili interventi sul capitale della banca da parte dello stesso TSI Group” (Aggiornamento del 11 set.: la presa di posizione dell'avvocato Zigic per conto della Tsi e di Markovic).
Di scarso interesse invece per gli uffici ispettivi la figura di Francesco M., che si era accreditato alla ‘Spoleto’ quale “consulente per la sicurezza e analista di intelligence capace di interfacciarsi con l’organigramma societario in modo da garantire il pieno raggiungimento degli obiettivi di business” valendosi della professionalità “acquisita presso strutture ed ambienti preposti alla sicurezza nazionale”. Dio solo sa come faccia, con un curriculum degno di James Bond, a fare l’operaio. Comunque, ambienti delle forze dell’ordine locali, sentiti da Tuttoggi.info, si limitano a dire di ‘conoscere il personaggio che non vanta alcun credito presso le stesse’ (Aggiornamento: l'intervista a “Francesco M.”: “informai l’Aisi del serbo, pronto a riferire al Procuratore”).

LA VENDITA DI MPS – Antonini non aveva neanche atteso che Mps disdettasse i patti parasociali (avvenuta nell’agosto 2012). Da tempo infatti si era mosso sul mercato alla ricerca di un acquirente – anche utilizzando una commercialista spoletina con la quale aveva raggiunto un accordo alquanto ‘discutibile’, sotto l’aspetto contrattuale, a detta di chi ha visionato il documento – forse per togliersi di torno i 'montepaschini' che spesso si opponevano alla linea del board Bps.
Qualche trattativa, a leggere le carte dell’inchiesta, affiora solo nell’autunno del 2012, quando l’ex dominus annuncia nientepopodimenoche a Bloomberg di avere in tasca almeno 7-8 offerte (qui).
La verità, la si scopre oggi, è un’altra: di offerte ce ne sono solo 5, due delle quali risultano delle ‘patacche’, stile Totò e Peppino per la vendita della Fontana di Trevi.
Le proposte non arrivano dalla società incaricata di cercare un acquirente in grado di rilevare la quota Mps, ma direttamente al board della holding di piazza Pianciani. La successiva analisi lascia ben poche speranze. Leggiamo il relativo documento e le 5 società interessate ad entrare nel capitale della Spoleto:

ITI – è una cordata rumeno-croata-russa rappresentata da un avvocato svizzero (tale Horne, che si interfaccia via internet con Antonini). Il prezzo di acquisto è spropositato, ben 230 milioni (più del doppio della quota nominale prevista per Rocca Salimbeni). L’indagine sulla cordata risulta devastante: Iti è una società di Bucarest messa già in liquidazione dalle autorità romene; il firmatario della proposta, tale Bojanic, non risulta essere il presidente di Iti e sembra per di più sconosciuto al mondo della finanza di Bucarest nonostante dichiari la proprietà di una ventina di aziende nei Balcani con total assets di 20 miliardi di euro (mica bruscolini). Del consorzio fa parte (apparentemente) anche la croata Fexon, accreditata con lettera ufficiale della Privredna Banka firmata dal consigliere Holjevac. Ma anche su questa arriva la doccia gelata: Fexon non risulta cliente della Privredna e Holjevac non fa più parte del Cda da almeno 5 anni. Le autorità croate per di più confermano che non è la prima volta di tentativi di truffa con false lettere che utilizzano la firma del sig. Holjevac. Ciliegina sulla torta il legale ticinese (Horne), totalmente sconosciuto all’Ordine degli avvocati. Delle due l’una: o abusa del titolo di avvocato o opera in un ambito territoriale diverso da quello millantato. E siamo alla prima !

RESONOR – è una società con sede in Lussemburgo. Almeno così fa intendere chi firma la proposta di interesse sulla quale non viene fatto alcun prezzo di acquisto. La successiva indagine conferma la seconda ‘patacca’: il numero del Registro Imprese indicato nella lettera non corrisponde alla Resonor lussemburghese ma a una società italiana facente capo a un palermitano, già titolare di una società italiana fallita. E fanno due !

PENTIUM – la documentazione inviata per mail, tramite più intermediari, si limita ad ottenere il “via libera prospettare alla potenziale controparte l’opportunità’. Insomma si è ad uno stadio talmente embrionale da non considerare i documenti come una manifestazione di interesse. E con questa siamo a tre !
NETOIL – opera a Dubai in prevalenza nel settore petrolifero (ha ceduto ai libici la Tamaoil) ma con interessi nel mondo della finanza (ha acquistato e poi rivenduto una banca libanese nel contesto di una grave crisi finanziaria). L’idea che i consulenti si fanno è che i soggetti siano “piuttosto aggressivi, con profilo poco istituzionale” e propongono così di approfondire la verifica. E fa quasi quattro !

FT CAPITAL PARTNERS – la quinta è l’unica proposta ritenuta dai consulenti “meritevole di approfondimento”. D’altra parte la società è seria, conosciuta dentro e fuori i confini italiani. L’offerta prevede un prestito di 73 milioni di euro di durata triennale e con ammortamento francese. La società inoltre è disponibile a concedere il finanziamento (convertibile) “in funzione della prospettiva di acquisire, in ottica non troppo differita, una partecipazione all’equity di Bps e nella prospettiva di una ravvicinata concentrazione con altre banche dell’Italia centrale”.

La società incaricata conclude il rapporto invitando Scs ad intraprendere iniziative “quanto meno in termini di informativa alla Vigilanza e/o alla Autorità giudiziaria competente” in ordine a quelle proposte che presentano “evidenti fattispecie di falso e dichiarazioni mentitorie”. Azioni che, a quanto risulta, Antonini & Co. non avrebbero invece intrapreso. Forse perché cosi facendo l’ex dominus avrebbe magari potuto sempre sbandierare ‘cinque offerte’ e tenere buono il suo ‘popolo’.
Continua/4 – domani, lunedì alle 22.30
© Riproduzione riservata

(in collaborazione con il Giornale dell’Umbria, domani in edicola)

Ultimo aggiornamento mercoledì 11 settembre, h. 23.57