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Verso le elezioni, simboli da ostentare o da nascondere | L’ultimo sondaggio

Sono lontani i tempi del Nazareno, quando l’allora segretario del Partito democratico e irresistibile (così appariva allora) astro nascente della sinistra riformista italiana ed europea, Matteo Renzi, aveva invitato il fondatore e leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Individuato come l’avversario insieme al quale riscrivere le regole per una nuova Italia. La smania riformista del primo ed i guai familiar-giudiziari del secondo (ma soprattutto l’approccio fatale da ‘Uomini della provvidenza’ che li ha accomunati) li ha relegati, almeno per ora, ai margini della politica italiana, dove scorrazzano le camice verdi di Matteo Salvini e le truppe, per la verità un po’ disordinate, dello scugnizzo pentastellato Luigi Di Maio. Una crisi, quella di Renzi e Berlusconi e dei rispettivi partiti, certificata un anno fa dalla catastrofe elettorale.

Da cui Berlusconi pensa di risollevarsi annunciando la sua candidatura alle Europee, dopo la cattività elettorale imposta dalla legge Severino. Mentre Renzi attende, apparentemente da spettatore interessato ma non troppo, l’esito del percorso che porterà alla scelta del nuovo segretario del Partito democratico.

Entrambi, in questi mesi, hanno meditato sul modo per garantirsi rivincita (e vendette), contando sull’implosione del Governo gialloverde minato dalle basse temperature con cui si è attuata la fusione a freddo tra Lega e M5s attraverso il Contratto di governo. E lo spartiacque di questa strana fase della politica italiana viene individuato nelle elezioni europee del 26 maggio, che coincideranno con il voto amministrativo in molte città importanti (in Umbria, su tutte, quelle per il capoluogo Perugia).

La strategia azzurra

Berlusconi è convinto che il Governo non reggerà alle pressioni delle urne: per il risultato o forse, ancora prima, perché la Lega, in ascesa nei sondaggi, vorrà smarcarsi prima del voto da un alleato non omogeneo al suo pensiero. Lo ha detto nelle cene a Palazzo Grazioli a cui, a rotazione, ha invitato le delegazioni dei vertici regionali del suo partito. Compresa l’Umbria, dove l’esperienza di Romizi, che da più di quattro anni governa a Perugia con una ‘strana’ coalizione, conferma agli occhi dell’ex Cav che nuova linfa per Forza Italia può arrivare dai movimenti civici.

Del resto, lo ha annunciato a Perugia anche il numero due del partito, Antonio Tajani, riunendo gli stati generali di Forza Italia: il partito manterrà il nome e il simbolo, ma “qualcosa cambierà“, anche visivamente. Oltre che, naturalmente, nei protagonisti. “Perché di Berlusconi ce n’è uno solo” ha ribadito Tajani. Tradotto: chi vuole contare in Forza Italia, ad ogni livello, dovrà dimostrare di poter portare realmente acqua al mulino della causa comune. E intanto, mentre in alcune città anche umbre si apre il dibattito sull’opportunità della presenza del simbolo di Forza Italia sulla scheda elettorale, Tajani annuncia che già per le europee (e quindi, presumibilmente, anche per le amministrative) saranno candidati molti personaggi della cosiddetta società civile.

Quelle tentazioni nel Pd

Quella società civile a cui ha annunciato di volersi aprire anche il Pd, a più livelli, dopo la disfatta del 4 marzo 2018. Questo era stato anche l’annuncio della governatrice Catiuscia Marini, che aveva fatto prefigurare anche a Palazzo Donini (“non è un tabù“, disse) per l’ultimo scampolo di legislatura regionale. Ad un anno di distanza, e con le grandi manovre per il 2020 già iniziate, la Giunta regionale è rimasta immutata. Anche perché, in attesa di trovare consensi tra la società civile, il Pd, da queste parti, ha ritenuto più utile ricucire con i suoi pochi alleati, a cominciare dai socialisti, come con l’operazione che ha portato il sindaco di Città di Castello, Luciano Bacchetta, alla guida della Provincia di Perugia. O la coalizione che, pur col balletto dei distinguo autonomisti, ha radunato tutto il centrosinistra (ad esclusione degli irriducibili della sinistra-sinistra) intorno al giornalista Giuliano Giubilei nel tentativo di riprendersi Palazzo dei Priori.

E mentre a livello nazionale non è del tutto fugato il sospetto che Renzi possa dar vita ad un suo partito, a seconda dell’esito della corsa per la segreteria Pd, anche in Umbria c’è chi ritiene che sia tatticamente preferibile non mettere in primo piano (o addirittura lasciare nel cassetto) un simbolo che non sembra suscitare entusiasmi e soprattutto portare voti. Facile nei piccoli Comuni, dove ci si può rifugiare nelle liste civiche. Un po’ più complesso in città come Perugia, dove Giubilei, in queste settimane di discesa in campo ufficiale, continua a dire di non essere il candidato del Pd, nonostante le smanie di vari esponenti dem di rivendicare il proprio imprimatur all’investitura.

Il listone europeista

Ma la ‘soluzione’ arriva ancora una volta dal livello nazionale, dove l’ex ministro Carlo Calenda (montiano rimasto senza casa e passato al Pd all’indomani della disfatta alle politiche) ha lanciato il Manifesto per la costituzione della lista unica europeista, firmato da esponenti dei partiti del centrosinistra e, immancabilmente, della società civile. Proposta che ha aperto il dibattito anche in Umbria. Per alcuni, si tratta solo di un tentativo di mascherare il Pd per limitare i danni. Per altri invece, è l’opportuno richiamo alla costituzione di un fronte contro il sovranismo ed il populismo, la nuova divisione della politica italiana ed europea che ha soppiantato i vecchi concetti di destra e sinistra.

In Umbria, il primo esponente politico a firmare il Manifesto di Calenda è stata la governatrice Catiuscia Marini, da sempre convinta europeista, già europarlamentare europea ed attuale presidente del Gruppo Pse al Comitato delle Regioni d’Europa. Marini ha anche aderito all’appello lanciato da Romano Prodi attraverso le colonne de Il Messaggero, per esporre il 21 marzo le bandiere europee alle finestre. “Il richiamo di Prodi al Santo di Norcia  – scrive la presidente nella lettera aperta indirizzata al direttore de Il Messaggero – ricorda la grande opera che, prendendo avvio dalla Regola benedettina e attraverso l’impegno missionario dei tanti monaci, contribuì a fondare la moderna Europa, costruendo città, bonificando interi territori e salvaguardando antichissimi patrimoni culturali, mettendo al centro i valori universali della pace, del lavoro e della cultura. Sono i valori che ancora oggi (anzi, soprattutto oggi) dovrebbero spingerci ad operare per rifondare una Europa che non sia unita soltanto dalla finanza, ma che rappresenti una speranza di futuro per le nostre generazioni e per i nostri giovani. Ed allora anche un gesto simbolico, come quello della bandiera, può rappresentare la voglia di affermare una comune identità e un comune progetto, e risvegliare sensibilità che sembrano scomparse di fronte alle minacce, alle paure, alle divisioni provocate da egoismi e convenienze che, come si dice sempre, preferiscono innalzare muri piuttosto che cercare il dialogo e l’incontro con gli altri“.

Marini conclude poi così il suo messaggio: “Dobbiamo recuperare il senso di comunità che abbiamo perduto, dobbiamo certamente tornare a “scaldare i nostri cuori”, come scrive Prodi, ed appassionarci ad un impegno civile e politico che ci aiuti a ricostruire quello che abbiamo contribuito a distruggere. Modificando quello che non funziona e valorizzando quel tanto di positivo che si è fatto. In epoche diverse, due rivoluzionari come Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi ci sono riusciti ed hanno rimesso in piedi quelle società disgregate dei propri tempi. Ripartiamo da loro, l’Umbria è orgogliosa di questo ed il 21 marzo ci saranno senz’altro le bandiere dell’Europa sui nostri balconi, ma, anche attraverso la Giornata della Bandiera dell’Europa, facciamo capire a tutti che oltre al nostro impegno, che c’è e ci sarà sempre, per raggiungere questi obiettivi c’è bisogno dell’impegno di tutti“.

I simboli di Salvini

Chi non nasconde i propri vessilli, ma anzi li ostenta, è Matteo Salvini, che secondo i sondaggi sta portando la sua Lega (che ha opportunamente tolto dal nome la parola “Nord” per ampliare il territorio di caccia) sopra il 35%. Insomma, se ‘Quota 100’ dovesse partire senza intoppi, da qui a maggio la Lega potrebbe arrivare intorno a quel 40% dove gli 80 euro fecero volare il Pd di Renzi. Del resto, è diventato un simbolo lo stesso Matteo Salvini, nuovo guru del marketing politico, che finita la collezione di felpe si sta facendo prestare divise a tema per ogni visita in giro per l’Italia.

Gli ultimi sondaggi

L’ultimo sondaggio a cura di Pagnoncelli dà la Lega al 35,8%, mentre il Movimento 5 stelle è sceso ancora, al 25,4%, in attesa dei possibili benefici in termini di consensi che potranno arrivare dalla partenza dell’atteso reddito di cittadinanza. Il Partito democratico è dato intorno al 17,3% mentre Forza Italia fatica a rialzarsi, con un 7% stimato nonostante l’annuncio della nuova discesa in campo di Silvio Berlusconi.

Fibrillazioni nel centrodestra umbro

Salvini sta galvanizzando anche gli amministratori umbri e gli esponenti locali del suo partito. Anche se questo slancio sta segnando un pericoloso solco col resto della coalizione di centrodestra insieme alla quale dovrà tentare l’assalto ai Comuni più grandi il prossimo maggio ed a Palazzo Donini nel 2020. Ma alcuni segnali sembrano andare in tutt’altra direzione rispetto all’ipotesi di una pacifica unità d’azione. Perché i leghisti hanno troppa smania di far contare l’improvviso peso, mentre gli altri esponenti del centrodestra fanno fatica ad arretrare dalle posizioni conquistate negli anni passati. Si veda il caso di Bastia Umbra dove, dopo settimane di confronto fra i partiti che sostengono il sindaco Ansideri e la Lega, è stata annunciata da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Ansideri Sindaco e Bastia Popolare la candidatura dell’assessore Paola Lungarotti.

Anche nella scelta delle liste per le elezioni provinciali non tutto è filato liscio. Con gli esponenti del centrosinistra per una volta allineati e coperti, stavolta le fibrillazioni sono state tutte nel centrodestra. Anche se a puntare i piedi, in questo caso, non è stata solo la Lega. C’è infatti il problema dei movimenti civici, che Forza Italia, secondo il disegno di Berlusconi, vorrebbero rendere a sé organici. Ma sempre Forza Italia si trova a dover disinnescare la grana Pietro Laffranco, il grande escluso dalle politiche, che non ha interrotto i contatti con gli amici ai tempi di An (e ora in Fratelli d’Italia) ed è tentato dal portare alle regionali un ‘progetto’ civico.

Torpore a 5 stelle

Restano aggrappati alle loro 5 stelle i grillini. Molti dei quali, seguaci di Beppe Grillo non lo sono più da tempo. Il divario con l’alleato scomodo leghista cresce, ma la partenza del reddito di cittadinanza potrebbe avere un effetto benefico sui consensi, magari amplificato da scivoloni come quelli dell’ex ministro dem Maria Elena Boschi.

Nella partita per le Province, visto il sistema elettorale che rende il voto un affare interno alla politica ‘disegnata’ negli anni passati, i pentastellati sono esclusi. E rischiano di esserlo anche alla prossima tornata amministrativa, se in Umbria non compiono un deciso cambio di passo.