Politica

Verini: “Io segretario per aprire porte e finestre nel Pd”

Ce lo vedete voi uno come Walter Verini sparare a zero sugli avversari per la corsa alla segreteria del Pd? No, ovviamente. Per com’è il personaggio Verini. E per quella candidatura inizialmente nata con l’idea della necessità di avere un traghettatore che ponesse fine alla guerra per bande nel partito, prima del “compromesso storico” Bocci-Marini.


Il nuovo Pd riparte da Bocci (e Marini)


E allora, Verini ha parole amichevoli verso gli altri che saranno della contesa. Il giovane Pensi, incoraggiato a correre per la segreteria. E l’esperto Bocci, di cui loda il lavoro come sottosegretario (“se Candiani facesse per l’Umbria un decimo di quello che ha fatto lui…“). Ma, ovviamente, con dei distinguo, che giustificano la sua discesa, anzi la permanenza, in campo. Perché il ticket Pensi-Meloni è già stato “protagonista” nella gestione del partito (i due erano nella segreteria Leonelli). E perché la candidatura di Bocci è frutto di un accordo tra correnti, non del loro superamento. Quel “correntismo” che a suo giudizio ha ingessato il partito. “E la gente non capisce“, prosegue Verini, ricordando come fino a qualche tempo fa ci si è accapigliati sulle nomine. Ecco perché in caso di vittoria annuncia di voler “spalancare porte e finestre” nel Pd, malato di “corsovannuccismo“, ormai non più “l’acquario” della politica regionale. E di “smantalleare il correntismo“, non le correnti, che fanno parte della normale dialettica in un partito.

Anche perché chi lo sostiene in questa corsa per la segreteria umbra magari non la pensa come lui sulla guida nazionale del partito. Chi è in sala (gli ex parlamentari poi esclusi dalle liste a marzo, Valeria Cardinali e Carlo Emanuele Trappolino, il consigliere comunale perugino Tommaso Bori ed il presidente dell’Arci Calzini) annuisce. Così come sottoscrivono i 120 big del partito (tra loro c’è anche Marina Sereni), oltre a 15 sindaci,  che lo hanno convinto a non ritirare la propria candidatura.


Segreteria Pd, Verini non si tira indietro


Anche se poi, e qui torna alla pax veltroniana, Verini auspica che il congresso non sia una conta. Insomma, non un “nominificio“, ma un momento programmatico da cui far uscire l’idea del partito che si vuole costruire (o meglio, ricostruire) in Umbria.

Verini manifesta stima nei confronti degli altri due contendenti, ma mette le cose in chiaro. “Ho esperienza, ma politicamente mi sento più fresco di alcuni ventenni” dice ad uno. E, evidentemente, all’altro: “Chi dirigerà il partito dovrà essere un arbitro, tirarsi fuori dalla corsa delle regionali 2020“.


“Il centrosinistra unito vince”, ma dai sondaggi arriva la doccia fredda


Insomma, chi arriverà alla segreteria Pd non dovrà usarla come trampolino di lancio per approdare ad un posto al sole.