In occasione del venerdì santo a Norcia rivive la suggestica processione del Cristo Moro lungo le mura della città. La storia
I riti del Venerdì Santo a Norcia coniugano misticismo, spiritualità, cultura e tradizione. Per entrare in questa atmosfera, domani (27 marzo 2024) le iniziative in programma prenderanno il via alle 15,30 presso la piazzetta del Monastero di Sant’Antonio, quartiere Capolaterra, con la Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo de il ‘Pianto della Madonna’ di Jacopone da Todi a cura del GAD, Compagnia Teatrale Alberto e Anna Ferrari di Norcia.
Alle 21 circa partirà la Processione del Cristo Morto, sempre da Capolaterra, che si snoda in un percorso lungo la cinta muraria nursina, con il perimetro che ‘disegna’ un cuore, reso ancor più suggestivo ed emozionante dalla cadenza ritmica dei tamburi, dello strisciare delle catene, canti laconici; tutto illuminato solo da torce.
Una tradizione suggestiva lunga 40 anni
A Norcia la Processione del Cristo Morto ha origine oltre quarant’anni fa, all’indomani del sisma del 1979, quando era pressoché scomparsa tra le manifestazioni di devozione. Fu un parroco dell’epoca, don Luigi Monaldi, a chiedere alla nursina Anna Bianconi Ferrari, nota nell’ambito della attività teatrali cittadine, di aiutarlo a ravvivare una tradizione antica nei secoli che rischiava di perdersi e con essa anche la devozione popolare. A portare avanti questa tradizione oggi è il figlio della signora Anna, Francesco Ferrari.
“Mia madre – racconta – ideò e realizzò una nuovo e spettacolare evento di fede interessando le mura urbiche nursine che erano l’unico spazio dove un lungo corteo potesse incamminarsi data la grande quantità di puntellazioni e di gru che nel 1981, (quindi dopo gli eventi sismici del 1979 n.d.r.) avevano invaso il nostro centro storico. La Processione rinacque dunque cosi, in una forma inedita e molto spettacolare, esteticamente unica, divenendo nel tempo molto nota”.
Processione del venerdì santo, un rito collettivo
“Grazie all’intuizione narrativa e registica di mia madre, essa si dipanava – e si svolge ancora in modo identico alla sua mirabile ideazione ormai da 40 anni – lungo l’antica circonvallazione delle mura di una Norcia ferita come lo e’ anche oggi, facendo quindi di necessità virtù. La sua forma, un corteo che lambisce luoghi deputati allestiti su palchi artificiali o cumuli naturali – prosegue – ha la particolarità di essere un cammino che, oltre a mostrare i figuranti della Passione, conduce gli intervenuti a contemplare dei quadri viventi con personaggi immobili che rappresentano alcuni episodi della Passione di Cristo, debolmente illuminati da fiaccole, sollecitando un atteggiamento di contemplazione silente di privilegiati istanti, come bloccati nel tempo, della sofferenza finale di Cristo.
Una Processione che compie un cerchio attorno ad una città a forma di cuore e si conclude nel quartiere popolare di Capolaterra – continua – dove essa ha sempre avuto origine storicamente, è uno dei momenti più importanti per l’identità di Norcia, soprattutto oggi dopo il rovinoso sisma del 2016, e per la mia personale. Ereditando questo compito devozionale dalla cristianità sincera di mia madre, contribuendo ogni anno a realizzare l’allestimento e la regia di un evento cosi importante per Norcia, continuo a far parte di un rito collettivo come questo da organizzatore e regista, ma soprattutto, per confrontarmi ogni volta, come tornando indietro di duemila anni io stesso la sera del Venerdì Santo in una Norcia trasfigurata in una Gerusalemme, coi sacri misteri di un credo meraviglioso e tremendo di un Dio che sceglie la morte per noi” conclude Ferrari.