Sara Minciaroni
La proposta di legge sull’uso terapeutico della Cannabis e dei suoi derivati non è ancora stata presentata e già volano le polemiche anche per il solo fatto che sul manifesto dell’iniziativa per la presentazione della proposta ci fosse il logo della Regione Umbria. Iniziativa che si è tenuta questo pomeriggio su impulso del capogruppo del Prc Damiano Stufara (che presenterà la proposta) e alla quale hanno preso parte il presidente della commissione ragionale sanità Massimo Buconi, Stefano Balbo Vicepresidente dell’associazione Cannabis terapeutica, Gianpaolo Grassi ricercatore, Alberto Sciolari Vicepresidente dell’associazione pazienti cannabis e Tommaso Ciacca primario di anestesia dell’ospedale di Orvieto. Presente all’iniziativa anche Marco Gelmini candidato capolista al Senato per Rivoluzione Civile.
Accesso alla cura, un progresso in termini di civiltà. “Noi vogliamo garantire ai cittadini il diritto di cura – ha spiegato Stufara- la scienza ci dice che molteplici patologie potrebbero richiedere l'uso di farmaci che contengono i principi attivi della Cannabis e dei Cannabinoidi. Anche in altre regioni come il Friuli Venezia Giulia e Veneto, ma anche in Liguria e Toscana si sono messi in moto dei processi politici che hanno portato all'approvazione delle leggi per garantire ai malati l’accesso a questa possibilità terapeutica”. Anche se in alcuni casi (appunto Veneto e Liguria) i provvedimenti sono stati impugnati e adesso si dovrà attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale. L'auspicio dei relatori è che possa esserci un fronte laico con il quale ragionare sulla materia andando al di là dell'approccio proibizionista. “Vorremmo raggiungere anche in Umbria un risultato che porti ad un progresso in termini di civiltà”.
La testimonianza dei malati. Parla Alberto uno dei pazienti che con la Cannabis si cura da anni “Sono poco meno di 200 i malati che attualmente in Italia sono curati con terapie a base di Cannabis. La cultura dell'uso erboristico e medico di questa pianta è stato del tutto ripudiato dalla nostra cultura, se pur non esistano casi di morte in seguito al suo uso oppure di effetti collaterali gravi. Per questo l'informazione manca del tutto, nessun paziente riesce ad accederci legalmente o quasi. Il principale motivo è l'approccio etico e politico, perché pur essendo un diritto di fatto già accessibile, manca appunto che le Regioni, visto che i farmaci per legge nazionale sono già disponibili, e le strutture sanitarie diano gli strumenti affinché questa possibilità non venga limitata. Ci vorrà oltre alla legge anche un regolamento attuativo in grado di spronare il servizio sanitario a superare questi pregiudizi ideologici”. Lo scontro è tra chi vorrebbe limitare l’uso di questi farmaci a pochissimi casi e chi invece ritiene che la scelta debba essere a discrezione del medico curante. “Le patologie nelle quali si avrebbe beneficio sono moltissime”.
Elisa si cura da anni e spiega l’aspetto economico. “Le medicine tradizionali dalle quali non ho mai tratto grande beneficio costavano 38 euro al giorno, con la Cannabis la mia cura giornaliera costa 4 euro e sto meglio. Non credo che un paese possa ostacolare questo diritto dei malati, perché i benefici sono molti in diverse patologie, dalla terapia contro il cancro alla sclerosi multipla, fino al glaucoma all’emicrania e ai dolori mestruali. Mancano medici informati e canali istituzionali su cui documentarsi. Non è possibile che i malati debbano affidarsi ai blog”.
Giampaolo Grassi ricercatore. Svolge ricerche su questa pianta dal 1994 è autorizzato dal Ministero della Salute a coltivarla e detenerla. “Nasce come pianta ad uso tessile nel nostro territorio – ha spiegato – ma noti da millenni sono anche i benefici ad uso medico. Il nostro centro ha pensato di realizzare dei prodotti, piante e varietà , e tecnologie per produrla nei modi previsti dalle normative europee. Un prodotto standardizzato corrispondente a caratteristiche precise e stabili. Perché se da domani i mercato si dovesse aprire a questa prospettiva diventerebbe necessario avviare queste attività produttive. Ora arriva solo dall'estero con dei prezzi molto sostenuti”.
La polemica sull’evento. “Perugia, com’è noto, detiene il record europeo di morti per overdose, e la sua immagine e la sua vivibilità sono da tempo deturpate dalla gravità dei problemi connessi all’uso di sostanze stupefacenti. Da una città che soffre più di altre per il problema della tossicodipendenza – lo ha detto Pietro Laffranco capolista del Pdl alla Camera – non possono venire messaggi indulgenti o addirittura benevoli, con subdole distinzioni tra droghe pesanti e droghe leggere. Un convegno sui presunti benefici terapeutici della cannabis certo non serve a fare dell’Umbria una regione ‘più civile’ come sostiene Rifondazione Comunista. L’unico messaggio da dare ai nostri giovani (e non solo) – ha concluso Laffranco – è un ‘no’ alto e forte contro tutte le droghe. Allora sì ne guadagneremo in civiltà e in vivibilità”.
Logo si, logo no. “Il presidente e l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale dell' Umbria non hanno mai autorizzato l'uso del logo del Consiglio medesimo per iniziative promosse da partiti o gruppi politici”. Lo ribadisce, in una nota, il presidente del Consiglio regionale, Eros Brega a seguito della presenza del logo della Regione nelle insegne di un convegno organizzato da Rifondazione comunista sulla cannabis terapeutica. Brega rimarca come “l'utilizzo dei segni distintivi della Regione è disciplinato dalla legge regionale n. '5/2004' e dalla relativa disciplina attuativa, in virtù della quale l'uso del logo della Regione è consentito solo agli organi istituzionali, cioè alla Giunta e al Consiglio regionale e ai relativi presidenti”.