Categorie: Cronaca Spoleto

Uranio impoverito, indagini a Spoleto e Nettuno. Sindacato preoccupato “ci dissero che erano armi ‘sicure’”

Sono preoccupati i sindacati dello stabilimento militare del munizionamento terrestre di Baiano di Spoleto dopo l’accelerazione data all’inchiesta avviata dal procuratore capo di Lanusei, Domenico Fiordalisi, che sulla vicenda delle armi all’uranio impoverito ha chiesto l’acqusizione di documenti un pò in tutat Italia. Non solo nei poligoni di tiro di Perdasdefogu e Decimannu, ma anche all’Ufficio Tecnico Territoriale di Nettuno (in provincia di Roma) e allo Smmt di Baiano (ente non più di Forza Armata ma sotto il controllo dell’Agenzia Industrie Difesa).
La Difesa ha sempre smentito di aver utilizzato armi all’uranio impoverito, fatto è che l’innalzamento di casi di leucemia fra gli abitanti che risiedono nei pressi del poligono di Salto di Quirra e una dettagliata relazione della competente Asl ha dato un nuovo impulso all’inchiesta che era stata avviata anni orsono.
Se Fiordalisi vuole capire se l’Italia ha avuto a disposizione tali tipi di armamenti ed eventualmente come sono stati stoccati ed impiegati, i sindacati dell’ente umbro pretendono ora di sapere se il personale tecnico civile ne è venuto a ‘contatto’, al punto da averli addirittura lavorati.
Nel 2001 erano stati i deputati del Carroccio Ballaman e Rizzi a porre all’ex ministro della difesa Mattarella una dettagliata interrogazione. Vale rileggerla: “Il personale tecnico militare e civile di un deposito di armamenti in Italia ha richiesto nel mese di gennaio 2001 che siano effettuati dei controlli e delle analisi per i rischi collegati all'uranio impoverito; tale personale ha effettuato verifiche e lavorazioni su una serie di munizioni all'uranio impoverito su di un lotto ritornato dalle operazioni della Somalia”.
L’interrogazione riguardava colpi di artiglieria fabbricati da una società israeliana che vanno sotto la dicitura di proiettili 105/51mm APFS-DS-DM33. Alcuni lotti furono sicuramente arricchiti con uranio impoverito così da consentire ai colpi stessi di penetrare qualsiasi corazza: difficile però al momento stabilire se furono anche questi acquistati dall’Italia.
Lo stabilimento militare di Baiano di Spoleto lavorò quel tipo di colpi, molti anni più tardi da quell’intervento militare in Somalia (1993) che finì al centro del documento dei due parlamentari leghisti. Lo ricorda oggi a Tuttoggi.info il segretario regionale della Rdb Ettore Magrini. “Il nostro ente, mi pare di ricordare che fosse il 2005, fu chiamato ad operare alcune modifiche a quei colpi israeliani. Proprio in quei giorni uscì un articolo-inchiesta de La Repubblica che parlava dell’uranio impoverito applicato a simili colpi di artiglieria e mi precipitai a chiedere delucidazioni sia alla direzione militare, sia al servizio prevenzione e protezione”. La risposta fu precisa, anche se mai messa per iscritto: “ci dissero che dovevamo stare tranquilli perchè quei colpi di artiglieria non erano stati arricchiti con materiali radioattivo – continua Magrini – e che tutto era in regola per la sicurezza dei lavoratori, sia per i meccanici, chiamati ad intervenire sull’ogiva, sia per gli artificieri. Non ci fu una risposta scritta, ma ricordo bene di aver messo a verbale la mia richiesta”. Domani comunque il sindacato tornerà a farsi sentire chiedendo stavolta un impegno preciso anche se “le lavorazioni sui DM33” conclude Magrini “sono finite circa 2 anni fa”. Dello stesso avviso la Cisl. “Non abbiamo modo di dubitare di quanto ci fu detto dai superiori di allora – dice il segretario territoriale Giancarlo Antonini – anche se è evidente che di fronte a queste ultime notizie giudiziarie una rassicurazione formale è quanto meno doverosa”.
In Sardegna intanto l’attenzione sull’inchiesta è altissima tanto che nelle ultime ore si registra la presa di posizione anche dell’assessore alla sanità Antonello Liori: 'cChiedero' personalmente al ministro La Russa che lo Stato si faccia carico delle spese di uno studio epidemiologico nella zona del Poligono di Quirra, curato pero' direttamente dalla Regione. E' un problema di salute pubblica che rischia di danneggiare pesantemente l'economia del territorio ed è necessario accertare la verità. Perciò dobbiamo affidarci ad uno studio serio, documentato, imparziale. Ecco perche' la Regione si deve candidare alla sua gestione, ovviamente in stretta collaborazione con istituti specializzati, in primis l'Istituto superiore di sanità, da affiancare alle Aziende sanitarie regionali''.
© Riproduzione riservata