E’ online la classifica per l’edizione 2015 del QS World University Rankings, che individua le migliori università al mondo. Superato il “muro” degli atenei anglosassoni, nessuna italiana sul podio, eppure in 26 delle nostre compaiono comunque in classifica: e tra queste c’è anche l’Università degli Studi di Perugia, seppur con una performance non eccellente. Si confermano dunque Mit, Harvard e Cambridge rispettivamente per oro, argento e bronzo, seguite da Stanford, Caltech, Oxford, University College London, Imperial College, la stessa Eth di Zurigo (una new entry) e Chicago tra le prime dieci. In base anche a quanto riportato dall’edizione odierna de Il Sole 24Ore, la supremazia delle università inglese e statunitensi non si discute, ma la colpa sarebbe di alcuni paramentri che hanno portato più in giù alcuni dei nostri atenei, ma reso più “competitivi i laureati italiani. Nel conteggio sono 3.539 le università di tutto il mondo valutate, e 891 quelle classificate dallo studio, con l’analisi di 11,1 milioni di pubblicazioni scientifiche. A completare il paniere, sono stati inclusi anche 76.798 voti di intervistati dal mondo accademico, e 44.226 nelle aziende.
Tra le università italiane, vediamo dunque brillare il Politecnico di Milano, che al 187esimo posto è capolista per la penisola, raggiungendo il primato di essere entrata per la prima volta tra le prime 200. Subito dopo abbiamo l’Università di Bologna al 204esimo, e l’Università degli Studi di Roma – La Sapienza, al 213esimo. Tra le prime 400 al mondo compaiono l’Università degli Studi di Milano (306), l’Università degli Studi di Padova (309), il Politecnico di Torino (314) e l’Università degli Studi di Pisa (367).
E Perugia? Per scorgere il nome di Palazzo Murena in classifica, bisogna puntare il dito sul cursore e scendere al 701esimo posto, con un calo rispetto al 2014, quando era al 551esimo, e un peggioramento ulteriore per ciò che riguarda le Scienze Naturali (da 325 a 372). Si legge poi che su un totale di 1.072 membri dello staff accademico, solo 30 sono stranieri. 25.400 gli studenti, di cui 2.418 quelli stranieri.
Università di Perugia, porte chiuse al turn over per la ricerca
Ad un’alisi più approfondita, è la ricerca ha subire il colpo più duro. E’ proprio questo settore, per la prima volta nell’edizione del ranking, ad essere stato “normalizzato” tra i dipartimenti, assumendo così maggiore peso, con un punteggio del 20% su tutti i parametri. Così, i dipartimenti con ricerca medica sono stati penalizzati dai minori investimenti per i finanziamenti arrivati nelle casse di quelli di Scienze Umanistiche. Va meglio invece per ciò che riguarda l’immissione nel mondo del lavoro: con le quattro italiane che compaiono tra le prime 200 (Politecnici di Milano e Torino, Cattolica di Milano e Alma Mater Studiorum di Bologna), sono due i dati che si possono rilevare: il primo è che gli atenei italiani migliorano a fronte di maggiori interviste effettuate (nel 2014 furono sentiti 30mila datori di lavoro nel campione statistico); il secondo, essendo la classifica un ranking internazionale, è che a far la fortuna degli atenei italiani sono i laureati che scelgono di andare all’estero per lavorare, e dunque i famosi “cervelli in fuga”.
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