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Università di Perugia contro l’emorragia di iscritti. Ecco tutti i numeri dell’ateneo tra qualità e corsa ai finanziamenti

di Francesco de Augustinis

L’Università di Perugia si appresta a fare i conti con le nuove immatricolazioni, per scoprire se il nuovo anno accademico confermerà il trend estremamente negativo di quello 2011/2012, in cui il numero di iscritti è crollato di 2mila unità.

Ieri le polemiche del fronte sindacale universitario hanno riacceso la questione del calo di iscritti, che continua inesorabile dall’anno accademico 2005/2006, quando a Perugia erano iscritti 32 mila 418 iscritti, 7mila in più rispetto ai 26.256 iscritti dello scorso anno. Una ferita viva, quella della crisi di iscritti, che ha ricadute gravi e visibili su tutta la città e che si riapre proprio nella settimana in cui l’ateneo ha aperto le porte alle aspiranti matricole per “Settembreorienta”, in vista della deadline per le iscrizioni fissata al 22 ottobre.

Il crollo di iscritti – Il calo di immatricolazioni a Perugia si deve a numerosi fattori che non hanno risparmiato anche altri atenei simili, ad esempio Siena, tra cui la crisi economica e la crescita di alcune università in particolare al Sud, come gli atenei del Salento o la Calabria. Ma la crisi di Perugia non colpisce allo stesso modo tutte le facoltà. Nello scorso anno accademico sono in particolare quelle umanistiche ed economiche dell’ateneo ad aver accusato il colpo, con Lettere e Filosofia scesa da 3164 studenti a 2538, oltre 600 in meno in un anno, ed Economia e Scienze politiche scese rispettivamente di 350 e 300 studenti in 12 mesi.

Il dato sembra confermare l’accusa mossa ieri dai sindacati, secondo cui il calo di iscritti è anche la conseguenza di una strategia voluta dall’ateneo di puntare tutto sulla ricerca e sulle facoltà scientifiche, per inseguire il modello di “ateneo di ricerca”, in grado di attirare maggiori fondi pubblici e privati, anche a costo di perdere iscritti. La strategia non è un mistero, ma è anzi rivendicata dal Rettore Francesco Bistoni e dallo stesso sindaco Wladimiro Boccali, che non nasconde l’interesse di spingere l’ateneo verso “un percorso di eccellenza culturale e di ricerca, a costo di dover limitare gli iscritti alle università” (leggi).

I conferimenti all’UniPg – La scelta di spingere l’ateneo verso il mondo della ricerca, indirizzando le proprie risorse verso facoltà come quella di Medicina, dove sono finite anche le segreterie degli studenti, ha il senso di attirare fondi dalle aziende private, ma anche di inseguire i premi ministeriali per chi fa buona ricerca.

Nell’anno accademico 2011/2012 l’Università di Perugia ha incassato complessivamente 141 milioni di euro di fondi ministeriali. Una cifra che attesta Perugia al 15esimo posto in Italia per capitali erogati, in ottima posizione dietro ad università generalmente più grandi come Firenze (242 milioni circa) e La Sapienza di Roma (519 milioni circa).

Il livello di fondi garantiti all’Università di Perugia si deve anche alla “quota premiale” dei trasferimenti statali, che il ministero eroga alle Università che hanno meglio soddisfatto alcuni criteri qualitativi, tra cui –nel caso di Perugia- la ricerca. Sempre nel 2012, l’ateneo ha incassato un premio di quasi 18 milioni di euro, il diciassettesimo più alto in Italia.

I voti all’università di Perugia – La buona valutazione del settore ricerca dell’ateneo è confermato anche dalle graduatorie 2012 del Censis, che promuovono a pieni voti le facoltà scientifiche e solo alcune facoltà umanistiche. Secondo l’istituto di ricerca, l’università di Perugia si piazza al sesto posto tra i 16 “grandi atenei” del paese (tra i 20 e i 40 mila iscritti), dietro alle università di Pavia, della Calabria, di Parma, di Cagliari e di Genova. La lista non comprende atenei maggiori, come Bologna o La Sapienza, che superano i 40mila iscritti.

Il Censis indica in Agraria e Medicina e Chirurgia le eccellenze dell’ateneo. Entrambe seconde a livello nazionale, la prima si distingue per la qualità della didattica (100/110) e per i rapporti internazionali (110/110), mentre la seconda eccelle per lo sviluppo della ricerca (110/110). Ottima valutazione incassa dal Censis anche la facoltà di Medicina Veterinaria, piazzata al quarto posto in Italia grazie alla produttività (studenti fuori corso, numero di laureati, ecc, 101/110) e alla qualità della didattica (103/110).

Sul fronte umanistico, gli indicatori dell’istituto di ricerca promuovono Lettere e Filosofia (quinta in Italia), per didattica (103/110) e rapporti internazionali (102/110) e Scienze della Formazione (quarta), trascinata dalla valutazione della didattica (102/110).

Fanalini di coda, tra le facoltà dell’ateneo perugino, Economia, che si piazza al 26esimo posto in Italia con un punteggio medio di 84/110 e Ingegneria, penalizzata dai tanti studenti fuori corso (produttività 77/110), che si piazza solo al 22esimo posto.

Con una valutazione media di 86,3/110 retrocede nella classifica Censis anche la facoltà di Giurisprudenza, che si piazza al 18esimo posto in Italia, alle spalle delle analoghe facoltà di Siena (prima), Bologna (terza), Udine (sesta), Milano (nono e decimo posto), Roma (undicesimo e tredicesimo posto). A gravare sul punteggio di Giurisprudenza a Perugia la qualità della didattica, valutata dal Censis solamente con il punteggio di 70/110.

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