“Un raggio di sole nel buio”, scuola in ospedale per piccoli pazienti - Tuttoggi.info

“Un raggio di sole nel buio”, scuola in ospedale per piccoli pazienti

Alessia Chiriatti

“Un raggio di sole nel buio”, scuola in ospedale per piccoli pazienti

Equipe all'avanguardia di medici e docenti per Coniglietti bianchi e comitato Daniele Chianelli
Dom, 22/11/2015 - 14:59

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La scuola in ospedale è “un raggio di sole nel buio”: sono le parole di un bambino malato di leucemia a dare la vita al titolo del seminario di studio organizzato, lo scorso 21 ottobre, dall’Istituto Comprensivo 5, insieme alla scuola dei “Coniglietti Bianchi”, e al Comitato per la vita “Daniele Chianelli”. Fianco a fianco da ormai 25 anni, queste istituzioni sono impegnate ogni giorno a donare un sorriso a bambini e ragazzi meno fortunati, affetti da gravi malattie e dunque impossibilitati a frequentare regolarmente la scuola con i propri compagni di banco. Dalla loro parte, c’è un’equipe all’avanguardia di docenti e di medici dell’ospedale di Perugia Santa Maria della Misericordia, in grado di costruire e provvedere a un percorso di cooperative learning per i loro giovani e indifesi compagni di viaggio.

L’esperienza della scuola in ospedale e dell’istruzione domiciliare, forte quanto frutto di una didattica matura basata sulla ricerca sul campo, è testimone di un percorso umano che va ben oltre la solidarietà e l’impegno sociale: a parlarne a Tuttoggi.info sono Fabio Gallina, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo Perugia 5, e Melania Scarabottini, insegnante coordinatrice della Scuola in Ospedale di Perugia e referente del progetto per l’Istruzione Domiciliare in Umbria. Grazie a loro, siamo entrati nel reparto di Oncologia Pediatrica del Santa Maria della Misericordia. Abbiamo conosciuto da vicino l’impegno di medici e docenti, attivi non solo durante la degenza in ospedale e in casa dei ragazzi, ma anche nel reinserimento di questi ultimi a scuola.

Quello che invade la vita dei giovani pazienti e delle loro famiglie subito dopo la diagnosi dei medici è un vero e proprio tsunami: una lotta, a volte tra la vita e la morte, che spesso viene fiaccata dalla rabbia, dalla paura, e dall’angoscia. Lo si legge non solo nelle parole, ma anche negli occhi e nei movimenti della famiglia dei giovani pazienti: l’incertezza e il dolore accompagnano ogni singolo gesto, finanche a quello di “chiudere la tapparella della stanza dell’ospedale”, ci dice Melania Scarabottini, “sintomo di uno stato d’animo travolto dalla tristezza e l’incertezza”. Tanto che, per interpretare al meglio ogni segnale, gli insegnanti incontrano, ogni 15 giorni, la dottoressa De Leonibus, psicoterapeuta, il cui supporto diventa fondamentale anche per catalizzare il contatto difficile con esperienze a volte complesse e pervasive.

Dalla parte della scuola in ospedale e dell’istruzione domiciliare c’è una ferrea legislazione nazionale, votata alla tutela globale e protetta da leggi come la 104 e la 107, che prestano attenzione al cosiddetto “BES”, il bisogno educativo speciale. Sono in media circa 35 i piccoli pazienti inseriti nel progetto di istruzione domiciliare in tutta l’Umbria. Perugia è di nuovo all’avanguardia in questo, grazie all’accordo regionale che consente ai ragazzi affetti da malattie immunodepressive, anche provenienti da fuori Europa, di essere curati dai medici dell’ospedale Santa Maria della Misericordia. Per coprire i costi del progetto, ogni anno il Miur stanzia 50mila euro l’anno. Il resto è tutto a carico della scuola.

Il percorso parte una volta diagnosticata la malattia, per bambini e ragazzi che devono affrontare almeno 30 giorni di degenza, in casa o in ospedale. La scuola, attraverso il Consiglio d’Istituto, prevede per lo studente un percorso di studi essenziale, perfezionato grazie alla personalizzazione dell’apprendimento: nel piano didattico, rientrano materie quali l’italiano, la matematica e le lingue. In ospedale, i docenti, muniti di un kit di accoglienza, si avvicinano ai ragazzi, riuniti in pluriclassi. Il percorso didattico arriva al suo completamento grazie a laboratori di musicoterapia, di cucina, di arteterapia e di espressività, grazie ai quali i piccoli pazienti alleviano la loro degenza, esprimono loro stessi, costruiscono rapporti umani preziosi, al di fuori delle cure necessarie che la scienza riesce a dargli. Perché se in matematica, in chimica o in biologia tutto torna, nella vita questo non accade, e molto spesso da umani siamo costretti ad affrontare grandi sfide con la forza d’animo che nessuna scienza può regalarci.

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