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Servizi sanitari, 150 contratti a rischio | I sindacati: rinnovo, anche se di un anno

Saranno comunque prorogati di un anno i contratti dei 150 lavoratori di ‘Umbria Salute’ in scadenza il 30 novembre. L’assicurazione arriva da fonti sindacali, che ricordano che la conciliazione proposta non riguarda comunque i precedenti datori di lavoro, nei confronti dei quali i lavoratori potranno fare tutte le azioni del caso, anche se si tratta di differenze retributive – si sottolinea – di modesta entità.

Resta invece la preoccupazione, da parte dei sindacati, circa il fatto che si tratti ancora una volta di rinnovi di contratti precari, a fronte della richiesta di stabilizzazione.

I servizi di ‘Umbria Salute’, tra cui quelli relativi al funzionamento del Cup (Centro di prenotazione unica) non subiranno dunque interruzioni.

(Aggiornamento delle ore 15.00)


E’ una lotta contro il tempo quella per salvare il posto dei 150 lavoratori, prevalentemente addetti amministrativi, di ‘Umbria Salute’ – società consortile a responsabilità limitata in house della Regione Umbria e delle Aziende sanitarie umbre, per le quali svolge importanti funzioni, compreso il servizio strategico del Cup (Centro unico prenotazioni).

Infatti sabato 30 novembre scade il contratto a tempo determinato con il quale erano stati assunti. E chi non firma il verbale di conciliazione in sede sindacale, con il quale rinuncia ad una serie di diritti maturati molti infatti avevano contestato la legittimità del contratto applicato) vede a rischio il rinnovo.

I primi 60 lavoratori

A suo tempo un’Agenzia di lavoro interinale aveva vinto la gara d’appalto bandito dalla Usl di Perugia per la chiamata al lavoro di 60 lavoratori destinati a servizi amministrativi della Sanità, poi gestiti dal 2014 dalla società ‘in house’ della Regione e delle Aziende sanitarie regionali, appunto ‘Umbria Salute’.

Tutto ciò va avanti fino al 2017, tanto che l’Agenzia di lavoro stabilizza i 60 dipendenti con contratti a tempo indeterminato.

Il nuovo bando

La grana scoppia quando “Umbria Salute” effettua un nuovo bando che prevede la gara per lavoro in somministrazione di 150 persone. Non tiene conto del percorso precedente dei 60 lavoratori dell’Agenzia e appunto emana un bando al quale, ritenendo che l’impegno economico e normativo sia del tutto inadeguato, alla fine l’Agenzia aggiudicataria del precedente bando (diventata nel frattempo parte di un Gruppo internazionale) non partecipa. Di più, presenta anche un esposto all’Anac (Autorità nazionale anti corruzione).

Il bando viene assegnato ad un’altra Agenzia di lavoro, che avvia i 150 lavoratori, tra cui quelli che avevano fatto capo alla precedente Agenzia aggiudicataria e che, nel frattempo, avevano dovuto dimettersi dal contratto a tempo indeterminato per poter essere avviati nell’ambito del nuovo bando. Si tratta di retribuzioni nette mensili intorno ai mille euro, un certo numero della quali tra 900 e mille euro netti mensili.

Nel frattempo i lavoratori contestano il contratto di somministrazione firmato con la nuova Agenzia di lavoro, perché a loro parere non rispetterebbe una serie di parametri economici e normativi di inquadramento. Non a caso il verbale di conciliazione che viene loro proposto, e che appunto chiede a ciascuno di loro di rinunciare ‘nero su bianco’ a tali rivendicazioni, afferma che “il lavoratore ha manifestato la volontà di impugnare la legittimità del contratto di somministrazione di cui al punto a) lamentando differenze retributive conseguenti all’errata applicazione del divisore contrattuale”.

In sostanza, l’Agenzia di lavoro applica un contratto ovviamente all’interno del perimetro economico e normativo fissato dal bando, che determina la conseguenza di un certo tipo di contratto che i lavoratori ritengono illegittimo.

La conciliazione

I contratti scadono il 30 novembre e l’Agenzia di lavoro invita i lavoratori a firmare il verbale di conciliazione che, come detto, in pratica rappresenta la rinuncia a qualsiasi precedente rivendicazione”. L’Agenzia di lavoro, per favorire la conciliazione, mette sul piatto il riconoscimento retroattivo, a far data dal primo gennaio 2019, di un “importo aggiuntivo lordo annuale di euro 0,05 euro, ai quali si aggiunge a titolo di retribuzione di fatto un importo pari ad uno scatto di anzianità (…) sia sulla maturazione (…) della retribuzione diretta che differita…”.

Ma i lavoratori non ci stanno perché ritengono che, anche con questa aggiunta, sia errata l’applicazione del Contratto nazionale di lavoro (Ccnl) che è stata applicato e che viene loro offerto.

I sindacati di categoria spingono sui lavoratori affinché firmino la conciliazione, ritenuta il male minore. Ossia, in pratica i sindacati non contestano la ragionevolezza delle richieste dei lavoratori, ma tra l’alternativa del rischio di perdere il lavoro e di accettare condizioni ritenute non adeguate fanno pressing (che nelle ultime ore si è andato fortemente accentuando) sulla seconda soluzione.

Le conseguenze per Cup e altri servizi

Anche perché, se questi 150 lavoratori decidessero per il ‘no’ al verbale di conciliazione, sarebbe a rischio blocco una parte non trascurabile di servizi amministrativi sanitari regionali, tra cui il Cup.

Il punto centrale è con quali caratteristiche, soprattutto di impegno economico, sia stato realizzato il bando di ‘Umbria Salute’. Il nodo da cogliere è questo. Se, ossia, l’importo sia sufficiente a coprire i servizi chiesti senza farlo sulla pelle di chi lavora (e il fatto che l’Agenzia di lavoro che negli anni precedenti aveva avviato i 60 lavoratori – come detto facendo loro, poi, un contratto a tempo indeterminato – abbia deciso di non partecipare a suo tempo alla gara di ‘Umbria Salute’ solleva certamente più di un dubbio). Chiarito questo, tutto verrebbe di conseguenza a livello di contratti applicati.