Jacopo Brugalossi
5 ore. 300 minuti per dimostrare che Giorgio Del Papa è innocente. E’ durata tanto l’arringa dell’avvocato Giuseppe La Spina, difensore dell’imprenditore oleario imputato per la strage di Campello sul Clitunno costata la vita a 4 operai della ditta Manili di Narni. Per il quale l’accusa ieri ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione negando la concessione delle attenuanti generiche (clicca qui). Più che i faldoni l’avvocato è ricorso al libro pubblicato pochi giorni fa e apparso a sorpresa in città prima della ripresa delle udienze (clicca qui). Un libro che, a questo punto, già rappresentava l’arringa difensiva.
Concentratissimo nello studio delle carte, l’avvocato (a sinistra nella foto con l'imputato), poco prima che entrasse il giudice monocratico Alberto Avenoso, ha tradito un po’ di tensione cominciando a camminare nervosamente su e giù per l’aula. Dall’altra parte delle transenne anche oggi erano presenti alcuni familiari delle vittime (c’era anche la vedova Todhe, assente all’udienza di ieri) e l’unico superstite della tragedia, il gruista Klaudio Demiri. La Spina ha cominciato la sua arringa col confutare le tesi espresse ieri dal procuratore capo Riggio che aveva usato parole durissime nei confronti dell’imputato (clicca qui) che nel corso del processo aveva chiesto ben 35milioni di euro di risarcimento alle famiglie dei quattro operai. Una vicenda che aveva sollevato l’opinione pubblica.
“Il Procuratore ha avuto un comportamento che forse è meglio evitare in un’aula di tribunale – ha detto La Spina – specialmente in un processo che va interamente in onda sulla tv nazionale”. Circa i 35 milioni di euro chiesti a titolo di risarcimento danni, l’avvocato ha rivendicato il “diritto del suo assistito di difendersi e di chiedere un risarcimento per salvaguardare la sua azienda e i 41 dipendenti che vi lavoravano all’epoca dei fatti”. Ha contestato al procuratore Riggio anche l’uso delle parole “progetto di sentenza” riferite alla requisitoria del pm Federica Albano “perché il progetto di sentenza deve essere solo nel cuore e nella capacità di giudizio del giudice”. Poi è passato a descrivere la disperazione di Del Papa per le quattro vite spezzate quel 25 novembre 2006, sottolineando che per l’oleario, Maurizio Manili era “un vero amico. Anche Del Papa ha un cuore”, ha detto. Per quanto concerne le querele per diffamazione ai periti dell’accusa queste, secondo La Spina, erano un “atto del tutto legittimo, in quanto costoro hanno diffamato il buon nome dell’Umbria Olii, quando si recarono a Roma, Napoli e Yokohama per delle conferenze, parlando dei fatti basandosi solo sulle tesi dell’accusa, come se il processo fosse già concluso e l’imputato già condannato”.
Non come per Meredith – Secondo l'avvocato la procura ha agito con l’unico scopo di provare la colpevolezza dell’imputato. “Il ruolo del Pubblico Ministero è quello di svolgere indagini per accertare la verità dei fatti, e ciò non si è verificato nel corso di questo processo. Ho sentito che nel processo per Meredith Kercher si è postulata l’esistenza di due verità: una processuale e una verità dei fatti. Non può essere così – ha affermato deciso La Spina – la verità è una sola, quella dei fatti, il pm è organo di verità e giustizia, non ha il diritto di costruire un processo in funzione della condanna dell’imputato”.
La dinamica dell’incidente – Per La Spina ad innescare la tragedia è stata una manovra errata del gruista, che avrebbe agganciato il serbatoio 95 causando lo strappo delle lamiere nella parte inferiore. Le stesse immagini di videosorveglianza che ieri il PM aveva mostrato a sostegno dell’ipotesi accusatoria, La Spina le ha usate oggi a sostegno di quella difensiva. “Si vede chiaramente che il serbatoio 95 non esplode e che le fiamme cominciano a propagarsi dalla base a causa dello strappo della lamiera – ha commentato – chi dice il contrario afferma il falso”. Si è tornati così alla vicenda della passerella che doveva essere agganciata ai serbatoi. Per l’accusa Del Papa aveva autorizzato la saldatura (che avrebbe surriscaldato la lamiera e fatto esplodere i sili), per la difesa invece l’imprenditore aveva autorizzato solo l’imbullonatura. A questo proposito ha fatto riferimento all’interrogatorio di Luigi Del Papa, cugino di Giorgio, che “a domanda diretta del giudice aveva affermato che nel corso di un incontro lo stesso Manili aveva parlato di saldatura ma solo al fine di escluderla. Si deduce quindi che non ci fu nessuna autorizzazione alla saldatura”. Tornando al movimento della gru, il legale ha ricordato come i periti sostengono che il mezzo poteva aver agganciato un cavo e ‘strappato’ un silo facendo fuoriuscire poi l’olio che si sarebbe incendiato facendo esplodere l’enorme contenitore. Per la procura invece non c’era alcun cavo sporgente e una gru di 1,5 tonnellate, alla luce dell’angolo di inclinazione che aveva al momento dello scoppio, non poteva strappare da terra un silo di 13 tonnellate.
“Va assolto” – al termine dell’arringa La Spina ha chiesto per il cliente “l’assoluzione con formula ampia”. In subordine di autorizzare una nuova perizia (che dovrebbe disporre Avenoso) tesa a dirimere i dubbi della difesa sui campioni presentati dalla Procura in merito alla percentuale di esano presente nei sili al momento dell’esplosione e accertare se la gru poteva scardinare il silo 95. Dunque una superperizia, verrebbe da pensare come quella disposta dal Tribunale di Perugia per l’omicidio di Mez.
Il giorno del giudizio – l’udienza è stata così aggiornata al 15 novembre prossimo quando il giudice deciderà se accettare o respingere la richiesta di una nuova consulenza tecnica. In caso di rigetto si passerà alle contro repliche. Non è da escludersi che le parti potrebbe rinunciarvi e a quel punto il magistrato potrà ritirarsi in Camera di consiglio per emettere la sentenza. Un verdetto molto atteso e che molti auspicano possa arrivare prima del quinto anniversario dalla strage di Campello.
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