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Umbria, l’indagine della Banca d’Italia mostra segnali di ripresa

Redazione

Umbria, l’indagine della Banca d’Italia mostra segnali di ripresa

Terni meglio di Perugia | Il Meccanico è il settore trainante ma l'occupazione non cresce
Mer, 18/11/2015 - 12:15

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La tradizionale nota di aggiornamento autunnale della Banca d’Italia conferma, per quanto riguarda l’Umbria,  che l’attività economica della regione sta mostrando, dopo tre anni di flessione, importanti segnali di recupero beneficiando della moderata ripresa della domanda interna accompagnata dall’espansione delle esportazioni. In particolare, nei primi nove mesi dell’anno l’attività industriale ha evidenziato una tendenza positiva, estesa a tutti i principali settori di specializzazione. Nell’indagine della Banca d’Italia i casi di aumento del fatturato prevalgono nettamente su quelli di riduzione così come rilevato specificamente dalla indagine da noi compiuta, in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, per il terzo trimestre 2015.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale dei risultati ottenuti la situazione appare, questa volta, piuttosto differente dal solito. Infatti, per la provincia di Perugia, si profila una dispersione delle imprese tra le diverse classi di risultato, da un estremo all’altro dei valori di riferimento. La metà esatta (50,0%) sono quelle che si dichiarano stabili intorno ai risultati precedentemente acquisiti.

Per la provincia di Terni, invece, la quota delle imprese stabili è assai più alta e arriva al 66,7% lasciando poco alle altre classi di risultato: con un certo numero di imprese (pari all11,1%) che segnalano un moderato incremento di produzione. Il numero si raddoppia (così come la loro incidenza, che arriva al 22,2%) nel caso di aziende con un’equivalente leggera riduzione di produzione.

Ulteriori indicazioni desumibili dalla consultazione aiutano a definire meglio lo scenario congiunturale in cui ci si muove. A partire dai dati relativi all’occupazione che, se confermati nell’universo delle aziende di trasformazione industriale dell’Umbria, indurrebbero a pensare che quei numeri di cui parlano le cronache nazionali qui ancora non si percepiscono. In effetti, troppo grandi sono state le perdite di produzione e di fiducia negli ultimi anni per pensare che un paio di trimestri di buoni risultati possano portare immediatamente ad un rinfoltimento degli organici. “Pertanto la maggior parte dei piani per nuovi investimenti – osserva di nuovo la Banca d’Italia e viene confermato dai dati dell’indagine – non prende ancora la strada di una traduzione operativa.

Resta tuttavia il fatto che secondo i risultati del sondaggio svolto tra settembre e ottobre dalla stessa autorevole Istituzione su un campione di 133 imprese industriali con sede in Umbria, la quota di coloro che hanno segnalato un aumento del fatturato nei primi nove mesi del 2015 (49 per cento) supera ampiamente quella di chi ha indicato una riduzione (20 per cento); un terzo delle aziende ha registrato incrementi superiori al 4 per cento.

Si tratta di valori che indubbiamente inducono speranza e alimentano un po’ più di fiducia rispetto al passato. “L’auspicio – affermano – è che chiunque ne abbia possibilità (e responsabilità) provveda a predisporre tempestivamente appropriate iniziative di accompagnamento. Ai livelli locali così come ai più alti livelli nazionale ed europeo”.

Nel quadro generale sostanzialmente positivo il comparto meccanico mostra i risultati nel complesso migliori: a parte la cospicua quota di imprese stabili (65,0%), il che è comunque confortante, del restante 35% solo una piccola parte, meno di un terzo (il 10%) dichiara di avere subito riduzioni, per quanto modeste, di attività produttiva.

Un po’ più contrastato è il profilo del comparto alimentare in seno al quale è più contenuto il numero delle imprese stabili (40%). Delle altre, ben due terzi segnalano incrementi produttivi di buona consistenza e il resto terzo lamenta flessioni non proprio irrilevanti.

Il comparto della carta e cartotecnica, infine, registra la quota più bassa (28,6%) di imprese stabili. Tuttavia, mentre il 14,3% del totale lamenta riduzioni di attività produttiva le imprese restanti (57,1%) segnalano, in varia misura, aumenti di produzione di indubbio interesse.

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