Sara Minciaroni
Dal palco di Perugia mancava dal 1995 quando si esibì a San Pietro. Ieri sera è tornato, ha imbracciato il suo sassofono e ha portato il Santa Giuliana per mano, in un viaggio tra i mondi dell'onirico, suoni morbidi e atmosfere, quasi fatate. Niente scossoni, niente sussulti. Non c'è bisogno di allacciarsi le cinture, il corpo resta fermo. E' la mente che parte.
Jan Garbarek, ieri sera sul palco dell'arena del Santa Giuliana era in sostituzione della data prevista a Uj di Sonny Rollins, saltata mesi fa per problemi di salute dell'artista.
Ma la formazione guidata dal sassofonista norvegese non ha giocato da riserva. Il pubblico non ha tradito. Un'atmosfera decisamente new age. Suggestioni musicali e visive di quelle che allentano la mente e lo spirito. Una musica da ambientazione lunare, è stata definita.
Le percussioni di Trilok Gurtu si affacciavano, senza mai prendere il sopravvento, quasi a ricordare le radici della vita. Una forza primordiale, primitiva e mai sopita. Anche se imbrigliata nella seta dell'onirico. E si evolve, disciplinata, in un muoversi esatto e senza strappi. La sensazione è quella che si stia assistendo allo svolgersi di una storia. Che è storia della musica e dell'umanità.
Sicuramente un prodotto di nicchia, per palati sopraffini, avvezzi al concetto che il jazz, l'avanguardia, la tradizione colta europea, i canti gregoriani, la musica africana, il folk delle terre d'origine, possano fondersi nell'orecchio di chi ascolta e interpreta in maniera spirituale e cerebrale. Una musica che racconta paesaggi, vallate sconfinate, pianeti sconosciuti. Uno spettacolo che mai, in nessun modo aggredisce il pubblico. Una carezza, letteralmente, che non scade nella banalità. Un sottofondo ai pensieri di chi ascolta e viene catapultato altrove, semplicemente. Nella formazione di Garbarek, davanti a quella celestiale vela azzurra che ha fatto da sfondo al concerto, il tastierista Rainer Bruninghaus e il bassista Yuri Daniel si sono rivelati un gruppo di assoluto fascino. Qualcosa di diverso, questo è certo, e di assolutamente unico e riconoscibile. Saltano gli schemi, tutto si fonde. Il giro del mondo e della storia della musica in meno di due ore, saltando tra generi e tradizioni. Commenti tutti positivi, se non fosse per chi da un concerto jazz non ama uscire con lo sguardo trasognato.
Oggi invece è il giorno di Keith Jarrett, sono passati sei anni dal suo ultimo concerto ad Uj. I flash dei telefonini lo mandarono su tutte le furie , allora, spingendolo a commenti poco “carini” verso il pubblico. Ma pace è fatta, e il pianista torna nell'arena. Con grande soddisfazione del patron Pagnotta. Del resto un Jarrett ad Uj è sempre meglio trovarlo che perderlo. Il concerto è attesissimo e ci si aspetta un tutto esaurito. I fotografi sono avvisati, gli amanti dello scatto rubato pure. Per il resto a sorridere e mettersi in posa è la città di Perugia. Le prime due serate sono andate con i fiocchi, il Festival prosegue con il vento in poppa.
Riproduzione riservata