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Umbria Jazz, al Morlacchi Jacob Collier il genio senza troppa convinzione

Un teatro Morlacchi, quello di martedì sera, al ritmo frenetico di suoni, luci e colori. Torna per la seconda volta ad Umbria Jazz Jacob Collier, artista poco più che ventenne diventato una celebrità sul canale YouTube con cliccatissimi video casalinghi in cui canta, arrangia, armonizza e suona tutti gli strumenti da solo: pianoforte, tastiere, chitarra, basso, contrabbasso, batteria e percussioni.

Medesimo formato che Collier ha utilizzato sul palco del teatro Morlacchi, una sorta di one man band tra virtuosismi e giochi di luci dal sapore elettronico e un po’ etnico. Il giovane inglese inizia la sua performance con il botto esibendosi in una “Don’t You Worry ‘Bout a Thing” di Stevie Wonder, brano con cui Collier si è fatto conoscere sul web arrivando fino alle orecchie di Quincy Jones, oggi suo mentore e manager. Il poliedrico Collier continua con un tributo a Burt Bacharach. L’artista suona tutti i suoi strumenti e dirige platea e palchetti con una naturalezza che sorprende, invitando i suoi spettatori a tenere il ritmo battendo le mani. Collier sul palco sembra quasi un folletto iperattivo, in preda alla gioia e agli entusiasmi. Forse troppi.

Una tecnica impeccabile, un senso del ritmo che, è innegabile, si percepisce nascergli dentro e letteralmente esplodere verso il pubblico, in particolar modo nell’esibizione dei pezzi dell’album di debutto “In my room” dove Jacob riproduce la “cameretta” di casa a Londra. Ma nella sua esibizione, talmente complessa e articolata da far facilmente perdere a chi l’ascolta il filo musicale e i cui virtuosismi travolgono ma non scompongono, manca l’acre odore del sentimento. Sotto alla vastissima conoscenza che l’artista ha della musica, mancano emozioni come rabbia, gioia e soprattutto non c’è amore. Un genio, Collier, ma che deve ancora crescere e imparare a riempire di sentimenti quei brevi spazi rapidi come biscrome tra una tecnica e l’altra. La voglia di sicuro non gli manca. Magari se si decidesse anche a comporre di più, la sua musica, allora forse si potrebbe capire meglio l’artista, oltre i funambolismi circensi  che al Jazz certamente non mancano.

Foto: Umbria Jazz official