“Per l'Umbria si allontana il rispetto degli impegni di Kyoto, peggiora l'efficienza energetica, aumentano i consumi dei trasporti. E' quanto emerge da Ambiente Italia 2008, il rapporto annuale di Legambiente dedicato all'energia e alla lotta al cambiamento climatico.Dai dati del rapporto, che confronta tutti i numeri italiani ed europei sui consumi energetici, le fonti rinnovabili, le emissioni di CO2, i costi e le tassazioni energetiche, emerge chiaramente che dal 1990 al 2004, l'Italia anziché diminuire le proprie emissioni, le ha aumentate ben del 13%, contravvenendo agli accordi internazionali del protocollo di Kyoto, accumulando un pesante ritardo nella sua attuazione e rischiando quindi una pesante sanzione economica per tale mancanza, oltre naturalmente ad aver accumulato un ritardo strutturale che non fa ben pensare anche per gli anni futuri.Entrato in vigore il 16 febbraio del 2005 il protocollo di Kyoto – ratificato il 3 dicembre anche dall'Australia ma non ancora dagli Usa, responsabili del 36% del totale delle emissioni – prevede l'obbligo per i paesi industrializzati di operare, tra il 2008 e il 2012, una drastica riduzione delle emissioni di biossido di carbonio e di altri cinque gas serra (metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni del 1990. Tutto questo per cercare di ridurre l'impatto che l'aumento repentino delle emissioni di gas serra determina sulla stabilità climatica del pianeta, messa in crisi soprattutto dai consumi energetici di provenienza fossile come petrolio e carbone.Dal rapporto Ambiente Italia 2008 emerge che alcune regioni si sono impegante nel ridurre le emissioni, altre le hanno aumentate di qualche punto percentuale, altre ancora, tra cui spicca in negativo proprio l'Umbria, le hanno aumentate della metà!Proprio l'Umbria ha visto un incremento del 54,3% delle emissioni di gas serra senza che vi sia stato alcun boom economico o industriale che possa giustificare tale dato. Unica “comprensibile causa” dell'aumento può essere l'entrata in funzione dal 2003 della nuova centrale di Pietrafitta (370 MW di potenza) che produce circa un terzo del fabbisogno elettrico regionale. Inoltre una buona parte dell'aumento delle emissioni regionali umbre è probabilmente dovuto all'enorme quantità di energia trasferita al settore dei trasporti su gomma, un settore che ci mette ai primissimi posti per numero di automobili su abitanti, due auto ogni 3 abitanti (fonte ACI). E naturalmente questo comporta anche un effetto negativo per quanto riguarda i consumi di carburanti, infatti con 0,94 litri di carburante per abitante l'Umbria è al quarto posto in Italia e ben sopra la media nazionale. La politica territoriale, urbanistica e trasportistica di questi anni è stata “miope”: scarsi investimenti sul trasporto ferroviario e per il trasporto pubblico, inefficiente sistema logistico di trasporto delle merci e incapacità di gestire lo sviluppo urbanistico adeguandolo e ottimizzandolo per il trasporto pubblico. L'allargamento delle periferie urbane e tanti soldi spesi per strade e cementificazioni varie sono responsabilità da condividere anche con le amministrazioni locali e con un modo di usare il territorio senza ragionare sugli effetti sulla domanda di trasporto. “E' necessario che l'Umbria inverta la rotta – dichiara Alessandra Paciotto Presidente di Legambiente Umbria – Per superare i ritardi accumulati e conseguire gli obiettivi europei nell'arco dei prossimi anni sono necessarie politiche ambientali, fiscali ed industriali, forti e integrate. La soluzione sta nell'efficienza energetica nei trasporti, nell'industria e nell'edilizia e quindi meno strade e più trasporto ferroviario e pubblico, meno produzione di energia da fonti fossili come il carbone e più energia rinnovabile, meno cemento, più bioedilizia e edilizia a basso consumo”.