Ottocento professionisti di 13 ospedali umbri sono stati denunciati dai carabinieri dei Nas di Perugia al termine di un’indagine che ha fatto emergere l’abitudine di registrare dei falsi ricoveri per evitare lunghe attese e il pagamento del ticket a se stessi, ad amici e parenti, con un danno per l’Erario di oltre un milione di euro.
“Un costante e consolidato malcostume” – Il sistema, che consisteva nel prescrivere esami e prestazioni specialistiche ambulatoriali registrando i destinatari come ricoverati (non soggetti perciò al pagamento del ticket) era diventato un vero e proprio malcostume diffuso, tanto da procurare ingenti danni economici alle aziende ospedaliere di Perugia e Terni, nonchè alle Usl della regione, a vantaggio dei fruitori delle prestazioni.
A conclusione delle indagini, sono state denunciate 800 persone per truffa aggravata al Servizio sanitario nazionale e segnalati 575 dipendenti pubblici (medici, infermieri e operatori sociosanitari) alla locale Procura regionale della Corte dei Conti, per un danno all’erario stimato di oltre un milione e 200 mila euro.
I Nas hanno passato al setaccio oltre 220 mila prestazioni specialistiche. Le sei Direzioni generali delle aziende coinvolte hanno collaborato attivamente, apportando prontamente modifiche alle procedure di erogazione dei servizi in modo da evitare il ripetersi del fenomeno. A carico degli indagati sono stati anche avviati procedimenti disciplinari.
L’operazione – Nel complesso i Carabinieri dei NAS hanno analizzato piu’ di 220.000 prestazioni specialistiche. Medici e operatori sanitari, secondo l’accusa, facevano risultare falsi ricoveri di se stessi e di parenti, amici e conoscenti per i quali ottenevano gratuitamente e in breve tempo le prestazioni sanitarie. “La procedura di accesso alle prestazioni specialistiche – è scritto in una nota – per pazienti ricoverati prevede che l’infermiere di turno, su disposizione del medico, provveda prima al ricovero dell’assistito e successivamente alla richiesta di esami di laboratorio. Una volta effettuato il prelievo, le provette vengono contrassegnate con un etichetta – registrata nel sistema informatico con codice a barre, centro di costo, nome e cognome dell assistito ricoverato – e recapitate al Servizio di Laboratorio Analisi. L’operatore del reparto inserisce i dati nel sistema informatico cui accede con una password riservata. Gli addetti del laboratorio, a loro volta, dopo aver analizzato le provette, inseriscono nel sistema informatico di laboratorio i dati del referto che, una volta validati, sono visibili al reparto richiedente”. “Gli accertamenti condotti dai Carabinieri- prosegue la nota – hanno permesso di appurare che i sanitari prescrivevano esami ematochimici a se stessi, genitori, figli, fratelli, suoceri e zii registrandoli nel sistema informatico come ricoverati e facendo ottenere prestazioni sanitarie senza dover corrispondere il ticket. Questo ha procurato ingenti danni economici alle Aziende Ospedaliere di Perugia e Terni nonchè alle Aziende USL umbre oltre che un ingiusto profitto ai destinatari delle prestazioni specialistiche. L’ indagine ha consentito alle sei Direzioni Generali delle Aziende Ospedaliere/Sanitarie locali, che hanno collaborato fattivamente, di apportare modifiche alle procedure di erogazione delle prestazioni per rendere più sicuro il sistema, di avviare i recuperi delle quote dei ticket per le irregolari prestazioni erogate nonchè di avviare i procedimenti disciplinari a carico degli indagati”.
Aggiornamento: I particolari – La procedura per gli esami ematochimici, in particolare del sangue, era quella prevista per i ricoverati e quindi esente da ticket ma secondo i carabinieri del Nas chi vi si sottoponeva, operatori sanitari, loro parenti e conoscenti, non risultava degente nei reparti dei 13 ospedali umbri interessati dall’indagine. In 800, tra personale sanitario e loro congiunti, sono stati denunciati per truffa al Sistema sanitario nazionale. Con un danno all’erario accertato di oltre un milione e 200 mila euro.
Al termine di un’indagine durata due anni, i militari hanno quindi segnalato 575 dipendenti pubblici (medici, infermieri e operatori socio sanitari) alla procura regionale della Corte dei conti. Dopo avere passato al setaccio 220 mila prestazioni specialistiche.
In alcuni casi il personale sanitario ha già rimborsato i ticket dovuti, a volte anche per 3-4 mila euro, ed è stato sottoposto a procedimento disciplinare. Per gli investigatori guidati dal capitano Marco Vetrulli quello individuato era “un costante e consolidato malcostume”. I falsi ricoveri – è emerso dall’indagine – servivano per eludere le lunghe liste di attesa nonchè per evitare il pagamento del ticket. La procedura di accesso alle prestazioni specialistiche per pazienti ricoverati prevede che l’infermiere di turno – spiega il Nas in una nota -, su disposizione del medico, provveda prima al ricovero dell’assistito e successivamente alla richiesta di esami di laboratorio. Una volta fatto il prelievo, le provette vengono contrassegnate con un etichetta (registrata nel sistema informatico con codice a barre e nome del paziente) e inviate al laboratorio analisi. Con i risultati delle analisi poi consultabili sempre via computer.
Dagli accertamenti dei carabinieri è emerso che i sanitari prescrivevano esami ematochimici a se stessi, genitori, figli, fratelli, suoceri e zii registrandoli nel sistema informatico come ricoverati e facendo ottenere prestazioni sanitarie senza dover corrispondere il ticket. Con – ritengono i carabinieri – ingenti danni economici alle Aziende ospedaliere di Perugia e Terni nonchè alle Usl umbre. Oltre che con un “ingiusto profitto” ai destinatari delle prestazioni specialistiche. L’indagine – sottolineano ancora i carabinieri – ha consentito alle sei direzioni generali delle Aziende ospedaliere e Sanitarie locali, “che hanno collaborato fattivamente”, di apportare modifiche alle procedure di erogazione delle prestazioni per rendere più sicuro il sistema, di avviare i recuperi delle quote di compartecipazione alla spesa sanitaria per le prestazioni irregolari erogate nonchè di avviare i procedimenti disciplinari a carico degli indagati.
Le reazioni della Presidente – Manifesta “profondo rispetto” per gli organi inquirenti ma la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini dopo l’indagine dei carabinieri del Nas, sottolinea che “nella sanità regionale la stragrande maggioranza dei dipendenti, medici, operatori delle professioni sanitarie e amministrativi, esprime un alto livello di professionalità e correttezza”.
Nei mesi scorsi la Giunta umbra ha tra l’altro firmato protocolli d’intesa con gli stessi Nas e con la guardia di finanza in materia di sanità. In particolare quello con il Nas ha lo scopo di “migliorare l’efficacia dei controlli e delle attività di vigilanza”. L’accordo con la gdf ha invece l’obiettivo di agire sul versate della prevenzione per “elevare il grado di appropriatezza nell’uso delle risorse”. Oggi la Marini sottolinea di avere “sempre sostenuto che ogni euro sottratto indebitamente alla spesa sanitaria e’ un euro in meno per la sanità pubblica e quindi per i cittadini”. “Le responsabilità individuali, rispetto a comportamenti ed attività illecite, qualora accertate e confermate in sede di giudizio – aggiunge -, devono essere giustamente perseguite. Per ciò che ci riguarda faremo valere le ragioni dell’istituzione, che in definitiva altro non sono che i legittimi interessi dei cittadini”.
Riguardo ai protocolli con Nas e gdf, la presidente ribadisce che l’obiettivo è “tutelare il nostro servizio sanitario ed in generale la buona qualità del nostro welfare”. La Marini sottolinea poi ancora “l’alto livello di professionalità e correttezza” espresso dalla “stragrande maggioranza” degli operatori sanitari umbri. “Anche grazie a ciò – evidenzia – l’Umbria ha raggiunto livelli di eccellenza in Italia, unanimemente riconosciuti. Dunque è e sarebbe inaccettabile ogni forma di ingiusta generalizzazione, rispetto a comportamenti illeciti, nei confronti dell’intero corpo degli operatori della sanità regionale”.
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