Il capogruppo regionale di Rifondazione comunista per la Federazione della sinistra, Damiano Stufara ha presentato una interrogazione alla Giunta regionale circa l'esito del contenzioso relativo all'immobile ed ai terreni di proprietà demaniale in località Caicocci (Comune di Umbertide), con particolare riferimento all'esecuzione del provvedimento di sfratto, già previsto per il 24 novembre 2012, e l'avvenuta riconsegna dell'immobile e dei terreni”. Evidenziando il degrado e l'abbandono dell'azienda agraria di proprietà della Regione, Stufara chiede anche chiarimenti “sulla necessità di rimediare allo stato di abbandono determinatosi anche a seguito del suddetto contenzioso e di rinunciare alla loro eventuale alienazione. Ma anche sulla possibilità di destinare l'utilizzo dei beni pubblici nell'area a forme di produzione e consumo di beni e servizi, anche culturali, formativi, educativi e sociali, basate sul capitale naturale e le risorse umane presenti nel territorio.
Evidenziando il degrado e l'abbandono dell'azienda agraria di proprietà della Regione, nel suo atto ispettivo, Stufara si rivolge all'Esecutivo di Palazzo Donini per chiedere chiarimenti “sulla necessità di rimediare allo stato di abbandono determinatosi anche a seguito del suddetto contenzioso, e di rinunciare, ai fini della valorizzazione degli immobili e dei terreni considerati, nonché del complesso del patrimonio demaniale regionale, alla loro eventuale alienazione”. Ma anche “sulla possibilità di destinare l'utilizzo dei beni pubblici nell'area di Caicocci a forme di produzione e consumo di beni e servizi, anche culturali, formativi, educativi e sociali, basate sul capitale naturale e le risorse umane presenti nel territorio e finalizzate al reimpiego dei soggetti espulsi dai processi produttivi e all'integrazione del welfare locale, nell'ottica della creazione di distretti di economia sociale pubblica”.
Stufara, in premessa della sua interrogazione ricorda che la Regione Umbria è proprietaria di una azienda agraria della superficie di circa 190 ettari di bosco e pascolo, sita in località Caicocci, nel Comune di Umbertide, all’interno della quale insistono dei casali tipici umbri. Nel dicembre 1998, con regolare contratto di locazione, la Regione procedeva alla concessione per la durata di nove anni, rinnovabile per ulteriori nove, del complesso immobiliare, in favore dell'Associazione temporanea di Imprese tra G.S.U. di Bagnetti Giuseppe & C. S.n.c e Billo Odeon Club S.r.l., a cui è subentrata, nell'aprile del successivo anno, la società 'I Casali srl'. Con atto aggiuntivo del 23 luglio 2008 di integrazione al contratto di locazione, la Regione Umbria ha concesso in locazione alla società 'I Casali' ulteriori beni immobili di proprietà regionale, oggetto di pregresso utilizzo da parte della società a partire dal 2004. La Società 'I Casali srl' – scrive ancora il capogruppo di Rifondazione comunista nell'atto -, in data 8 giugno 2009 trasmetteva il proprio Piano aziendale, ai sensi di quanto previsto nel Programma di Politica Patrimoniale 2007/2009, unitamente alla richiesta di poter acquistare, insieme ai fabbricati e ai terreni già in concessione, l’intero compendio immobiliare. In merito, la Giunta regionale, nell'approvare il Piano aziendale proposto, autorizzava la R.E.S. spa ad alienare il compendio immobiliare ed i terreni ritenuti necessari per l'ottimizzazione aziendale, come richiesto dal concessionario, al valore di stima di 6milioni e 900mila euro”.
“Il 30 dicembre 2010 – evidenzia ancora Stufara nel suo atto ispettivo – la Regione invitava formalmente la società 'I Casali srl' al pagamento dei canoni relativi al complesso immobiliare per l'anno appena concluso, insieme alla trasmissione del contratto di fidejussione, a cui la società era obbligata a garanzia degli adempimenti degli oneri previsti dal contratto, incluse le manutenzioni ordinarie e straordinarie. Il 21 febbraio 2011 la società 'I Casali srl' evidenziava la presenza di gravi carenze relative alla conformità degli impianti del complesso immobiliare, ritenute ostative all'esercizio delle attività. Su tali basi la società riteneva risolto, con effetto immediato, il contratto di locazione per esclusivo inadempimento dell’Amministrazione regionale, aggiungendo peraltro che 'se dette carenze fossero state conosciute prima, la Società non avrebbe manifestato alcun interesse ad acquistare la proprietà del complesso immobiliare'. A seguito di ciò – va avanti il capogruppo di Prc-Fds -, si è aperto un contenzioso legale con la società, che ha visto la Regione Umbria procedere anche all'adozione di un procedimento di sfratto ai fini della riacquisizione della disponibilità dell'area e dei relativi immobili. La Giunta regionale, attraverso una propria delibera, decideva in favore della eventuale definizione transattiva della vicenda, dando contestualmente incarico alle strutture competenti. Conseguentemente, con successiva delibera, la Giunta regionale decideva di accogliere la proposta avanzata dalla Società 'I Casali', prevedendo il pagamento della somma di euro 30 mila in un’unica soluzione a saldo degli importi non corrisposti, la cessione non onerosa dei beni mobili presenti nel compendio immobiliare, secondo la valorizzazione già portata all’Ente, e la riconsegna dell'area e dei relativi immobili, per i quali era già stato fissato dall’Ufficiale giudiziario lo sfratto per il giorno 24 novembre 2012”.
Stufara non manca di ricordare che “nonostante lo stato di abbandono pluriennale dei casolari e il relativo contenzioso legale tra l'assegnatario e la Regione Umbria, nella relazione sullo stato di attuazione del programma di governo e sull’amministrazione regionale anno 2011, nel paragrafo relativo alla valorizzazione del patrimonio immobiliare, si indicava ancora il suddetto bene tra quelli rientranti nella categoria 'A', quale bene ricompreso in progetto di valorizzazione in avanzato stato di definizione”.
Per il capogruppo di Rifondazione comunista, quindi, “lo svolgimento della vicenda evidenzia la presenza di un danno nei confronti del patrimonio pubblico e della collettività ben superiore al valore individuato ai fini della risoluzione del contenzioso, anche in considerazione dell'impossibilità per eventuali altri soggetti interessati di utilizzare l'area per lo svolgimento di attività conformi alla sua destinazione, impossibilità che continua ad oggi a perdurare. Non si comprende la ragione – conclude – per la quale la Regione ritenga ancora suscettibile di alienazione tale bene, specie in considerazione della vicenda consumatasi e dello stato di abbandono che ne è scaturito, che dovrebbero suggerire soluzioni per l'utilizzo dei beni demaniali ben differenti”
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