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Tutto esaurito per il Joshua Redman Quartet al Gazzoli di Terni/Pubblico entusiasta/foto TO

Carlo Vantaggioli

Per raccontare l’eccellente concerto del Joshua Redman Quartet di ieri sera (20 marzo ndr.) all’Auditorium Gazzoli di Terni, bisogna partire dalla fine della serata, quando Redman, richiamato a gran voce sul palco per un bis, ha intonato l’attacco di Le feuilles mortes. In una sorta di circolo universale, che prosegue il suo percorso senza soluzione di continuità, Redman ha “chiuso” un concerto con quelle capacità artistiche che gli sono state riconosciute dal grande pubblico americano e che ne hanno fatto un artista di fama internazionale, ovvero l’arrangiamento e l’improvvisazione. Un tema classico nel jazz è tale quando, qualunque sia la versione, questo mantiene una sua identità. Ma Redman pur lasciando al pubblico di Terni la certezza di aver riconosciuto il brano, disorienta e spiazza arrangiandone una versione che esplora anche altre strade. L’artista lo sa, e pare proprio lo faccia a bella posta, quasi a voler dire a tutti “sono cresciuto con Sonny Rollins e John Coltrane, che altro ti puoi aspettare da me…”.

In effetti Redman è sempre stato un artista atipico, poco incline alla mondanità statunitense, tanto che quando i bravissimi organizzatori di Visioninmusica, guidati da Silvia Alunni, lo hanno incluso nella stagione attuale della manifestazione, non ci siamo meravigliati più di tanto. E’ il tempo infatti dell’intimità, delle sale da concerto piccole ma “ricche” di umanità.

Joshua è figlio del famoso sassofonista Dewey Redman, a soli 10 anni imbraccia il sax tenore. Nel 1991 partecipa al Thelonius Monk International Jazz Saxophone Competition, vince la competizione e da allora comincia a registrare con Elvin Jones, Charlie Haden, Jack DeJohnette, Pat Metheny, Roy Hargrove, the Mingus Dynasty and Big Band, Red Rodney, Paul Motian.
Da McCoy Tyner a Kurt Rosenwinkle, Umphrey’s McGee, Derek Trucks, Roy Haynes, Brad Mehldau, e i The Bad Plus, Joshua Redman continua a collaborare con i più grandi musicisti, emergendo come moderna icona jazz dalla peculiare identità, con uno stile e linee melodiche inconfondibili.
L’attuale percorso di Redman è comunque fin troppo evidente. Come tutti i grandi musicisti, dopo la sbornia e la fatica del successo legato ai funambolismi interpretativi, e alle macchine stritolanti delle case discografiche, si passa al momento della riflessione. Un percorso decisamente intimo e a volte pericoloso. Non tutti sono capaci di uscire da un contenitore ed infilarsi dritti dentro se stessi per ritrovare la vera anima creativa che rimane a volte nascosta. Redman è nel pieno di questa ricerca e la cosa è manifesta soprattutto nel suo ultimo lavoro, Walking Shadows, dove la melodia comincia a farla da padrona e diventa una traccia fin troppo distinguibile. Walking Shadows è stato prodotto dal grande pianista, amico e collaboratore di Redman, Brad Mehldau e arrangiato con un complesso orchestrale, un lavoro che combina in modo eterogeneo, moderno e sperimentale, tradizione jazz e interessanti interpretazioni di ballad vintage e contemporanee. Un modo quindi di non chiudere mai quel famoso cerchio universale di cui parlavamo all’inizio, anche se l’orchestra a Terni non c’era.
E proprio perché ci trovavamo a casa di Visioninmusica ci è tornato in mente, ascoltando alcuni brani del concerto di Redman, un vecchio lavoro del 2002 di un altro ospite di questa stagione della manifestazione, Stefano Di Battista e il suo “Round ‘bout Roma”. In quel caso l’orchestra c’era, ma alcuni passaggi del sax di Di Battista hanno lo stesso lirismo interpretativo del lavoro di Redman.

L’artista Redman sul palco è sempre a suo agio e il quartetto e incredibilmente rodato nel dialogo musicale. Aaron Goldberg (piano), Reuben Rogers (contrabasso) e Gregory Hutchinson (batteria), tutti decisamente bravi, si divertono e il pubblico del Gazzoli lo capisce ed apprezza. Un pubblico fantastico per la verità, ed anche competente, che sottolinea con applausi fragorosi i migliori passaggi dell’artista e dei suoi colleghi. Platea decisamente educata e motivata, e non come disgraziatamente accade in altre città blasonate per il jazz, dove si va al concerto con i biglietti gratis, ma poi non si ha la più pallida idea di cosa si stia ascoltando.
Frequentiamo quei lidi da troppi anni e ne siamo purtroppo coscienti.
E intanto a Terni, dopo il colpaccio del Joshua Redman Quartet, concerto tutto esaurito da qualche giorno ricordiamo, sta per arrivare un altro artista non da poco, il chitarrista Raul Midòn (giovedì 3 aprile). Visto che si parla insistentemente di Stevie Wonder ad Umbria Jazz, cosa c’è di meglio allora di Midòn, collaboratore di Wonder, a Visioninmusica a Terni?

L'Auditorium Gazzoli si presta meravigliosamente per un certo tipo di programmazione, e i ragazzi di Visioninmusica lo hanno capito. Presto lo capiranno anche altre “macchine da guerra” che stanno mostrando segni inequivocabili di stanchezza nella loro impostazione e programmazione.

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