Carlo Ceraso
La notizia è di quelle destinate a ritornare sulle scrivanie dei giornali ad ogni elezione politica. Precisa come un orologio svizzero. Giovannino Antonini, l'ex dominus Bps oggi in sella alla holding Scs, starebbe pensando ad uno scranno in Senato. Per la verità l’imprenditore spoletino, da sempre attivissimo prima in An poi nel Pdl, era finora rimasto sempre dietro le quinte della politica. Ma stavolta le condizioni, dopo il defenestramento imposto da Bankitalia, potrebbero starci tutte. I fedelissimi giurano che non ha ancora deciso, ma si affrettano ad aggiungere: “è pur vero però che il Partito lo ha sempre pressato affinchè si candidasse”. Come dire, “noi del Pdl lo vogliamo deputato”. Sarà per questo che il suo entourage ha da settimane cominciato una caccia forsennata alle tessere, in vista dei prossimi congressi comunali, provinciali e regionali. Anche se proprio stamani è arrivata per alcuni la doccia gelata del segretario Angelino Alfano: “basta con i signori delle tessere e niente più deleghe. Si va alle Primarie, saranno i militanti ad eleggere i leader comunali e provinciali”.
Tutti a Roma – la discesa in campo del presidentissimo potrebbe portare, in ipotesi, a bissare gli scranni di famiglia. Il consuocero è infatti l’onorevole Amato Berardi, berlusconiano di ferro e lanciatissimo verso la seconda candidatura (è stato eletto nel collegio degli italiani in America). L’italo-americano qualche giorno fa è caduto nella ‘trappola’ delle irriverenti Iene che gli hanno sottoposto una falsa notizia circa la vendita di Fontana di Trevi annunciata da Berlusconi. “Sono d’accordo con il Premier” ha detto (guarda il VIDEO). Ma torniamo alla politica umbro-spoletina. C’è ovviamente da valutare se Alfano acconsentirà alla doppia candidatura Antonini-Berardi. Ma non è l’unico cruccio per l’ex presidente Bps, se dovesse scendere in campo, che dovrà vedersela innanzitutto con i senatori in carica. L’Umbria ne ha eletti tre (Franco Asciutti, Ada Spadoni Urbani e Domenico Benedetti Valentini) che difficilmente vorranno farsi da parte. Certo uno spiraglio lo si potrebbe vedere in Valentini, al quarto mandato e appartenente alla corrente di Alemanno che recentemente ha creato più di un grattacapo al premier. C’è poi da tener conto che la Provincia di Terni da tempo reclama un proprio rappresentante a Palazzo Madama (qui potrebbe scendere in campo Alfredo De Sio).
Il congresso comunale – la caccia alla tessera era scattata anche nella città del festival. Anche se formalmente non servirà più, visto l’odierno annuncio di Alfano, è evidente che chi ne avrà di più nel cassetto potrà continuare a pesare. Al momento tre le correnti che si sono andate formando: quella degli antoniniani che punterebbero a nominare coordinatore il consigliere comunale Davide Militoni o in alternativa l'ex vice comandante della Municipale Tardocchi (sempre che il capogruppo Petrini non abbia nulla da dire), quello del nuovo asse Ada Urbani e Giampiero Panfili e quello dei valentiniani (che al momento stanno alla finestra e non avanzano nomi). La senatrice e il consigliere provinciale avrebbero in mente alcune opzioni, non esclusa la coordinatrice del Punto Pdl Marina Morelli. Anche se Panfili avverte: “voglio Antonini alle Primarie, si candidi, si mostri, e mi candiderò anche io”. Ecco, giusto per intuire quanto sia alta la tensione nel Popolo delle Libertà spoletino.
Il dubbio di Militoni – dai giochi per il coordinamento comunale potrebbe però uscire, il condizionale è d’obbligo, proprio il consigliere Militoni al quale è stata sollevata dal sindacato Ugl l’incompatibilità di consigliere comunale. Militoni, imparentato con Antonini, dipendente Bps e consigliere Pdl, è infatti il segretario provinciale della Ugl bancari. Lo Statuto del sindacato non prevede la possibilità per i propri dirigenti di ricoprire contemporaneamente anche cariche elettive. La questione è stata sollevata mesi orsono alla stessa Organizzazione sindacale che a breve, in assenza di una decisione dell'interessato, potrebbe passare alle vie di fatto destituendolo dalla carica. Da qui il dubbio militoniano: abbandonare il sindacato e con esso la ‘difesa’ degli iscritti (e colleghi) o lo scranno del consiglio comunale?
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