Candidato alla segreteria regionale del Pd (“perché in questa fase serve una persona di esperienza”). Candidato a sindaco di Perugia “moderato, cattolico del centro”. Se poi dovesse andar male, ricandidato in Regione, perché il problema non è vincolare il segretario del Pd a non avere altri ruoli.
Un Marco Vinicio Guasticchi carico “di benzina” e in un momento “di grande convinzione” – come ha ricordato a “Corso Vannucci” davanti al microfono di Pasquale Punzi – dopo aver saltato la candidatura per il Parlamento a marzo (ma comunque c’era chi rappresentava la famiglia), rompe gli indugi nel Pd impantanato tra veti e tatticismi. E risponde come fosse un mantra: “Io mi candido”.
Così, mentre da Palazzo Donini si prova a mettere ordine e a dettare la linea per riconquistare il capoluogo scippato da Romizi, l’ex assessore del Comune di Perugia, ora in Regione dopo essere transitato sempre da piazza Italia attraverso la Provincia, mette dei paletti. Il primo: il Pd, o quello che sarà nell’auspicata nuova “Cosa” a cui sta lavorando Renzi con i suoi fedelissimi (tra i quali il gancio guasticchiano Lotti), deve smetterla di cercare l’ammucchiata a sinistra. Due: basta pivellini della politica: per salvare il partito, servono persone di esperienza. Tre: l’area dove cercare voti è quella moderata, rimasta orfana di una rappresentanza dopo la liquefazione di Forza Italia e gli estremismi gialloverdi. Quattro: tutti i soggetti della regione devono mobilitarsi, perché quella di Perugia sarà una delle ultime occasioni di riscatto.
Chi ha fatto la lunga marcia dal Pds-Ds sino al Pd (qualcuno è partito da più lontano, dal Pci), ma anche chi l’ha letta nei libri ma ha ancora il poster di Berlinguer in Camera (e magari la spilletta di Marx sul comodino), ascolta con orrore le parole di Guasticchi. Si appella a un Verini. O confida in un giovane di belle speranze. O magari nella linea rosa. E intanto, per esorcizzare l’idea di ritrovarsi in una nuova Dc senza aver mai avuto in tasca la tessera del Pci, accusa Guasticchi di cercare la lite per avere poi il pretesto di transitare senza rimpianti nella nuova “Cosa”.
Ma c’è anche chi, pur senza troppa nostalgia verso il mondo cattolico di cui i Guasticchi si fanno paladini a Perugia, ne riconosce la validità del ragionamento politico. Non più partito dei lavoratori né dei ceti medi, tradito dalle élite pronte a stare con chi conta al momento, il Pd non può giocare la partita col pallottoliere come si faceva in passato: a sinistra si cercava quel pezzetto in grado di assicurare la vittoria. Qui i voti bisogna andarli a cercare ovunque, come hanno fatto i seguaci di Salvini anche a Perugia, arrivando a dipingere di verde le aree popolari dei Ponti.
Riuscirà il candidato seriale Turbo-Guasticchi a portare il Pd umbro e perugino dove ritiene che debba stare, rimettendo, non a caso, la palla al “centro”? Oppure sarà lui a spostarsi ancora così verso il centro da ritrovarsi fuori dal Pd? Nel frattempo, di fronte a questa foga per “mettersi a disposizione”, presidenti di Pro loco e associazioni sportive temono per la loro poltrona e fanno di tutto per rimandare le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali.